Cenni di storia e morfologia del romanés.


La lingua zingara (rómani čib o romanés) è costituita da una molteplicità di dialetti affini tra di loro, ma allo stesso tempo diversificati sul piano lessicale, fonetico e morfologico. L’affinità tra la lingua rómani e alcune lingue neoindiane fu dimostrata già verso la fine del 1700 quasi contemporaneamente da due studiosi tedeschi, Grellmann e Rüdiger e da un inglese, J. Bryant. Numerosi altri autori compirono in seguito studi convalidanti le affermazioni dei sopracitati linguisti.1
La rómani čib si è arricchita di numerosi termini di derivazione persiana, armena, greca e slava e di prestiti più recenti dal romeno, all’ungherese, dal tedesco e da altre lingue moderne.
La lingua zingara, perciò, più di ogni altra costituisce un sistema soggetto a continui ed incessanti mutamenti, e la divisione degli Zingari in gruppi diversi, estremamente scollegati tra di loro e spiccatamente individualisti, ne ostacola un naturale processo di unificazione.
Lo studioso inglese Bernard Gilliat-Smith2 tentò una classificazione della lingua rómani dividendola in due branche principali: i dialetti vla e quelli non-vla, i primi più influenzati dal romeno soprattutto a livello lessicale (kalderašitska, lovarìtska, čurarìtska, e altri), i secondi quelli parlati dai Sinti, dai Rom italiani, dagli Zingari del Galles, dai Kale della Finlandia e altri.
Pur trattandosi di una classificazione incompleta è una tra quelle a cui per comodità molti studiosi di lingua rómani fanno riferimento, non essendone finora stata tentata una più elaborata. Rimangono escluse le parlate calé dei Gitani e l’anglorómani, che rappresentano una sintesi tra la struttura grammaticale della lingua in uso nei paesi ospitanti e il substrato lessicale romanés, così come sono esclusi i dialetti in uso presso gli Zingari attestati in Medio Oriente, Nawar, Masalib, Bahlawan e Halab.
La lingua zingara non fu comunque solo oggetto di studi, ma fu purtroppo anche oggetto di dure persecuzioni tra le quali ricordiamo quelle avvenute in Spagna ai tempi di Filippo IV il quale, riesumando un testo del 1566 che considerava questo idioma come un “mezzo di tradimento”, proibì nel 1633 ai Gitani di parlare la loro lingua. La stessa proibizione fu decretata in Ungheria nel 1768 dall’imperatrice Maria Teresa, allo scopo di unificare i popoli dei suoi Stati e di integrare i “bohemiens”. Una nuova proibizione si ebbe sempre in Ungheria nel 1782.

Origini indiane

Pare certo che la migrazione degli Zingari verso l’Europa non fosse unica e limitata nel tempo; ma vi sarebbero state diverse migrazioni a breve distanza l’una dall’altra; ciò potrebbe motivare almeno in parte le differenze che si riscontrano attualmente tra i vari gruppi. Alcuni studiosi3 asseriscono che essi si spostarono dalle regioni centrali dell’India a quelle nord-occidentali molto tempo prima del loro secondo esodo verso l’Europa. Altri concordano, invece, nell’assegnare al romanés una collocazione originaria nell’India nord-occidentale.
La stretta affinità tra la lingua rómani e le lingue neoindiane è facilmente dimostrabile. Si veda a titolo di esempio la tabella 1.

TABELLA 1

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Si possono notare alcuni cambiamenti fonetici. Ad esempio dh diventa kh, jh diventa čh, dh diventa th, bh diventa ph. Tuttavia non tutti i dialetti conservano le aspirate. Nel romanés si ha inoltre la scomparsa delle cerebrali. Le occlusivet e d passano a r o r. Es.: sanscrito mand da “pane” diventa manr ro / hindi d oi “cucchiaio diventa r oj, ecc.
Anche sul piano morfologico è evidente l’influenza indiana. Ad esempio le desinenze del tempo presente del verbo derivano dal sanscrito. Si veda la tabella 2.
Anche numerosi suffissi e desinenze del romanés traggono origine da lingue indiane (crf. tabella 3).

