Ecco qualche curiosità dal Salone del Libro, che si è tenuto a Papeete dal 10 al 13 novembre 2016. Come ogni manifestazione polinesiana, è stata inframmezzata da musica e recitazione; ma non solo, le interessanti miniconferenze di Libor Prokop ci hanno aperto la strada verso la conoscenza di questa particolare cultura. Libor ha iniziato a suonare musica classica con pianoforte e chitarra sin dall’infanzia, prima di cimentarsi con le percussioni polinesiane. Ottimo musicista e musicologo, può dar vita a ogni percussione classica  (toere, tariparau, fa’akete, pahu, ihara…) ed è specializzato nel vivo, il flauto nasale. Profondo conoscitore della cultura polinesiana, ci ha condotto per mano nella nozione del tau, tempo.

Clement Pito con la sua voce possente (vedi il filmato più sotto) ha riportato alle sonorità del reo ma’ohi, la lingua polinesiana, in questa manifestazione dedicata agli autori autoctoni che, ahimè, scrivono quasi tutti in francese, declamando un brano dalla raccolta di poesie da lui composte, E tenana reo (“la lingua oggi”).

Last but not least, l’incontro con l’equipaggio della piroga doppia tradizionale che solca gli oceani senza l’ausilio di alcuno strumento: Fa’afaite, questo è il suo nome, fa parte di una flotta di nove piroghe sorelle sparse nel Moana Nui a Hiva – il grande oceano dei guerrieri anche conosciuto come il triangolo polinesiano – la prima delle quali è la famosa Houkulea, hawaiana, attualmente in navigazione per compiere il giro del mondo portando il messaggio: malama honua, abbi cura della terra.

Una delle presentazioni più efficaci è stata quella di Titaua Peu, con il suo libro Pina nel quale mette a fuoco, con una prosa particolarmente cruda e incisiva, come possa essere dura la vita anche in un’isola paradisiaca come Tahiti. Pina è una ragazzina che cresce in un quartieraccio, in una famiglia numerosa che presenta parecchie problematiche e deve sopravvivere a violenze di tutti i tipi: morali, affettive, sessuali, sociali, superare abbandoni, assenze, silenzi, paure, incesti, disprezzo, follia…
Questo libro è tristemente dedicato a Patrice Aka, la piccola di tre anni morta per le percosse della madre; il processo, a Parigi nell’anno 2000, aveva lasciato tutti senza fiato – la cancelliera compresa – per le ferite inflitte al povero corpicino.
Titaua Peu scrive per dare voce ai bambini che non hanno le parole per esprimersi, per dare voce a tutti quelli che non vengono ascoltati. La parte migliore di questa autrice è la speranza: i suoi personaggi, per quanto vivano in realtà difficili e grottesche, non smettono mai di lottare con tutte le loro forze per uscirne.

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Titaua Peu.

Il decano John Taroanui Doom, 80 anni, non ha potuto presentare personalmente il suo libro autobiografico, A he’e noa i te tau, Mémoires d’une vie partagée, per gravi problemi di salute.
Scritto per la sua famiglia, convinto a renderlo pubblico dall’editore, la vita di quest’uomo si confonde con gli avvenimenti e la storia della Polinesia francese, la sua genealogia, l’infanzia, gli studi, il suo primo lavoro nella coltivazione della perla nera di Tahiti… Il 2 luglio 1966 assisterà alla prima esplosione nucleare chiamata Aldébaran, da Mangareva (alle isole Gambier, non lontano da Mururoa, l’atollo dove sono avvenute la maggior parte delle 193 esplosioni) come giornalista ma anche interprete del generale Billotte, allora ministro della Francia. Ha viaggiato in tutto il mondo, incontrando personalità come Nelson Mandela, e i principali capi religiosi, grazie al suo ruolo di Segretario esecutivo per il Pacifico per la Chiesa protestante ma’ohi, la principale in Polinesia francese. Fondatore dell’Académie Tahitienne, per la difesa della lingua e della cultura, ci fa partecipi delle storie della sua famiglia, del suo matrimonio, finanche dei problemi avuti nel corso della sua vita di uomo illustre.

