Pi’i Fenua

Prima esibizione sul marae Arahurahu per il gruppo Tahiti Ia Ruru tu Noa, ma non per il loro capogruppo, Olivier Lenoir, che ha già partecipato a spettacoli di rievocazione storica. Uno di questi – il primo cui ho avuto il piacere di assistere –  su testo di Patrick Amaru, vedeva Olivier salire e scendere dalle palme da cocco come se fosse la cosa più normale al mondo. Mi racconta: “Ho sempre voluto fare uno spettacolo sulle marae. Non ha niente a che vedere con To΄atā. È un luogo dove gli anziani venivano a radunarsi, dove senti il mana [energia]”.
Lenoir ha avuto difficoltà a trovare ballerini per il suo spettacolo: pur essendo pagati, essi preferiscono partecipare alla Heiva per misurarsi in quel prestigioso concorso.
Autrice dello spettacolo Mirose Paia, nella vita compagna di Olivier, che si è ispirata all’antica leggenda sullo stesso marae Arahurahu per Pi’i Fenua, il “richiamo della terra”.
Come in ogni spettacolo di questo gruppo, i costumi sono interamente vegetali: niente plastica, nylon o nastri, tutto viene dalla natura. Per non inquinare e rispettare la terra.

La trama

Tematahia è il capo del potente clan di Ahototuaana, il cui marae, Matamatahia, è accuratamente custodito dalle ninfe Hina-pō-tea: sotto questo capo dispotico, esse stregano e catturano anime erranti con le loro magiche reti.
Temataaro è il guerriero del clan Tumufau: vive in luoghi remoti dell’entroterra, sulle aspre montagne.
Un giorno Temataaro, mosso da potenti forze, si avventura con i suoi uomini fino ad Ahototuaana ed essi vengono immediatamente catturati dalle reti delle Hina-pō-tea. Dopo varie, infruttuose trattative, il sommo sacerdote Tohuroa, di Tumufau, decide di svelare il grande segreto: Temataaro è il fratello maggiore di Tematahia. Quest’ultimo, in segno di diniego, decide di uccidere il fratello Temataaro sul marae. Il clan dei Tumufau e i suoi famosi guerrieri Pi’imato si calano dalla montagna e scoppia la guerra tra i due clan: l’esito della battaglia determinerà chi potrà avere potere sul marae.
La messa in scena dello spettacolo è realizzata su misura per Olivier, rispecchiando il suo carattere avventuroso e guerriero, con molte schermaglie ottimamente inscenate. Simpatico il lancio dei proiettili, palline di fibra intrecciata, da parte delle donne. Attimi di suspence quando Olivier si cala lungo la roccia appeso a una corda di fibra di cocco: “Abbiamo dovuto stipulare un’assicurazione speciale”, mi confida il direttore del Conservatorio, Fabien Dinard (è il Te Fare Upa Rau a produrre, come ogni anno, lo spettacolo in questo luogo storico).
La storia evoca Pi’i Fenua, il richiamo della terra, il ritorno alle origini. L’universale legame tra l’uomo e la terra. Ancora più forte in un ambiente insulare dove gli uomini sono circondati dall’immenso oceano. Non siamo profondamente collegati, corpo e anima, alla terra, che ci piaccia o no?
È la terra degli antenati che diventa la nostra terra per eredità, ma non solo. Se potessimo sentire il richiamo della terra, se potessimo seguire questa forza interiore che ci spinge a tornare a essa, apprezzarne la dignità e i benefici, guardarla diversamente, mantenerla, lottare per mantenerla, proteggerla ed essere unirti per trasmetterla alle future generazioni.