TABELLA 2

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TABELLA 3

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La morfologia

Il romanés europeo si presenta come una lingua agglutinante per quanto riguarda la morfologia del sostantivo ed agglutinante-flessiva per la morfologia del verbo. La declinazione del sostantivo è una sola e può avere otto casi (nominativo, genitivo, dativo, ablativo, accusativo, vocativo, locativo e strumentale), ma in alcuni dialetti si preferisce l’uso delle preposizioni. Si veda, ad esempio, il termine gàĝo, “sedentario”, nel dialetto dei Sinti delle tre Venezie che conserva, accanto all’uso delle preposizioni, la declinazione nominale (cfr. tabella 4).

TABELLA 4

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I pronomi personali si declinano in maniera analoga. La declinazione innesta delle forme oblique.
Es.:
me “io” > acc. man; dat.mànge; str.mànsa, ecc.
tu “tu” > acc. tut; dat. túke; str. túsa, ecc.
jou/vou “egli” > acc. les; dat. léske; str. lésa, ecc.
joi/voj “ella” < acc. la; dat. lăke; str. lăsa, ecc.
amé “noi” > acc. amén; dat. aménge; str. améntsa, ecc.
tumé“voi” > acc. tumén; dat. tuménge; str. tuméntsa, ecc.
jon/von “essi” > acc. len; dat. lénge; str. léntsa, ecc.

Anche i pronomi dimostrativi, indefiniti, interrogativi seguono una declinazione dello stesso tipo. Per quanto concerne il verbo, lo schema è riducibile alle seguenti forme: voce attiva/modo indicativo: presente, imperfetto, passato.
Solo in alcuni dialetti si trovano anche dei trapassati ed il futuro in forme diverse. Il congiuntivo è dato dalla presenza delle congiunzione te (che). L’imperativo ha una forma per la seconda pers. sing. ed una per la seconda pers. plur. L’infinito, salvo in casi molto rari, è sostituito dalla subordinazione attraverso la congiunzione te. Per dire ad esempio “vado a mangiare” si costruisce “vado che mangio”, ecc. (4). Rare le forme passive mentre esiste il participio passato anche se non è sempre usato. Un esempio di coniugazione del verbo ker- (fare) è riportato nella tabella 5.

TABELLA 5

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Naturalmente poche righe non sono sufficienti a contenere spiegazioni esaurienti sulla struttura della lingua rómani. Per un panorama più completo si vedano i testi citati nella bibliografia.

