La divisione regionale dello Stato italiano rispetta i confini reali delle diverse etnie? O è, piuttosto, il risultato di selezioni e coaguli forzati? Analizziamo il quadro etnico dell’Italia settentrionale, cominciando dal grande universo lombardo, che va maturando, insieme alla coscienza della propria sostanziale unità, la consapevolezza che una maggiore autonomia da Roma significherebbe, forse, un nuovo rinascimento.

Il presupposto dell’articolazione di uno Stato in tante regioni dovrebbe consi­stere nella identificazione di determinati gruppi etnici autonomi l’uno rispetto all’altro e quindi liberi di darsi un pro­prio ordinamento giuridico e ammini­strativo, costruito in base alle proprie valenze culturali. Fino a che punto la divisione regionale dello Stato italiano rispetta gli spazi e i confini reali delle singole etnie? Il numero delle regioni corrisponde effettivamente alla esatta quantità dei gruppi etnici, o non risul­ta piuttosto l’effetto di una selezione discriminante che fa leva su di un coagu­lo forzato? Il problema è stato troppe volte eluso da chi ha avuto finora gli strumenti per analizzarlo: geografi, et­nologi, storici, linguisti. I politici poi non volevano sollevare “inutili” ve­spai. È nostra intenzione esaminare il qua­dro etnico dell’Italia settentrionale nella sua complessa articolazione, cercando di fornire dei precisi “identikit” degli spazi socio-territoriali occupati dalle singole etnie, la cui omogeneità sarà saggiata attraverso diversi indici antro­pologici, come quello sèmiologico, l’animologico, il fagologico ecc. Comin­ciare dalla Lombardia non significa cer­care di imporre una visione lombardo-­centrica della realtà padana, formula già troppo abusata dagli economisti, ma entrare in Italia dalla porta più vi­cina al cuore geografico di quell’Euro­pa dei popoli uniti in federazione a cui deve rifarsi ogni sana teoria di autonomismo antistatale.

La prima domanda da farsi è la seguen­te: esiste davvero una etnia denomina­bile come “lombarda” e caratterizzabile come omogenea e autonoma rispet­to alle altre etnie occupanti il bacino pa­dano? Un discorso che possiamo fare con certezza è che c’è un territorio del­la Padania dai confini abbastanza ben delineati e dai caratteri piuttosto omo­genei per quanto riguarda orografia, idrografia, pedologia, in grado di ospi­tare una popolazione umana che si ri­conosce padrona di esso. Il territorio in questione comprende tutti i bacini imbriferi padani situati tra il bacino fluvio-lacuale del Ticino-Verbano e il bacino fluvio-lacuale del Sarca-Benaco-Mincio. Il confine sud è quindi costi­tuito dalla riva sinistra del fiume Po in cui confluiscono i suddetti bacini e il confine nord dallo spartiacque alpino formato da tutte le cime da cui nasco­no i fiumi più lunghi e importanti del­la regione imbrifera. La popolazione ivi residente ha ricevuto nel corso dei se­coli disparati apporti razziali, ogni vol­ta comunque riciclati dall’ambiente ti­pico di questa zona e di nessun’altra, maturando una cultura specifica in gra­do di resistere a ogni tentativo di neu­tralizzazione da parte di stranieri; ha as­sunto volta per volta diversi nomi: dal Rinascimento in poi si è venuto a poco a poco affermando quello che nel Me­dioevo era usato per indicare tutti gli abitanti del Nord-Italia in quanto ere­di dei Longobardi. Si è finito cioè coll’identificare i Lombardi negli abitatori di quella regione che circonda i centri più importanti, governativi, ammini­strativi, e commerciali, della colonizzazione longobarda in Italia. Tutto ciò, si badi bene, non significa che gli abi­tanti della regione siano stati, o a mag­gior ragione che lo siano ora, di origi­ne soltanto longobarda: i caratteri et­nici alla base di quelli attuali preesiste­vano all’arrivo dei Longobardi. Accet­tiamo quindi la denominazione di Lom­bardia per una questione puramente convenzionale, così come il cognome di ciascuno di noi non corrisponde alla nostra intima realtà. Ad ogni modo, al di là della loro etichetta, i Lombardi hanno costruito una struttura cultura­le ben differenziata rispetto a quelle rappresentate dalle popolazioni abitanti gli altri territori della Val Padana.

