Nel 1071 l’esercito bizantino e i suoi mercenari si scontrarono con le forze del sultano turco selgiuchide Alp Arslan, subendo una disfatta totale nella battaglia di Manzikert.
L’altipiano dell’Anatolia è molto simile alla steppa eurasiatica da cui provengono le tribù nomadi turciche. Negli 80 anni successivi i nomadi migrarono in massa nel territorio romano-bizantino, lasciandosi alle spalle una scia di distruzione. Se un tempo nell’attuale Turchia i cristiani erano la maggioranza, oggi circa il 99% della popolazione è musulmana.
La maggior parte dei turchi moderni non si lascerebbe andare a simili livelli di brutalità, ma è indubbio che il loro governo non è stato da meno quanto a violenza contro le minoranze etniche e in nome del nazionalismo.
Dobbiamo permettere a questo Paese di aderire all’Unione Europea? Se ciò accadesse, l’immigrazione musulmana in Grecia e nel resto d’Europa, favorita dalla nostra denatalità, aumenterebbe notevolmente la percentuale islamica della popolazione. E, con il tempo, costoro finirebbero per diventare più numerosi dei nativi.
Abbiamo un esempio storico di questo processo nei cristiani copti d’Egitto. Ai tempi delle Crociate erano la maggioranza, mentre ora sono una minoranza disprezzata. Vogliamo finire così, sotto la minaccia dell’islamizzazione? Va sottolineato che i copti erano i nativi dell’Egitto, e furono conquistati dalle armate dell’Islam nel VII secolo. Costretti a sottomettersi alla legge islamica, la sharia, con il passare dei secoli moltissimi finirono per convertirsi.
Sotto la sharia, i non credenti che rifiutano di convertirsi finiscono uccisi o ridotti in schiavitù.
I cristiani copti erano costretti con la violenza a sottomettersi e pagare una tassa. Analogamente, con la forte riduzione del tasso di natalità, i greci potrebbero un giorno trovarsi in inferiorità numerica e nelle medesime condizioni dei copti. Con l’islamizzazione della Grecia, i musulmani potrebbero prendere rapidamente il potere senza sparare un colpo, basandosi solo sul loro numero. La storia si ripeterebbe, gli “infedeli” costretti a inchinarsi ai nuovi padroni o a subire persecuzioni.
I greci di tutto il mondo devono svegliarsi e, come afferma Michael Savage, lottare per difendere i loro confini, la loro lingua, la loro cultura. E non si tratta di un destino che incombe soltanto sui greci, ma anche sul resto d’Europa e del Nordamerica. Il Corano (9:73) non lascia dubbi sul ruolo dell’infedele sotto la legge islamica: “O Profeta, combatti i miscredenti e gli ipocriti, e sii severo con loro. Il loro rifugio sarà l’Inferno, qual triste rifugio!”

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La popolazione greca di Istanbul dal 1844 al 1997 e, in rosso, la sua percentuale sul totale. A partire dagli anni ’20, la comunità è stata perseguitata fino alla sparizione.

