Parlare di “partita a scacchi” (o di risiko) sarà anche banale, ma è quello che mi viene in mente. Stando a quanto preannunciato, era previsto che in febbraio il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov includesse anche il Marocco nel suo secondo giro di capitali africane. Ed ecco che tempestivamente – a pochi giorni dalla notizia della partecipazione a esercitazioni nato – arriva anche quella per cui Rabat ha già inviato carri armati in Ucraina. Il primo tra i Paesi africani.
Si tratta di venti t-72b, riveduti e corretti dalla Excalibur Army (Repubblica Ceca) acquistati una ventina di anni fa.
Una decisione patrocinata da Washington e che – forse – dovrebbe contribuire a stendere un velo pietoso non solo sul Maroccogate, ma soprattutto sulle recenti critiche da parte europea per la pesante situazione in cui versa il Paese. Sia dal punto di vista della libertà d’informazione, sia in materia di diritti umani (per non parlare dei sahrawi). Stando a quanto diffuso da fonti algerine, l’accordo per l’invio di armi pesanti, concluso a Ramstein in Germania, risalirebbe ancora all’aprile 2022. Probabilmente finora tenuto in serbo per renderlo pubblico al momento opportuno.
Gli usa avrebbero garantito sia sostegno finanziario e militare, sia di pagare i t-72b di tasca propria (per un totale di novanta milioni di euro con il contributo, pare, dei Paesi Bassi).
E la novità… da segnalare il tempismo… non contribuirà certamente a rafforzare i legami di Rabat con Mosca che contava perlomeno sul “non schieramento”..
Non si può nemmeno escludere che costituisca una reazione agli evidenti progressi, sia a livello diplomatico che di accordi commerciali (vedi i recenti protocolli d’intesa con l’Italia), dell’Algeria, storicamente alleata di Mosca.
Algeria, non dimentichiamo, schierata sul fronte opposto in merito alla questione della Repubblica Araba Democratica dei Sahrawi (rads, ex Sahara spagnolo).
Per quanto riguarda la collocazione del Marocco a livello strategico-militare, mi rifaccio a un recente intervento di Antonio Mazzeo. Lo studioso e pacifista ricordava che “l’ufficio stampa dell’Allied Joint Force Command (jfc Naples, con sede a Lago Patria, Napoli) ha reso noto che un reparto d’élite dell’esercito marocchino ha iniziato il suo percorso verso l’inter-operabilità con le unità nato grazie al programma addestrativo alleato denominato occ e&f (capacità operative e valutazione strategica e feedback) svoltosi dal 23 novembre al 10 dicembre 2022 nel poligono di Ramram, Marrakech”.
Le attività di addestramento si sarebbero svolte “con l’assistenza del personale specializzato del Comando Alleato di Lago Patria e il supporto di uno staff di militari provenienti da Bosnia-Erzegovina, Colombia, Georgia, Irlanda, Serbia e Svezia, Paesi non ancora membri de iure della nato”.
Collaborando, come riportato dall’ufficio stampa del comando alleato, “con un team di valutazione dell’esercito del Marocco per condurre il Self Evaluation Level-1 (sel-1) di una compagnia del 2° battaglione della 2° brigata di fanteria aviotrasportata dell’esercito marocchino”.
In precedenza tale brigata aviotrasportata aveva già “partecipato a numerose esercitazioni in àmbito nazionale e internazionale e nel corso del programma di formazione a Marrakech ha mostrato di avere appreso rapidamente e di avere implementato con successo gli standard nato di livello 1”.
Prima unità di un Paese africano a conseguire la certificazione sel-1.
E il popolo sahrawi (quello che una volta ho definito “un popolo che grida nel deserto”) a questo punto come dovrebbe reagire? Farsene una ragione o continuare a denunciare l’occupazione delle proprie terre da parte di Rabat?