Ecco la risposta – doverosa e meritata – che Sergio Zuncheddu, immobiliarista cagliaritano e editore della “Unione sarda” ha inviato a Flavio Briatore, imprenditore piemontese. Quest’ultimo aveva criticato, con toni abbastanza offensivi (ma, a nostro avviso, più che altro di estrema ignoranza), i sardi e il loro modo di fare turismo.
Ci sembra che questa etnia abbia già sopportato a sufficienza, non tanto la “via lussuosa” all’accoglienza (niente di male in questo), quanto un turismo culturalmente inconsapevole se non becero. Un turismo, in breve, che dell’isola ricerca e conosce soltanto alcune spiagge e la trasparenza dei fondali – e che per il resto starebbe altrettanto bene a Rimini – considerando gli abitanti come una presenza casuale nel paesaggio. Sarebbe invece auspicabile che la Sardegna attraesse i visitatori europei proprio per la sua essenza umana, per la sua cultura (orgogliosamente) pastorale, per quelle bellissime esperienze che molti di noi riescono a vivere con la gente del posto, a patto di avvicinarsi con rispetto, umiltà e affetto.

Flavio,
sono stupefatto dalle dichiarazioni offensive che hai fatto su noi sardi e la Sardegna, peraltro in un contesto pubblico e di rilevanza mediatica. Il nostro appuntamento di venerdì 23/9 è, di conseguenza, annullato, e ti spiego perché.
Si può essere critici sul modo con il quale vengono gestiti i trasporti da e per l’Isola e persino sui progressi più o meno performanti della nostra industria turistica, ma non possiamo accettare di sentirci dire, in modo sprezzante, che “ i sardi non sanno che la loro è un’isola perché pensano che la gente arrivi per caso”, che “quella è una terra straordinaria ma i sardi vogliono fare i pastori: loro il turismo non sanno nemmeno cos’è” e via pontificando, sui trasporti, sui monopoli ecc.
Per tua informazione e orientamento, per le tue prossime esternazioni sulla Sardegna, ti dico alcune cose che forse non sai:
1) Io sono orgoglioso di provenire da una civiltà agropastorale: mio bisnonno paterno era pastore, mio nonno un saggio del villaggio, quello materno era contadino e mio padre da giovane è stato persino servo pastore. I valori con i quali io e tantissimi sardi siamo cresciuti sono quelli apprezzati da tutti i non sardi intelligenti che ci capita di incontrare, compresi quelli che frequentano il tuo locale in Costa Smeralda;
2) Sui trasporti è vero: siamo gravemente carenti, in linea generale, anche se bisogna capire se la tua lamentazione sulle tariffe (1600 euro per la tratta in nave Genova-Alghero, come dici tu, contro 600 per quella Barcellona- Maiorca) sia riferibile al tuo cliente tipo, poverino, capace di spendere mille euro e anche più per una bottiglia di vino. Se il cliente tipo per noi è solo quello che desidera il lusso, come sembra dalle tue dichiarazioni, non credo abbia il problema tariffario per i suoi spostamenti.
In realtà non è tanto, o non solo, un problema di tariffa, il nostro, quanto di numero di voli giornalieri e di collegamenti con le maggiori città europee, dalle quali dovrebbero arrivare turisti di fascia medio-alta e alto-spendenti;
3) Oggi non c’è un monopolio vero e proprio, per gli aerei e le navi, come dici tu, perché non c’è un’unica compagnia aerea o navale. Quello attuale è piuttosto un oligopolio, anche se l’effetto è simile, soprattutto quando gli oligopolisti si mettono d’accordo sulle tariffe o si spartiscono le tratte. Su questo, è vero, non hai tutti i torti: molto dobbiamo lavorare per favorire lo sviluppo di un vero mercato concorrenziale nel settore, anche se mi risulta che la Regione lo stia già facendo.
Tuttavia ti segnalo, anche se da piemontese dovresti conoscere la nostra storia, che almeno in parte coincide con la tua, che il tema del monopolio sui trasporti, da e per la Sardegna, ha una storia plurisecolare e risale al periodo di dominazione di casa Savoia, in particolare per i collegamenti marittimi, posto che dal 1723, anno di uscita dei vecchi dominatori e insediamento della nuova casata, e fino almeno alla fine dell’Ottocento, di volare non se ne parlava proprio. Ebbene: nel tempo si formò una compagnia di navigazione, protetta da voi piemontesi, la quale, quando si presentava all’orizzonte un possibile concorrente abbassava drasticamente e temporaneamente le tariffe, giusto