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John Taroanui Doom.

Una scrittrice autoctona degna di attenzione è Chantal Spitz, autrice di vari romanzi, primo a essere pubblicato nel 1991 L’île des rêves écrasés in cui affronta le problematiche legate alle esplosioni nucleari, facendo intravedere i cambiamenti profondi che queste porteranno nello sviluppo della società polinesiana. In Elles effettua un lavoro originale sulla forma della scrittura, concatenando le parole per la loro sonorità oltre al loro significato.
Chantal, con il suo parlare franco e corrosivo, lungi da ogni compromesso, con la sua voce libera e il suo pensiero originale, invita alla riflessione sulla cieca sublimazione del passato, che spingerebbe l’avvenire del popolo polinesiano in un ritorno ai tempi del mito, ovvero “…il rischio di soccombere alla mitizzazione delle origini con la celebrazione di radici immaginarie, l’esaltazione settaria della cultura tradizionale, il rischio di sostituire alla mitologia forgiata dai colonizzatori una contro-mitologia, un mito positivo che ci spinga verso la strada di una nuova non-identificazione” (dal suo discorso del 26 giugno 2008 pronunciato all’Assemblée de Polynésie).

Quanto alla poesia di Flora Aurima Devatine, nobile autrice della Polinesia francese, e la sua raccolta Au vent de la piroguière, ne ho già parlato in un precedente articolo.

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Flora Devatine.

Tra gli invitati di questo Salone del Libro, troviamo due scrittori stranieri, l’indonesiano Andrea Hirata e il professor Russel Soaba dalla Papuasia Nuova Guinea. Interessante vedere come la cultura possa unire: nonostante i conflitti tra questi due Paesi (da 50 anni l’Indonesia soffoca nel sangue i popoli papua nell’isola della Nuova Guinea, con un bilancio di 500.000 morti), i due anglofoni si sono immediatamente ritrovati in una complice amicizia letteraria.
Russel Soaba, nativo del villaggio di Tototo nella provincia di Milne Bay, insegna all’Università di Port Moresby, la capitale del Paese. Giovanissimo, ad appena 12 anni ha iniziato a riprendere gli inni che sentiva in chiesa, trasformandoli in poemi. A 16 anni il successo in Australia. Il suo obiettivo è accompagnare le tradizioni orali per inserirle nella vita moderna: miti, leggende, orazioni, storie, aneddoti, parabole sono abilmente mescolate nei suoi scritti per poter essere conosciute dalle future generazioni.
Il suo libro Maiba richiede una lettura attenta, e spesso la densità delle parole che ne compongono le pagine necessita di più letture per essere assorbita. La giovane Maiba, l’ultima di una dinastia di capi, incarna saggezza e buon senso circondata da una società instabile dove i ciarlatani rimpiazzano i saggi, la tradizione viene manipolata per avvantaggiare il potere e non il progresso. È il primo romanzo della Papuasia Nuova Guinea a essere tradotto in francese, probabilmente anche in italiano.
Andrea Hirata – con il suo libro The raimbow troops, tradotto in italiano con il titolo La scuola ai confini del mondo, oltre 600 pagine scritte di getto nella sua lingua madre indonesiana e tradotto in 45 lingue diverse – racconta la lotta di un gruppo di ragazzi che vogliono evitare che la scuola della loro remota isola venga chiusa. La loro insegnante ha appena 14 anni! Risultato della notorietà: la piccola Belitong ha iniziato a essere meta di turisti curiosi, spinti dalla bella storia di questo best-seller, e ha potuto svilupparsi, ricevendo impensabili comodità come l’energia elettrica e qualche strada asfaltata (e naturalmente la scuola non è stata chiusa). Interessante personaggio, Andrea scrive nel suo biglietto da visita: “so nice to be your friend”, sono contento di essere tuo amico!

