In attesa delle prossime elezioni politiche nel Regno Unito, il processo di pace nell’Irlanda del Nord si è arrestato (anche se solo momentaneamente, si presume). Nessun progresso sostanziale nei colloqui di Londra. Da parte sua, l’IRA nel febbraio 1996 aveva interrotto la  tregua dichiarata nel 1994. Ne abbiamo parlato con John Trainor dell’Ufficio Affari Internazionali del Sinn Fein.

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Perché l’IRA ha sospeso la tregua e ripreso la lotta armata?
Per tanti motivi. Innanzitutto perché i britannici hanno mostrato chiaramente di non volersene andare. Hanno frustrato sistematicamente gli sforzi del Sinn Fein e anche quelli del Social Democratic and Labour Party (Sdlp) e del governo di Dublino.

A proposito, un vostro giudizio sul ruolo del governo irlandese in questa fase di colloqui e trattative…
Il governo di Dublino aveva contatti diretti con quello di Londra e questa era una precisa garanzia per la nostra comunità; significava avere uno spazio, un ruolo come irlandesi per spingere avanti ulteriormente il processo di pace.

Durante la tregua la situazione della comunità cattolica  nelle Sei contee era migliorata o peggiorata?
Il popolo irlandese non ha mai realmente sperimentato la pace. L’esercito britannico stava sempre nelle strade, le discriminazioni e la legislazione d’emergenza erano ancora in vigore. Rastrellamenti e perquisizioni continuavano come prima e i prigionieri repubblicani sono rimasti nelle carceri.
Inoltre la comunità cattolica ha dovuto subire le parate orangiste grazie al coprifuoco imposto dalla polizia. I cattolici hanno continuato a essere cittadini di serie B nel loro stesso Paese.  E tutto questo mentre i media parlavano di “risoluzione del conflitto”.

In questi giorni si parla molto della situazione in Euskal Herria; dall’arresto di molti esponenti di Herri Batasuna alla recrudescenza delle azioni armate di Eta. Come giudica il Sinn Fein la questione basca?
Per il Sinn Fein la nazione basca ha sicuramente diritto all’autodeterminazione. I nostri rapporti sia con il popolo basco che con Herri Batasuna sono di vecchia data e noi appoggiamo la loro lotta di liberazione. Pensiamo che il governo spagnolo dovrebbe aprire quanto prima dei negoziati per risolvere politicamente il “problema basco”. E ci sentiamo particolarmente solidali con i prigionieri politici baschi.

Mi dicevi che attualmente quelli che stanno peggio non sono i detenuti repubblicani nei famigerati “Blocchi H” (dove nel 1981 morirono in sciopero della fame dieci militanti dell’Ira e dell’Inla), ma quelli in Gran Bretagna…
I nostri prigionieri in Gran Bretagna sono incarcerati nelle Ssu (Special Secure Units), sottoposti per 23 ore al giorno alla luce artificiale, in condizioni di vera e propria deprivazione. Di notte vengono svegliati continuamente dai secondini. Proprio durante la tregua è stato deciso di introdurre “visite chiuse” inserendo vetri divisori tra i prigionieri e i loro familiari. Inoltre i secondini controllavano se fra loro parlavano in gaelico e in questo caso la visita veniva interrotta. La situazione è degenerata al punto che i prigionieri hanno rifiutato le visite in queste condizioni e ormai non vedono i loro familiari da più di due anni.

A suo tempo la proposta di una tregua sembrò cogliere impreparati sia il governo inglese sia gli organi di informazione. Un ulteriore segnale di quanto poco si conosca del conflitto nordirlandese. Puoi aiutarci a chiarire alcuni aspetti di questa complessa situazione, anche attraverso la ricostruzione degli ultimi avvenimenti?
Dell’eventualità di una tregua per la pace il Sinn Fein cominciò a parlare alla fine degli anni ottanta. Con il cessate il fuoco dell’estate 1994 l’Ira ha dato prova di serietà nella ricerca di una pace giusta.
Invece Londra ha cominciato a mettere ostacoli al Sinn Fein, ci ha impedito di prendere parte ai negoziati e ha scelto di sprecare questa opportunità eccezionale. Noi pensavamo a negoziati senza condizioni, ma intanto il governo britannico decideva di colpire i nostri prigionieri nelle carceri inglesi. Tuttavia nonostante queste provocazioni i prigionieri repubblicani hanno continuato ad appoggiare il progetto di pace del Sinn Fein. Allora il governo britannico ha rivolto la sua strategia direttamente contro il nostro partito, imponendo al Sinn Fein “tre mesi di decontaminazione” prima dei colloqui. Visto poi che anche il governo di Dublino continuava a lavorare per cercare una soluzione equa, Londra ha imposto come nuova condizione il disarmo dell’Ira, altrimenti si sarebbero rifiutati di parlare con i repubblicani. Il governo britannico cercava così di ottenere quello che non gli era mai riuscito in 27 anni: la resa dell’Ira. In pratica chiedeva al Sinn Fein di far arrendere l’Ira. A quel punto si è avuto il collasso del processo di pace.

Perché l’Ira non ha voluto consegnare le armi?
In tutti i processi di pace che comportino la soluzione del conflitto non ci sono vinti e vincitori. Pensiamo a cosa è accaduto recentemente in Sud Africa, in alcuni paesi dell’America Latina (Salvador, Guatemala), in Palestina…
Il governo britannico chiedeva all’Ira una resa senza averla mai sconfitta militarmente. In questa situazione, nel 1996, l’Ira ha ritenuto di dover riprendere la lotta armata. E questa è l’attuale situazione prima del voto.

Vi aspettate qualche cambiamento da un’eventuale vittoria dei laburisti alle prossime elezioni?
Non ci sono prove che un eventuale governo laburista avrebbe una politica diversa per l’Irlanda rispetto ai conservatori. Storicamente i governi laburisti hanno introdotto le leggi d’emergenza e riportato l’esercito in Irlanda. L’essenza della politica britannica è che nessuno dei partiti ha mai una maggioranza assoluta per cui, alla fine, ogni governo inglese dipende dai voti dei deputati unionisti. Questo riduce di molto la loro libertà di manovra.

 

N O T A

(Settembre 1997, dopo qualche mese dall’intervista.) In realtà, nonostante l’evidente pessimismo di Trainor, nel corso dell’anno le cose subirono un’ulteriore evoluzione verso l’auspicabile soluzione politica del conflitto. Il 19 luglio 1997 l’Ira decretò una nuova tregua. Il mese prima, nel maggio 1997, i laburisti erano tornati al governo (dopo diciotto anni di potere ai conservatori) dimostrando una maggiore disponibilità al confronto. A questo si deve aggiungere che appariva evidente l’aumento di consensi elettorali del Sinn Fein (due deputati eletti al parlamento britannico, uno a quello irlandese) che conquistava il 42% dell’elettorato cattolico in Irlanda del Nord.
Nella Repubblica il nuovo governo del Fianna Fail di Bertie Ahern appariva più disponibile del precedente di John Bruton. In questa situazione anche gli unionisti non poterono fare a meno di sedersi al tavolo dei negoziati, iniziati il 15 settembre 1997.