Josep Lluís Alay, docente di storia all’Università di Barcellona, è il capo di gabinetto del presidente della Catalogna, Carles Puigdemont, deposto illegalmente dal governo spagnolo nel 2017 dopo il famigerato referendum sull’autodeterminazione.
Alay è anche un esempio emblematico della persecuzione giudiziaria scatenata da Madrid contro gli indipendentisti. Tra le accuse demenziali messe in piedi dalla polizia spagnola, la preparazione di un’invasione condotta dal Cremlino con 10.000 soldati russi per ottenere l’indipendenza catalana. La prova incriminante: un documento recuperato dalla polizia che si è rivelato la traduzione di un romanzo di spionaggio russo commissionato ad Alay, eccellente poliglotta, da un editore catalano.
Alay è stato anche arrestato in Germania, su mandato della Spagna, per aver accompagnato Puigdemont in un viaggio di ritorno dalla Finlandia, senza che gli siano state mosse accuse specifiche.
Egli è inoltre accusato di essersi recato in Nuova Caledonia su invito degli indipendentisti kanak come osservatore internazionale per uno dei referendum di autodeterminazione tenuti nell’arcipelago. L’accusa è di aver pagato il costo del biglietto aereo con fondi pubblici. Ma la sua partecipazione, in realtà, ha contribuito alla credibilità del processo referendario in Nuova Caledonia organizzato dalle autorità francesi, che dovrebbero quindi considerare il signor Alay come loro ospite. È proprio per rispetto all’onore della Francia che Alay non dovrebbe essere importunato.
Un’altra accusa di appropriazione indebita riguarda un pedaggio autostradale di 11 euro, pagato da Alay per recarsi in visita ai prigionieri politici catalani e addebitato al governo regionale.
Per questi due spostamenti, il procuratore spagnolo chiede 3 anni di prigione e 17 anni di pena accessoria di interdizione ai pubblici uffici! Il che ricorda l’accusa a Puigdemont di appropriazione indebita di fondi pubblici per il referendum, quando l’allora ministro delle Finanze spagnolo, Cristobal Montoro, aveva ammesso di essere certo che non ci fosse stata alcuna appropriazione attribuibile a Puigdemont.
È ironico che i leader catalani vengano perseguiti per appropriazione indebita di fondi pubblici, in un Paese dove tutti sanno che il re e i membri della famiglia reale si sono intascati denaro pubblico e hanno chiesto tangenti per contratti petroliferi… Se davvero i magistrati avessero a cuore la lotta contro la corruzione, metterebbero sotto processo gli esponenti del Partito Popolare e la famiglia reale. La verità è che il sistema giudiziario spagnolo ha abbandonato l’imparzialità e si è messo al servizio dell’ideologia centralista minacciata dall’indipendentismo catalano.