L’ultima volta che ho incontrato Mario Rigoni Stern è stato nel 2006, un paio di anni prima della sua scomparsa. Non eravamo nella sua Asiago, bensì a Mantova, in occasione del Festival della Letteratura. Presentandolo a Bosco Fontana, nel cuore della riserva naturale, lo scrittore Ernesto Franco aveva detto che “Mario non insegna, ma mostra le cose”. Come altri grandi della letteratura (aveva citato Conrad e la sua “grammatica del mare”) “libro dopo libro Mario ha costruito un universo”. E l’universo di Rigoni Stern era da sempre “l’Altipiano e il bosco, intrecciati ai ricordi della guerra, alla memoria dei compagni perduti”.
Si era parlato del suo ultimo libro Stagioni (uscito appunto nel 2006, da non confondere con Le stagioni di Giacomo del 1995).

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Mario Rigoni Stern in una foto di Placido Barbieri.

Inverno

Osservando alcune piume raccolte di pernice bianca, Mario si interrogava “sull’inverno, chiedendosi se sarebbe stato un inverno precoce”. Altri segni sembrano arrivare “dalle cince, dallo scricciolo, dai funghi…”. Il “sergente della neve” sta scrivendo un libro sulle stagioni e ha iniziato con alcune considerazioni invernali, perché “l’inverno è il momento della sofferenza, ma anche della riflessione …”. Gli riporta alla mente “il freddo dell’infanzia, il freddo della guerra…”, ma anche il ricordo felice delle “sciate nei boschi”. L’inverno poi “è fatto per leggere, nonostante l’invadente televisione”. Purtroppo “non ci sono più le nonne che raccontano storie vere, vissute”, mentre la televisione “racconta storie banali, forse riflesso di vite altrettanto banali”. Al tempo della sua infanzia, ricorda, “la fantasia navigava”.
Si rammarica che “con gli inverni di una volta abbiamo perso tanto”, forse anche per colpa della tecnologia “dell’aria condizionata e dei termosifoni”. Pensate “a un camino e a un libro, a quando la gente attorno al fuoco leggeva e parlava”. Certo oggi è aumentato il benessere, “la casa è ben riscaldata, ma senza la compagnia del fuoco”. Rievoca la guerra di Albania quando “riuscivamo finalmente ad accendere un fuoco” e un soldato emiliano davanti alla fiamma “recitava a memoria l’Orlando Furioso, pur essendo analfabeta”.
Nei suoi ricordi di letture in trincea c’è anche Dante Alighieri e la Divina Commedia “di cui tenevo nello zaino una vecchia edizione”. Insomma “l’inverno fa meditare, lascia ricordi”. Sarebbe bello poter “tornare indietro, riconquistare l’inverno, tornare a vedere le stelle nelle limpide notti invernali”.

Primavera

L’immagine è quella di “un ufficiale a cavallo che squadrava un gruppo di prigionieri” (tra cui lo scrittore) custoditi dalle SS ai confini tra Polonia e Lituania. Mentre l’ufficiale passava altezzoso, Mario si trovava alla sommità di un palo e aveva osservato le prime gemme. “Io mi ero accorto della primavera in arrivo”, sottolinea, “le SS no”. Quindi “noi, i prigionieri, eravamo più ricchi di loro”. E ricorda anche di quando, bambino dell’Altipiano, “gli ultimi tre giorni di febbraio camminavamo scalzi sui prati, portando le campane delle mucche e cantando per sciogliere marzo”.
Nei boschi a fine febbraio “si vedono i primi fiori, si percepisce l’odore della primavera; noi diciamo che la terra va in amore”.
Anche tornando a casa dalla Russia “a un certo punto abbiamo calpestato terra, non più neve”. Era il disgelo di quel tremendo inverno 1941-42 che ha rappresentato “la prima vera sconfitta dei nazifascisti”. All’epoca venne considerato l’inverno più freddo della storia, “quasi un miracolo del buon Dio perché aveva fermato i carri armati.”

Estate

L’estate è stagione di vacanze, di escursioni, di picnic, ma “anche di immondizie abbandonate nei boschi”. Ricorda di aver letto una targa in un rifugio del Tirolo: “L’uomo civile non lascia tracce”. A causa di sacchetti, bottiglie, avanzi “il bosco soffre”. I rimasugli di cibo provocano la proliferazione delle mosche che vi depongono le uova. Poi le larve si insediano nel naso dei caprioli e “noi sentiamo nei boschi il tossire di questi animali che cercano di liberarsi, di espellerle”. Alla fine vengono ritrovati morti “con i polmoni e la trachea pieni di larve”. Il bosco, insiste, “è delicato, composto da suolo e sottosuolo, da arbusti e anche dal cielo” perché “tutto è collegato”. Dove l’uomo rispetta l’ambiente “anche gli animali vivono e possono convivere con noi”. Certo “andare nel bosco con il telefonino e pensare di poter ascoltare il gallo cedrone è assurdo”.

Autunno

Se la primavera è dei giovani, “l’autunno è stagione dei vecchi”. Invece “l’inverno è dei romantici, mentre l’estate è dei turisti”: la stagione peggiore, sembra di intuire.
L’autunno è la stagione “dei ricordi e della malinconia”, anche se “cadute le foglie, gli alberi hanno già preparato le gemme”. È anche il momento per osservare il movimento degli astri. Recentemente ha notato che il sole tramontava in un punto leggermente diverso, dietro un crinale e questo “ha portato mezzora di luce in meno”. E conclude con un augurio affinché “anche voi possiate avere come me una bella stagione autunnale, in buona salute”.

BIBLIOGRAFIA