In questi giorni all’appello lanciato da alcune organizzazione di solidarietà con il popolo curdo (Internationalist Commune, Women Defend Rojava, Rise Up 4 Rojava e Make Rojava Green Again) hanno aderito anche vari esponenti della sinistra indipendentista bretone.
Una solidarietà, quella bretone, rivolta non soltanto alla resistenza in Rojava ma a ogni parte del Kurdistan (nazione senza Stato, divisa tra ben quattro Stati) oppresso e martoriato. Nell’appello infatti si ricordava che il 15 giugno l’esercito turco aveva pesantemente bombardato Maxmur e Sengal (località situate appunto nel Basur, il Kurdistan del sud, “iracheno”) e che nei giorni successivi un attacco generalizzato aveva colpito vaste aree del Basur. Il 23 giugno era toccato al Rojava (territori curdi nel nord della Siria) subire l’ennesima aggressione turca. In prossimità di Kobane un drone aveva causato la morte di tre femministe curde del Kongra Star. Un altro drone invece aveva ucciso otto civili a Suleymaniya.
Ovviamente non finirà così. Vari osservatori ritengono che la Turchia sia in procinto di compiere ulteriori aggressioni e invasioni su larga scala contro il Rojava. Così come avvertiva recentemente Kino Gabriel (portavoce delle SDF, intervistato dall’agenzia ANHA) “l’esercito turco sta radunando altre truppe nelle aree che ha occupato nella Siria nord-orientale”.
Contro le brutali operazioni militari dell’esercito di Ankara – che oltretutto agisce anche al fuori dai confini turchi – varie iniziative e manifestazioni sono previste in alcune città europee nei giorni 18 e 19 luglio.
Quanto ai curdi residenti in Bretagna, negli ultimi giorni sono già scesi in strada varie volte contro le aggressioni turche e il colpevole silenzio-assenso di tante capitali europee. L’ultima loro manifestazione, per ora, risale al 3 luglio.