A questo punto una cosa va detta a chiari termini, senza remore o infingi­menti: i confini dell’etnia lombarda non corrispondono a quelli della regio­ne politica “Lombardia”, proprio per­ché a questa non corrisponde la Lom­bardia fisica. Questa realtà va final­mente gridata: per troppo tempo gli or­gani politici, istituzionali e scolastici hanno voluto far coincidere regioni et­niche e regioni politiche, insegnandoci per esempio che il monte Penice fa da confine tra Lombardia ed Emilia, co­me se un rilievo o un fiume fossero creazione dello Stato a sanzionare i na­turali confini etno-geografici. Indubitabilmente a livello etnico non esiste una precisa linea confinaria, al di qua e al di là della quale troviamo po­polazioni completamente eterogenee l’una rispetto all’altra, bensì delle fa­sce confinarie, che nel caso della Lom­bardia si estendono lungo i confini fi­sici, correndo volta per volta un po’ più all’interno di essi. La fascia confinaria tra etnia lombarda ed etnia emiliana corre lungo la linea orizzontale del Po: la parte orientale dell’Oltrepò Pavese (Broni, Stradella, S. Maria della Ver­sa, Zavattarello, Romagnese) è emilia­na e lo rimarrà per sempre nonostante i tentativi di Lombardizzazione da par­te di Milano (favoriti dal peso del col­legio elettorale Milano-Pavia); nella zo­na a nord del Po del basso Pavese orientale (Pavia, San Zenone, Zerbo, Pieve Porto Morone) persiste un legge­ro substrato culturale emiliano che va fatto risalire ai tempi medievali in cui tra Milano e Pavia c’era ancora palu­de e la cittadina sul Ticino aveva rap­porti più intensi con Piacenza; quest’ultima è già decisamente emiliana nono­stante gli attuali fitti scambi economi­ci col Milanese; il fiume continua a di­videre le etnie in modo netto grazie ai serpentini meandri tra Piacenza e Cremona (città chiaramente lombarda) fi­no all’altezza di Gussola (basso Cremo­nese orientale); da qui verso est fino a Ficarolo si estende una plaga che ap­partiene amministrativamente alla Lombardia (per la maggior parte provincia di Mantova) ma costituisce un condominio lombardo-emiliano (Casa­lasco, basso Mantovano, Oltrepò Mantovano) intersecato a metà dal corso del fiume. La fascia confinaria con l’etnia veneta si pone a est del Mincio (Oltremincio Mantovano), tra Mincio e Tar­taro, occupando anche zone ammini­strativamente venete (vedi Valeggio); l’intera sponda orientale del Garda è più lombarda che veneta benché sia sot­toposta all’amministrazione veronese. Nella regione Trentino-Sud Tirolo tut­ta la fascia alla destra (sud-est) del fiu­me Sarca e l’alto bacino del Chiese so­no abitati dall’etnia lombarda; popo­lazione a etnia mista lombardo- tridentina la troviamo in Val di Sole, at­torno alle Dolomiti di Brenta e tra Sar­ca e Monte Bondone. Contorta anche la fascia confinaria con l’etnia ladina occidentale: segue per diversi tratti lo spartiacque alpino; la valle di Livigno (bacino del Danubio), la valle di Poschiavo (bacino del Po) e quella del Me­ra (bacino del Po) costituiscono tre esempi simili di mistione lombardo-ladina nonostante la prima sia territo­rio italiano e le altre due territorio sviz­zero. Più netti sembrano i confini tra etnia elvetica-tedesca ed etnia lombar­da del Canton Ticino, che corrono lun­go il displuvio: il Ticinese si sente più Lombardo che Svizzero o Italiano, anzi conserva i caratteri più genuini della parte alpina dell’etnia. Anche l’intera Ossola, benché politicamente piemon­tese, appartiene all’universo etnico lom­bardo: Ossola e Ticino rappresentano due tipi di sottoetnie autonome sulle quali ritorneremo più avanti; il confi­ne con l’etnia piemontese va quindi tro­vato più a sud lungo l’asse montuoso Rosa-Capezzone che divide Ossola e Valsesia; nell’alto Novarese tra il Cusio e il Verbano si estende una zona di fusione lombardo-piemontese dove a nostro parere prevale il tessuto lombar­do soprattutto nella cultura materiale; la fascia confinaria continua a situarsi in territorio amministrativamente pie­montese tra l’Agogna e il Ticino (Bor­go Ticino, Oleggio, Bellinzago, Cameri, Galliate, Trecate, periferia est di No­vara), mentre tra Agogna e Sesia sem­bra prevalere l’etnia piemontese (Romagnano, Ghemme, Fara, Biandrate) anche in territorio lombardo (Lomellina occidentale: Robbio, Candia, Val­le, Mede); Mortara funge da confine e in Lomellina orientale prevale l’etnia lombarda, specialmente a Vigevano e Garlasco, benché non manchino trac­ce culturali piemontesi: il Vogherese rientra nell’universo etnico piemontese. Stabiliti gli angoli e i lati di questo gran­de trapezio rovesciato in cui si inscrive l’etnia in esame, passiamo a identificare i confini interni.