Dall’India all’Europa

Il lessico che gli Zingari vennero acquisendo nel corso delle loro migrazioni dall’India verso l’Europa, in parte ne integrava ed in parte ne sostituiva il precedente. Incontrando realtà nuove, essi assunsero i relativi vocabili nelle lingue locali. Non è stato possibile, invece, individuare per quale ragione altri termini si insediarono nella lingua rómani a scapito dei vocaboli originali. È infatti impossibile che gli Zingari non conoscessero parole esprimenti concetti come fortuna, onore o termini per dire “foresta”, “cieco”, “pezzo”, “fiore”, “sette”, “otto”, “nove”, che ritennero dal persiano, dall’armeno o dal greco.
Dall’Impero Bizantino gli Zingari si mossero in seguito verso le regioni di lingua slava, come dimostra la presenza di termini slavi in tutti i dialetti. È ipotizzabile fino a quel momento l’esistenza di un numero limitato di dialetti romani molto simili tra di loro, se non addirittura di una lingua comune.
La diaspora che seguì al lungo insediamento nella regione Balcanica provocò un inarrestabile frazionamento della lingua rómani. Allo stato attuale, alcuni dialetti mostrano una maggiore influenza di romeno, ungherese, serbocroato: si tratta soprattutto dei dialetti parlati dai Rom poiché la loro espansione è avvenuta principalmente nei Paesi dell’Europa Orientale. I dialetti parlati dai Sinti sono invece in più larga misura influenzati dal tedesco, in parte anche dall’italiano o dalle parlate regionali. Si tratta tuttavia di una classificazione, come si è detto, abbastanza incompleta di cui si rilevano numerose eccezioni. Ad esempio i dialetti dei Rom italiani (abruzzesi e dell’Italia centro-meridionale) appaiono maggiormente simili ai dialetti Sinti. Quasi tutti gli Zingari sono almeno bilingui o trilingui. I Rom che praticano il nomadismo compiendo viaggi internazionali e senza lunghe soste conservano meglio di altri le loro tradizioni e la loro lingua, in quanto i continui spostamenti li rendono meno soggetti ad un tipo di acculturazione dall’esterno: si pensi già solo all’influenza della scuola o della televisione.
In altri gruppi, invece, la cultura zingara è in fase di destrutturazione avanzata, il nomadismo ed i costumi ancestrali non sono più praticati. La perdita della lingua zingara come mezzo di espressione quotidiano è il segno più evidente di questo progressivo impoverimento: lo Zingaro attratto dai falsi miti della società consumistica, in alcuni casi rinnega la propria identità e non trasmette ai figli la conoscenza delle tradizioni e della lingua finendo però molte volte con il ritrovarsi semplicemente emarginato, al pari del baraccato accanto a cui vive.
Nel caso dei Sinti piemontesi, la lingua rómani nella sua particolare espressione dialettale, è completamente sconosciuta ai bambini e raramente parlata dagli adulti. Ad essa si è sostituita, nell’uso quotidiano, la lingua piemontese arricchita di numerosi termini zingareschi. Il sinto, in alcune frasi stereotipate resta un mezzo di difesa che i Sinti piemontesi usano nei confronti degli sconosciuti. In questo caso, l’appropriamento della lingua romani da parte dei gagé (sedentari) e quindi la sua divulgazione è fortemente osteggiata.

Le prospettive

Ma se da un lato, per chi si avvicina agli zingari con l’intento di dar loro dei mezzi per l’autotutela, non mancano grosse difficoltà ed una forte diffidenza iniziale, dall’altro vi sono molti sintomi che preannunciano che qualcosa si muove e che incomincia all’interno di questo mondo la ribellione al destino.
Lo Zingaro sente oggi il bisogno di rapportarsi al mondo esterno in maniera diversa dal passato, non più come individuo ma come popolo. Tra grosse difficoltà, la riscoperta di un’identità nazionale si fa strada tra i Rom ed i Sinti: la costituzione di movimenti quali il Gypsy Council, la Romani Union (Rómano Ekipé) ed altri ne sono la prova più eloquente. Questi ed altri movimenti costituiti da un’“intelligencija” solamente zingara, agiscono sulla scorta di programmi molto chiari. Consci del passato, delle persecuzioni subite e delle situazioni locali in cui gli Zingari sparsi nel mondo vivono, hanno come obiettivo la sensibilizzazione delle coscienze ed il coinvolgimento attivo dei Rom e dei Sinti. Da alcuni anni a questa parte hanno avuto luogo Congressi Internazionali miranti a favorire l’unificazione e la mobilitazione degli Zingari di tutto il mondo e l’emancipazione secondo i modelli della cultura romani. A tale scopo le commissioni per la tutela della cultura e della lingua nate da questi incontri, assumono un’importanza fondamentale.
Da parte delle varie associazioni si riscontrano iniziative concrete. In Italia l’ Opera Nomadi, affiancata dal Centro studi zingari con sede a Roma e presente in numerose altre città, costituisce l’asse portante di una battaglia che ha per scopo la promozione e la tutela della cultura zingara. Essa opera attraverso iniziative a carattere culturale e sociale alle quali i nomadi sono chiamati a partecipare. In campo linguistico sono stati paprontati alcuni studi pubblicati dalla rivista specializzata Lacio Drom (Buon cammino).
All’estero, pure, si pubblicano riviste specializzate quali Etudes Tsiganes in Francia e The Journal of the Gipsy Lore Society in Inghilterra. Da poco tempo si stampa in Grecia una rivista, scritta esclusivamente in romanés, dal titolo Phabaj lolì (la mela rossa), la quale utilizza i diversi dialetti esistenti. Esistono anche diverse traduzioni dei Vangeli e parte dell’Antico Testamento.
Iniziative per  la diffusione del romanés rivolte agli Zingari ed ai non-Zingari sono state prese in Francia, con la pubblicazione di un corso di Kalderash inciso su cassette a cura di P.A. Barthélemy (ázingara.
In Svezia (e forse altrove), poiché la comunità nomade si presenta meno eterogenea che nel nostro Paese, è allo studio un progetto di insegnamento agli Zingari nella loro lingua materna.