La persecuzione degli anni ’50

Un esempio storico di intolleranza islamica ammantata di nazionalismo fu l’espulsione dei greci da Istanbul e dalle isole di Imbros e Tenedos negli anni ’50. In quel periodo una bomba esplose all’interno del consolato turco a Salonicco, in Grecia. Il consolato si trovava vicino alla casa natale dell’eroe nazionale Kemal Ataturk, una sorta di sacrario per la maggior parte dei turchi.
False voci, alimentate dal governo turco, fecero credere che il luogo di nascita di Ataturk fosse rimasto distrutto dall’esplosione. Le autorità fecero arrivare migliaia di persone dall’Asia Minore e dalla Tracia per dare manforte alla distruzione della minoranza greca cristiana. I turchi, che quanto a nazionalismo non sono secondi a nessuno, arrivarono a Istanbul a ondate per distruggere chiese, ammazzare cristiani e violentare donne greche. Soltanto otto delle ottanta chiese greche rimasero inviolate. Ventinove furono rase al suolo. I turchi, con un atto disgustoso, attaccarono l’immenso cimitero dove sono sepolti i Patriarchi di Costantinopoli, spargendo le ossa per le vie.
Si calcola che circa 100.000 cittadini turchi abbiano partecipato alla strage dei greci e alla distruzione delle loro proprietà. Spero Vyronis, eminente studioso della storia bizantina e ottomana, descrive gli avvenimenti del 6 e 7 settembre 1955 come una tragedia che “ha spazzato via la comunità greca di Istanbul”. Il danno materiale fu enorme: 1.000 abitazioni demolite, da 4000 a 4500 negozi saccheggiati e distrutti, trenta uomini assassinati e duecento donne stuprate. Morte e distruzione ispirate tanto dalla religione quanto dal nazionalismo.
Per buona parte della storia turca, a cristiani ed ebrei è stato concesso di mantenere la propria fede, ma solo dietro pagamento di una cosiddetta tassa di protezione, e anche così sono sempre stati trattati come cittadini di seconda classe. Per i kafir, gli infedeli, nelle terre musulmane come la Turchia la cosiddetta tolleranza islamica è stata intollerabile! I kafir greci in Turchia smisero di pagare questa tassa di protezione, e ciò fu sufficiente a scatenare la persecuzione. Oltre a loro, le altre minoranze vulnerabili erano ebrei e armeni.

ImbrosTenedos

L’intolleranza della tolleranza

Un esempio della loro pretesa tolleranza è lo status di infedele, altrimenti detto dhimmi. La dhimmitudine si applica ai seguenti gruppi: cristiani, ebrei, sabei e zoroastriani. Secondo lo studioso Andrew Bostom, l’autore di The Legacy of Jihad, “i popoli del libro [inteso come Bibbia, quindi i cristiani e gli ebrei] possono rimanere nel territorio, ma in stato di sottomissione”. La dhimmitudine è oppressione e i dhimmi sono trattati come cittadini di seconda classe. A loro – soprattutto alle donne – sono stati negati la maggior parte dei diritti che in Occidente riteniamo scontati.
In Diritti dei non-musulmani in uno Stato islamico, Samuel Shahid ci dice che tale Stato si basa su un’ideologia che, intenzionalmente, discrimina gli individui in base alle loro convinzioni religiose. [Il resoconto di Shaid su questa infame ideologia si trova qui.]
Se non si batteranno per bloccare l’ingresso della Turchia nell’Unione europea, i greci potrebbero non solo diventare una minoranza nella propria terra, ma finire anche sotto l’imperio dei nuovi padroni maomettani. Prima o poi si troveranno ad affrontare la stessa sorte dei loro antenati dopo la battaglia di Manzikert, oltre 900 anni fa. È il momento, per loro e per gli altri europei, di prendere posizione e fermare l’islamizzazione. E questa non è islamofobia ma islamorealismo!
Spero Vyronis afferma: “Anche se il pogrom del settembre 1955 è avvenuto sessant’anni fa, la sua eredità è raccolta oggi da una più ampia rete di interessi regionali e internazionali. Questa rete è la chiave per comprendere alcuni aspetti di quanto sta avvenendo. La crescita militare della Turchia nell’ultimo mezzo secolo ne ha fatto un “violatore” sistematico, non solo dei diritti civili delle sue minoranze, ma della sua stessa maggioranza etnica”.
Ho insegnato in Turchia, e credo che la maggior parte dei musulmani che ho incontrato a Istanbul non arriverebbero a questi estremi, ma alcuni indubbiamente sì. E con il partito di Erdogan al potere, la storia può ripetersi. Se l’immigrazione musulmana – legale o illegale che sia – continuerà, ci troveremo tutti o dhimmi o rifugiati, in fuga dalle nostre terre natìe. Alla Turchia non deve essere permesso entrare nell’Unione Europea!