Si può fare una pri­ma grossa divisione in tre settori: Lom­bardia alpina, Lombardia padana occidentale e orientale. Nella Lombardia alpina l’etnia presenta un tessuto culturale fortemente condi­zionato dalla conformazione del terre­no e dalla conseguente organizzazione agricola e pastorale, caratterizzato da un forte spirito di comunità e vicina­to, da un codice semiologico diverso ri­spetto a quello della pianura soprattut­to a livello fonetico, da una vita reli­giosa meno formale e più ricca di ap­porti mitologici (ed eretici), da una ur­banizzazione di tipo turistico inverna­le da poco creatasi. La varietà lombardo-padana occiden­tale vive tra Prealpi a nord, Po a sud, Ticino a ovest e Adda a est: quest’ulti­mo ha sempre costituito una barriera divisoria nei confronti del lombardo orientale a causa della profondità del suo alveo, non facile da superare nella parte dell’alta pianura. È contraddistin­ta da una altissima densità demografi­ca, da un’organizzazione di vita di ti­po metropolitano o perimetropolitano (si è parlato di regione-città) che incide sul codice semiologico (la lingua as­simila modelli fonetici e morfologici provenienti dalle altre aree urbane del paese e lo stesso dialetto si italianizza) e su quello fagologico (le abitudini ali­mentari perdono i caratteri propriamenti locali), anche per la compresen­za di tipi fisio-antropologici i più dispa­rati provenienti da altre regioni o altri paesi. Le componenti più genuine del­l’etnia vanno ricercate nelle plaghe non urbanizzate del Comasco, del Varesotto e della bassa pianura: qui ad esempio l’indice animologico (religione e altre forme di spiritualità) mostra una più stretta parentela con il tipo di religio­sità presente in Lombardia orientale e alpina; d’altra parte tali spazi sono marginali proprio per il continuo dif­fondersi dal basso Medioevo a oggi di una imprenditorialità artigianale, indu­striale e di tecnologia rurale tipica dei Lombardi occidentali. La varietà lombardo-padana orientale vive tra Prealpi, Po, Adda e Mincio- Garda: da sempre è stata condizionata da un maggior isolamento per il fatto di non essere all’incrocio di grandi vie di comunicazione come la Lombardia occidentale. Notevole è la ruralità, ma spicca soprattutto la differenza rispet­to alla Lombardia dell’ovest nel cam­po linguistico: in fonologia la “e” chiu­sa sostituisce la “e” aperta e nel lessi­co ci sono diversi vocaboli sconosciuti oltre l’Adda, tanto per citare gli aspet­ti più evidenti. Il sistema religioso è ca­ratterizzato da una più radicata ideo­logia cristiano-cattolica. (Brescia è il centro dell’editoria cattolica nord­italiana) che si concretizza attraverso una prassi socio-culturale, rituale e am­ministrativa simile a quella presente presso l’etnia veneta; non si dimentichi a tal proposito il peso del dominio plu­risecolare della Repubblica di Venezia sulla Lombardia orientale. Nell’ambito di ciascuna delle tre varie­tà vanno riconosciute delle entità etno- culturali che per comodità gnoseologi­ca chiameremo “sottoetnie” ma di cui nessuno vuol mettere in discussione la completa autonomia socio-culturale. Tale autonomia appare assoluta per le sottoetnie della Lombardia alpina per il fatto che ognuna appartiene a un si­stema vallivo semichiuso: le vie di comunicazione sono di molto ardua o fa­ticosa percorribilità perché devono var­care passi alpini.