Note

(1) Poli (1844), Paspati (1870), Miklosich (1872), Sampson (1926), Turner (1927).
(2) Si veda il necrologio di D. Tipler in Lacio Drom 1974 (5-6), p. 53-54.
(3) Vedi Derck Tipler, La Lingua Zìngara in Lacio Drom 1970 (3), p. 14-20.
(4) Vedi G. Soravia, L’infinito in romanés Estratto dai Rendiconti. Classe di Lettere. Volume 113, 1979. Istituto Lomhardo di Scienze e Lettere, Milano 1979.

 

Bibliografia

O. GJERDMAN e E. LJUBERG, The Language of the Swedish Coppersmith Gypsy Johan Dimitri Taikon, Uppsala/København 1963
HANCOCK UN, Problem in the Creation of a Standard Dialeci of Romanés, Working Paper in Sociolinguistic 25, University of Texas, Austin 1975
MIKLOSICH FRANZ, Betràge zur Kenntniss der Zigeunermundarten, Wien 1874-78
A.F. POTT, Die Zigeuner in Europa und Asien, Halle 1844-5
J. SAMPSON, The Dialect of the Gypsies of Wales, Oxford 1926
D.Tipler, La lingua zingara, in Lacio Drom 1970 (3), pp. 14-20; (4-5), pp. 2-6; 1971 (1), pp. 14-19; (2), pp. 2-6; (3), pp. 2-6
S. WOLF, Grosses Worterbuch der Zigeunersprache (Rómani tšik), Bibliographisches Institut, Mannheim 1860
A. COLOCCI, Gli Zingari, storia di un popolo errante, Torino, Loescher 1889
S. PARTISANI, Glossario degli Zingari dell’Italia Centro Meridionale, in Lacio Drom 1972 (1) pp. 2-27; Glossario del dialetto Zingaro piemontese, in Lacio Drom 1972 (6), pp. 11-32; Glossario del dialetto Zingaro lombardo, in Lacio Drom 1973 (4), pp. 2-29
G. SORAVIA, Glossario degli Zingari d’Abruzzo, in Lacio Drom 1971 (1). pp, 2- 12; Influenze italiane nel dialetto degli Zingari d’Abruzzo, in Lacio Drom 1972
(6), pp. 6-10; Gli Zingari di Reggio Calabria: situazione culturale e linguistica, in Lacio Drom 1974 (5-6), pp. 19-29; Vocabolario sinto delle tre Venezie, in Lacio Drom 1981 (4-5), pp. 2-60
Id., Dialetti degli Zingari Italiani, Pacini Editore, Pisa 1977
Per testi di carattere generale e riviste specializzate si veda la bibliografia relativa all’articolo di A. Galdi, Gli Zingari, in Etnie 1982 (1) pag. 26.