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Andrea Hirata.

La Société des Études Océaniennes ha presentato alcuni dei suoi interessanti bollettini, dedicati a antropologia, etnografia, filosofia, scienze, archeologia, storia e costumi della Polinesia francese si ritrovano. Fondata il 1° gennaio 1917, è il punto di partenza per chi voglia compiere ricerche su questo Paese.

Presente anche “Littérama’ohi”, rivista letteraria semestrale, che ha come scopo la pubblicazione di autori autoctoni, per divulgare la varietà e la ricchezza di questa letteratura. Ospita autori di ieri, con Le grande pirogue sans balancier, traduzione in francese commentata e arricchita da articoli pertinenti del diario di George Robertson, ufficiale del capitano Wallis, il primo navigatore a essersi fermato nell’isola di Tahiti; e tanti autori di oggi e possibili autori di domani, come Pierrot Faraire, eclettico personaggio dell’isola di Rapa, arcipelago delle Australi, in cerca di un editore per gli scritti sulla sua infanzia.

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Pierrot Faraire.

 

La poesia E tenana reo, di Clement Pito


Oi vaivai ae o te ao, nunaa Ma’ohi tona Fenua,
Nuna Ma’ohi tona reo, nuna Ma’ohi tona ihotatau.
Inaa òe to tama, i tohia e te Fenua,
Iaha na hoi òe to reo i mitiairi ia òe?
Eaha teie ta òe e huna nei? Eaha ta òe huru e nei?
Eaha ta òe haama nei? Eaha ta òe faaturuma nei?
Eaha ta òe faataia nei? Eaha ta oe taponi nei?
Eaha ta òe tai nei?
Inaha hoi òe to tama i aupuruhia e te Fenua,
Te Fenua i rahuhia e Ta’aroa no òe ra.
To pito i topehia, to pufenua i hunahia,
Te ohi uru i tanuhia, to pumarae i ahuhia.
To oe ia ihotatau no te po roa mai, ta oe ia faufaa tumu,
To ihoma no to ihota’ata Ma’ohi
E ara ra ia oe i te hoahoa o te ihouira o te roro
A tuma, a ta aahia to iho, a aitau hoi oe i te iho o vera,
A mafera hoi oe i to ihotupu, a morohi hoi to ihotumu,
A riro te iho o vera ei faurao no oe,

E te tama e,
Atire, atire na.
I te turituri ua ravai tera, a tu mai, haeremai, haere maira,
A vaipihapiha, ea miri to tino, i te noanoa o te mono’i toromeho.
Ia hau te papa o to vaerua, ia hi hee faahou
Te toto mai to oe nini e i raro ae to tapuae vaevae
E ia tu aroaro mai oe mua i to Fenua
I hii e i tapahii ia oe ei Tamatoa no te Fenua
E te tama e noho mai, tipapa mai
Eie au to Fenua e Tarava atu nei no oe.
A mau, a mau tutuaau i to hotumu.
Te ohi uru i tanuhia no oe, ua ohi e fa
Eere i te hotu nei ua tauperetau noa te maa,
Eita e urumaa i te amu.
Ia mehara ra oe, eere oe i te hotu paniu,
Eere oe i te tipara, eere oe i te aihamu.
E fanaua unauna oe na tetumu.
E reo to oe a parau, a papai, a taio, a pehe
A hura, a otea, a patau, a faateni, a faatara,
A tarava ia otui, ia hopuna, ia vaipue to aau.
Ia tainanu to vairua i te here maamaa o te Fenua
Ia taiharuru, ia tavevovevo, e ia pina’ina’i
Tena na reo no oe o ta te tumunui i rahu no oe ra.
E te tama e,
Vau nei neia to Fenua, e onoono atu nei ia oe,
A mau, amautori i to reo,
I to reo na ta’ata hia ai oe, i to reo na to teoteo raa ia
I to reo na to turaraaia, i to reo na to hanahanaraa
I to reo na to oaoaraa ia, e i to reo na i nino i to taura pito o Fenua,
I Ma’ohi ai oe e ta’ata tiama oe e reo to oe,
E ore e mate, mure noa atu to aho, a tau, a tini noa atu o te ui Ma’ohi.
E ta’ata tama oe,
E reo to oe,