Da ovest a est distin­guiamo cinque sottoetnie alpine: ossolana, ticinese, chiavennate-tellinese, ca­muna, giudicaria. La civiltà di più lun­ga e atavica tradizione è senza dubbio la camuna, le cui origini incerte hanno fatto scervellare più d’una generazio­ne di etnologi, ma anche le altre con­servano testimonianze materiali e difen­dono, nei limiti in cui Stati e regioni lo permettono, la propria cultura. Una posizione invidiabile sembra godere in tal senso il Canton Ticino, dotato di una autonomia politica nell’ambito del­la Confederazione Elvetica che garan­tisce la valorizzazione della cultura lo­cale; d’altra parte la frontiera statale lo costringe a un isolamento eccessivo ri­spetto al resto dell’etnia lombarda. L’Ossola lotta da anni per l’autonomia, la Valtellina non dimentica il passato grigionese, le Giudicarie godono del­l’indipendenza tipica di tutte le comu­nità montane di una regione a statuto speciale come il Trentino-Sud Tirolo, ma sentono anche sempre più pesante la colonizzazione turistica. Le sottoetnie della Lombardia padana hanno confini meno netti e minore co­scienza autonomistica. Nella Lombar­dia padana occidentale troviamo la sottoetnia prealpina occidentale (Verbano, Luganese, province di Varese e Como), la sottoetnia metropolitana (parte set­tentrionale della provincia di Milano), la sottoetnia della bassa occidentale (Pavese e Lodigiano); nella Lombardia padana orientale ci sono la sottoetnia prealpina orientale (parti settentriona­li delle province di Bergamo e Brescia, eccetto Val Camonica e valli laterali di essa), la sottoetnia della media pianu­ra orientale (basso Bergamasco, Cremasco, basso Bresciano) e quella della bassa pianura orientale (Cremonese e Mantovano). Va rilevata infine l’esistenza di due zo­ne a maggiore autonomia etnica delle altre: il Luganese nella Lombardia pa­dana occidentale (sottetnia prealpina), per il fatto di appartenere al territorio svizzero, e il Mantovano nella Lombar­dia padana orientale (sottoetnia della bassa pianura), che per secoli è rimasto isolato dentro i confini del ducato, non senza subire infiltrazioni di natu­ra emiliana. Volendo essere rigorosi, dovrebbe essere individuata una mi­croetnia anche nella Lombardia alpina: quella chiavennate (abitante anche par­te della Val Bregaglia in suolo elvetico), che è cosciente della propria eterogenei­tà culturale rispetto alla Valtellina.

Il quadro non è esaustivo se non citia­mo anche la presenza di gruppi etnici nettamente minoritari, alloglotti e in­sediati a diaspora: l’esempio più visto­so è quello dei Walser (Lombardia al­pina: Ossola e Ticino). Il grande universo lombardo (quasi un quinto dell’intera popolazione italiana) deve essere considerato come una sor­ta di confederazione di gruppi etnici di origine e caratteri comuni, coscienti del­la propria diversità rispetto agli insie­mi delle altre regioni dell’Italia settentrionale, della Svizzera e del Tirolo. Ciò nondimeno tale “lega lumbarda” ha mantenuto, fin dal Medioevo, dei tratti interni di straordinario decentramento: le varie “sottoetnie” hanno sempre go­duto di una indipendenza senza dubbio maggiore di quelle del Veneto o del Piemonte e nel corso dell’età moderna si è creata una certa frattura soprattutto tra Lombardia padana occidentale e Lombardia padana orientale. Adesso è venuto il momento di approfondire la coscienza della sostanziale unità di que­sto mondo; una maggiore autonomia rispetto a Roma e a Berna non può che significare un nuovo rinascimento lom­bardo in grado di valorizzare le cultu­re di tutti i gruppi interni, specialmen­te di quelli lombardo-alpini, che ve­drebbero riconosciuta la loro indipen­denza secondo la più genuina tradizio­ne del libertarismo lombardo, fatto di generosità e rispetto reciproco.

“Lumbardia libera e lumbarda.”

 

1 = ETNIA LOMBARDO-ALPINA

1a: sottoetnia ossolana

1b: sottoetnia ticinese

1e: sottoetnia valtellinese con la microetnia chiavennate

1d: sottoetnia camuna

1e: sottoetnia giudicaria

 

2 = ETNIA LOMBARDO-PADANA OCCIDENTALE

2a: sottoetnia prealpina occ.le con la microetnia luganese

2b: sottoetnia metropolitana

2c: sottoetnia della bassa pianura occ.le

 

3 = ETNIA LOMBARDO-PADANA ORIENTALE

3a: sottoetnia prealpina orientale

3b: sottoetnia della media pianura orientale

3c: sottoetnia della bassa pianura orientale con la microetni