La stampa italianista negli ultimi mesi ci ha parlato, per lo più con toni denigratori e settari, delle celebrazioni per l’anniversario dell’insurrezione tirolese capeggiata da Andreas Hofer. Ma quasi nessuno ha spiegato che cosa avvenne sui monti del Tirolo in quel lontano 1809: la disperata resistenza di una tradizione autoctona, quella delle autonomie regionali, delle libertà comunitarie, dei privilegi popolari contro l’attacco dei “progressisti” (?) francesi.

Le celebrazioni per il 175° anniversa­rio della insurrezione tirolese hanno proposto all’attenzione della pubblica opinione la spinosa questione altoate­sina. La grande stampa si è limitata a porre in risalto i toni anti italiani che tal­volta queste manifestazioni hanno as­sunto, dando per certa e acquisita l’ap­partenenza del Tirolo all’Italia. Tutta­via, la stampa non ha spiegato per quali ragioni i Tirolesi ricordano l’insurrezio­ne antibavarese del 1809, né perché Ti­rolesi “italiani”, “austriaci” e “ladi­ni” si riuniscono per celebrarne il ricor­do, né perché, ancora oggi, esercitano tanto richiamo le figure di coloro che capeggiarono la rivolta.

Che cosa accadde, dunque, 175 anni fa? Perché i Tirolesi, popolo pacifico ma fieramente legato alle proprie tra­dizioni culturali ed etniche, osarono sfi­dare le potenti armate napoleoniche? Che cosa implicava, per i Tirolesi, non essere più sudditi del regno asburgico, ma essere soggetti al governo “illumi­nato” del re di Baviera? La risposta a questi quesiti ci aiuterà, forse, a com­prendere non solo le ragioni del Tirolo ai tempi della rivolta antibavarese, ma anche la questione tirolese contempo­ranea. Sul finire del ’700 la Francia veniva sconvolta dalla grande rivoluzione. In Tirolo, che dall’inizio del XVI secolo faceva parte dell’impero Asburgico, gli avvenimenti francesi furono visti come eventi riguardanti questioni interne al­la vita di un popolo lontano. I fatti che seguirono, però, rivelarono una situa­zione ben diversa da quella immagina­ta. II re francese fu decapitato, la Chie­sa cattolica perseguitata, tutta la società sconvolta nei suoi istituti fondamenta­li. Nel volgere di pochi anni le armate napoleoniche diffusero in tutta Euro­pa i princìpi sui quali si fondava la nuo­va nazione francese. Scoppiarono guer­re ovunque. Dal 1796 anche il Tirolo ne venne ripetutamente coinvolto. Le truppe francesi vi occuparono città e villaggi cercando di imporre il nuovo ordine, suscitando, però, l’opposizio­ne del popolo tirolese. Si giunse così al 26 novembre 1805, quando l’Austria veniva sconfitta dal­la Francia e costretta a cedere il Tirolo al nuovo alleato di Napoleone: il re di Baviera. Con la cessione del Tirolo al­la Baviera Napoleone intese premiare il nuovo alleato e risolvere con mano tedesca il nodo tirolese. L’articolo 8 del trattato di pace recitava: “L’imperatore d’Austria… cede e abbandona a sua maestà il re di Baviera la contea del Ti­rolo compresi i principati di Trento e Bressanone… nella stessa maniera e con gli stessi diritti e prerogative con cui li possedeva sua maestà l’imperatore d’Austria e i prìncipi della sua casa, e non in altro modo.” Re Luigi di Baviera, dopo aver sottoscritto l’impegno, rinnovò questa pro­messa alle delegazioni di Tirolesi che si recarono a visitarlo. Ma la volontà dei vincitori era ben diversa. Furono tem­pestivamente promulgate nuove leggi che annullavano ogni autonomia e privilegio. Il nome “Tirolo” fu cambiato in quello di “Baviera Meridionale” e la suddivisione del territorio venne mo­dificata secondo il sistema francese del­le vie fluviali. Le leggi potevano essere emanate solo dal governo centrale, i funzionari governativi dovevano esse­re solo bavaresi. Anche in campo economico avvenne­ro sostanziali cambiamenti con l’intro­duzione della nuova carta moneta: au­mentò la pressione fiscale, si richiese­ro somme impossibili a titolo di risar­cimento dei danni di guerra a favore dei Francesi. A tutto questo seguirono espropri di terre e di fattorie, requisi­zioni di bestiame per soddisfare le pre­tese fiscali del governo. Lo stesso governo intervenne anche nel­la vita religiosa, sopprimendo praticamente ogni libertà di culto e pretenden­do la sottomissione dei vescovi e del cle­ro al potere statale. Da ultimo il provvedimento che rese obbligatorio il servizio militare con l’i­scrizione nelle liste di levaci tutti gli uo­mini di età compresa tra i 18 e i 45 an­ni. Con questo sopruso si cancellava la plurisecolare autonomia militare della regione. Iniziarono le diserzioni di mas­sa e si accesero i primi focolai di rivol­ta. Nel gennaio 1809 ci furono i primi con­tatti tra delegazioni di Tirolesi e gover­no austriaco al fine di ottenere da que­st’ultimo aiuti militari per cacciare dalla regione i Bavaresi. L’Austria accolse le richieste e vennero preparati i piani del­l’insurrezione. Essa iniziò il 9 aprile 1809 e si concluse alla fine dello stesso mese con la liberazione della totalità dei territori occupati. Gli insorti, che ap­partenevano a tutte le comunità etnico-linguistiche del Tirolo, e cioè tedesca, ladina e italiana, convinti di avere al­lontanato definitivamente il pericolo, sciolsero le milizie. I Francesi, però, sconfissero definitivamente gli Austria­ci a Wagram costringendoli a ritirarsi anche dal Tirolo, contro il quale nel mese di maggio iniziarono una nuova offensiva. Questa nuova fase della guerra, durante la quale i Tirolesi rimasero da soli a fronteggiare l’aggressione franco-bavarese-sassone, fu caratterizzata da una brutale repressione da parte degli inva­sori contro le popolazioni civili, ma le milizie tirolesi sconfissero più volte i ne­mici e, alla fine di agosto, si poteva considerare compiuta la seconda libe­razione.