Te pouohu [Il fosso], 5-3-2016

 

La lingua oggi

Al primo splendore dell’alba, il popolo Ma’ohi aveva la propria terra,
Il popolo Ma’ohi aveva la propria lingua, il popolo Ma’ohi aveva la propria identità.
Ecco figlio mio, sei nato da questa terra,
Cosa hai fatto della lingua che ti ha nutrito?
Cosa nascondi? Cosa ti turba?
Di cosa hai vergogna? Perché sei così pensieroso?
Di cosa hai paura? Perché fuggi?
Perché piangi?
Figlio eccoti di nuovo, questa terra ti ama,
Il dioTa’aroa ha creato questa terra per te.
Il tuo cordone ombelicale è stato reciso, la tua placenta interrata,
L’albero del pane piantato, il marae (luogo di culto) familiare edificato per te.
Tutto questo è il tuo patrimonio, dalla notte dei tempi
Tutto questo rappresenta la tua ricchezza,
Tutto questo è buono per i Ma’ohi.
Fai attenzione agli effetti delle nuove tecnologie,
Ti annienteranno, ti sradicheranno, ti porteranno in un mondo straniero.
Tutta questa conoscenza arrivata da lontano ti spoglierà,
Le tradizioni spariranno, la cultura straniera (vera) ti dominerà.
O figlio,
Basta, smettila.
Non essere sordo levati, vieni, avvicinati.
Ti preparerò un bagno caldo con foglie macerate, ti massaggerò i corpo con il monohi al toromeho (Fichtia tahitensis).
Perché la tua anima sia in pace,
perché il sangue circoli ancora dalla tua testa alla pianta dei tuoi piedi (il massaggio comincia dalla testa per impregnarsi dell’aroma, facendo colare l’olio profumato sul corpo fino ai piedi)
Dopo questo lungo massaggio devi ritrovarti davanti alla tua terra,
La terra che ti ama affinché tu sia un guerriero.
Resta, sdraiati (ventre a terra con le braccia aperte, per abbracciarla)
Ecco la tua terra che si estende davanti a te.
Tieni, tieni con forza, aggrappati alla tua cultura.
I frutti della pianta di uru che piantata per te sono abbondanti, infiniti
E non si riesce a consumare i grappoli di frutta,
La pianta è generosa.
Ricordati, non sei un hotu painu (noce di cocco alla deriva),
Ricordati, non sei un vagabondo, né un mendicante
Tu sei il figlio glorioso di questo paese.
Hai una lingua, parlala, scrivila, leggila, cantala,
ballala, lodala, supplicala, declamala
così il tarava (nome di canto) farà vibrare, ribollire, strabordare le tue viscere.
Che la tua anima si levi per l’amore della tua terra.
Che il grande mondo dell’eco risuoni,
che risuoni questa lingua che il dio ha creato per te.
Figlio mio,
sono la tua terra, preservami.
Sarai riconosciuto, rispettato, onorato per la tua lingua,
Per la tua lingua sarai un uomo, per la tua lingua sarai consacrato
Per la tua lingua sarai rispettato, per la tua lingua sarai glorioso
Per la tua lingua sarai felice, e per la tua lingua sarai legato a questa terra,
Che farà di te un Ma’ohi.
Tu sei libero, tu hai una lingua che non ti tradirà mai, finché vivrà.
Non avrà mai fine, anche quando il tuo respiro si arresterà,
La fiertà di essere <a’ohi continuerà nei secoli.
Sei fecondo, hai la tua lingua.
Non avrà mai fine, anche quando il tuo respiro si arresterà.