il tempo di far schiantare il velleitario armatore entrante, per poi rialzarle subito dopo lo scampato pericolo. Questo giochino, pensa, è stato imparato così bene che ancora oggi qualche furbastro lo utilizza per soddisfare la propria pulsione monopolistica, tipo: faccio fuori i concorrenti con la leva del prezzo e con il boicottaggio sul transito delle merci dei clienti “infedeli”. Questi studentelli sono scaltri nell’applicare quegli insegnamenti ma, lo riconosco, i professori ancora di più ad averglielo insegnato. Questi venivano dalle tue parti, però. Qualcuno di quei docenti potresti trovarlo persino nel tuo albero genealogico. Forse;
4) E a proposito di prediche, Flavio, debbo dirti con franchezza che ci siamo rotti i c……i di sentirci dire cosa siamo o non siamo, cosa sappiamo fare e cosa no, quanto siamo arretrati e quanto no, e via elencando. Non vogliamo più sentirvi, neppure per farci i complimenti, quando per caso, ma solo per caso, intendiamoci, ne azzecchiamo una!
Non ci frega proprio nulla dei vostri non richiesti giudizi.
E visto che ci sono ti dico alcune cose che ti faranno meglio comprendere perché non sopportiamo più chi viene da fuori a darci lezioni, posto che potremmo essere noi, piuttosto, storicamente legittimati a darvene.
Non vi abbiamo mai detto con chiarezza che con il crollo dell’impero spagnolo, e la conseguente spartizione delle sue spoglie tra i vincitori e loro alleati, i piemontesi brigarono per prendersi la Sardegna non già perché ricca, impossibile dopo quasi quattro secoli di “cura” spagnola, quanto perché i Savoia desideravano ardentemente fregiarsi del titolo di re, che non avevano. Quando la presero, la Sardegna, era infatti già Regno, Regnum Sardiniae.
Pensa, dalla fine del dodicesimo secolo!
I tuoi antenati brigarono poi quasi fino alla fine del settecento per rivendersela, spogliata del titolo, ovviamente, e quando la casa regnante fu cacciata da Napoleone la Corte si rifugiò da noi, con le pezze nel deretano, rimanendoci, coccolata, servita e riverita, fino alla Restaurazione.
La domanda dunque è: con quale diritto voi (imprenditori ma spesso solo prenditori) che venite dal continente in Sardegna, dove potete sviluppare in tranquillità i vostri legittimi affari, potete permettervi di aggiungere alla critica, sia pure lecita, quel tanto di fastidioso, repulsivo, disgustoso e insopportabile disprezzo, che allude a una nostra presunta inferiorità antropologica?
Ci avete sconquassato i c……i con questa altezzosa prosopopea, questo tronfio, saccente e sprezzante pontificare, che non sopportiamo più, non perlomeno da gente che ha storicamente dominato, sfruttato e spremuto quest’Isola fino a farle uscire sangue; che ha favorito lo sviluppo industriale nei propri domini continentali ma non in Sardegna, preferendo tenerci nella condizione di povertà e sottosviluppo; che con la cosiddetta fusione perfetta del 1847 la casata piemontese ci propinò una fregatura perfetta, piuttosto, non riconoscendoci gli stessi diritti goduti dalle popolazioni continentali del Regno, compresa la questione plurisecolare dei trasporti, ancora irrisolta.
Non avete titolo per salire sul pulpito e farci le predichette ipocrite, scialbe e mollicce, delle quali non ci frega nulla. Se volete darci qualche consiglio fatelo con garbo e delicatezza, come si conviene alle persone bene educate, e non ripetetevi troppe volte: anche noi riusciamo a capire subito ciò che ci interessa, perlomeno con la stessa velocità di voi piemontesi, e dei milanesi, emiliani, romani e via elencando.
Caro Flavio, poiché quanto sopra è esattamente ciò che penso, credo sia impraticabile l’ipotesi di collaborazione che mi hai prospettato per l’Abi d’Oru: per fare cose insieme, infatti, oltre al business che stia in piedi ci vogliono anche affinità e sintonia personale, cose allo stato mancanti.
Ti saluto.

Sergio Zuncheddu

zuncheddu briatore - hotel-cala-di-volpe-costa-smeralda
Il nord-est della Sardegna – inizialmente organizzato per clienti di lusso, ma di fatto frequentato da un turismo di massa che non ha alcun interesse per il “territorio” che lo ospita – sta perdendo la sua fisionomia etnoculturale senza avere praticamente nulla in cambio. Occorre un’inversione di tendenza, non certo un ampliamento “cementizio” della ricettività.