Andreas Hofer venne proclamato “co­mandante superiore del Tirolo”. Que­sta volta gli insorti decisero di non scio­gliere le milizie per prepararsi a fron­teggiare una possibile nuova invasione. Vennero costituiti corpi di volontari chiamati “Tiratori dell’Adige”. A settembre tre poderose armate fran­cesi entrarono nella regione. I Tirolesi capirono che non avrebbero potuto battere un nemico tanto potente senza aiuti dall’esterno, ma l’Europa era ormai incapace di reagire. La resistenza fu disperata. In molti paesi si conten­deva al nemico ogni palmo di terra, in mancanza di armi si impugnavano i forconi. La repressione fu terribile. Tutti gli appelli alla tregua che Hofer indirizzava ai Francesi rimasero senza risposta. Alla fine di novembre ogni fuoco di re­sistenza fu distrutto. Molti capi della rivolta vennero catturati e uccisi. Ad Andreas Hofer offrirono la possibilità di riparare in Austria, ma egli preferì vivere fino in fondo la tragedia che tut­to il popolo tirolese stava sopportan­do. Il 2 dicembre 1809 venne catturato sui monti del Riffl e condotto a Man­tova per essere processato. Anche a Mantova la popolazione ma­nifestò solidarietà ai Tirolesi oppressi raccogliendo denaro da offrire in cam­bio della liberazione dell’eroe della Pas­siria. Ma gli ordini di Napoleone era­no espliciti: il processo avrebbe dovu­to concludersi con una condanna a morte da eseguire entro 24 ore dalla sentenza.tali

Alle ore 11 del giorno 22 febbraio 1810 Andreas Hofer venne fucilato. Nella lettera indirizzata al fratello po­che ore prima dell’esecuzione così si congedava dalla vita terrena: “Al mo­mento di lasciare il mondo mi è così fa­cile morire che i miei occhi non diven­tano più umidi… Con l’aiuto di tutti i Santi devo fare il mio viaggio verso Dio”.