Un Paese inospitale per il genere femminile

Soltanto un paio di mesi fa, nel marzo scorso, il consiglio nazionale dei diritti dell’Uomo (cndh) presentava a Rabat un rapporto rivelatore sulla reale portata delle violenze subite dalle donne e dalle ragazze in Marocco. E sulla sostanziale impunità per aggressori e violentatori. Nel suo intervento Amina Bouayach, presidente di cndh, si era appellata, oltre che al ruolo e ai doveri della giustizia, anche a quelli dei media. Raccomandando l’adesione alla legislazione internazionale, in particolare alla Convenzione n° 190 (per la prevenzione delle violenza sulle donne nei posti di lavoro) adottata dall’organizzazione internazionale del lavoro, e alla Convenzione del Consiglio d’Europa (per la prevenzione della violenza domestica). Raccomandando di riformare e aggiornare le norme giuridiche del codice penale in materia di stupro, molestie sessuale e discriminazione. Suggerendo inoltre che, per quanto riguarda la tratta degli esseri umani, le vittime di tale reato non siano ritenute responsabili delle azioni illegali, dei crimini che sono state costrette a commettere.
Purtroppo anche recentemente la situazione in Marocco è sembrata peggiorare, e le associazioni femministe sono scese in strada in varie occasioni per denunciare la carenza di tutela per i diritti delle donne. Nell’ottobre 2022 le proteste riguardarono il caso di una quattordicenne violentata, rimasta incinta e poi deceduta per aborto clandestino.
Il mese scorso invece, a far indignare non solo le femministe ma gran parte dell’opinione pubblica (in breve tempo sono state raccolte oltre 30mila firme per inasprire la condanna), è stata la lieve pena inflitta, nemmeno due anni di carcere, a tre uomini che avevano sequestrato e violentato una bambina di undici anni.
Sui social in questi giorni viene lanciata una campagna di denuncia degli innumerevoli abusi a cui le donne sono sottoposte sia in casa sia sul lavoro, nella quotidianità. Tra i promotori, la scrittrice marocchina Sonia Terrab.
Altra questione irrisolta, quella dei matrimoni di bambine e ragazze, comunque di minorenni. In un’altro studio cndh (in collaborazione con il fondo delle Nazioni Unite per la popolazione del Marocco, unfpa) risalente alla fine dell’anno scorso si denunciava come essi fossero in crescita, essendo aumentate le autorizzazioni concesse dai tribunali che utilizzano ogni possibile eccezione e giustificazione concessa dagli articoli del codice della famiglia.
Stando a quanto dichiarato da un relatore del cndh, “i matrimoni di ragazze minorenni (ossia con meno di sedici anni), da eccezione è ormai diventato una regola”.
Tra i motivi – alcuni francamente incomprensibili – utilizzati dai magistrati (nel 90% dei casi i giudici erano maschi, una buona percentuale con diploma in sharia) per giustificarli, ci sarebbero, oltre alle usanze e tradizioni, la protezione delle ragazze orfane, i legami familiari con il marito (?!?), la mancata scolarizzazione, le condizioni economiche e il miglioramento del livello di vita (?), la reale capacità delle ragazze di assumersi le responsabilità del matrimonio, l’intenzione di evitare matrimoni illegali e i rapporti prematrimoniali. Infine, immancabile, la secolare tradizione del “matrimonio riparatore” in caso di stupro.