Continua la persecuzione in Nagorno-Karabakh

Gli armeni del Nagorno-Karabakh ormai sono presi per fame. Si può già parlare di genocidio o dobbiamo aspettare qualche migliaio di morti per inedia?
L’evidente, colpevole, latitanza della Russia (storicamente “protettrice “ della piccola Armenia) sulla questione del Nagorno-Karabakh sembrava aver lasciato campo aperto all’intervento pacificatore, o perlomeno a un tentativo di mediazione, di Unione Europea e Stati Uniti.
Ma l’irrisolta questione del Corridoio di Lachin (unico corridoio tra Armenia e Nagorno-Karabakh) sta portando fatalmente al nulla di fatto. E intanto per gli armeni del Nagorno-Karabakh la situazione è in netto peggioramento.
Chi in questi giorni ha potuto percorrere le strade di Stepanakert parla di lunghe file di persone che, dopo ore di attesa, ottengono letteralmente un tozzo di pane. Per non parlare di quanti crollano – sempre letteralmente – a terra a causa della fame. Sarebbero circa 120mila le persone colpite dall’isolamento totale e dalla conseguente crisi umanitaria, a livello sanitario e alimentare.

Senza dimenticare che, ovviamente, l’Azerbaigian da tempo ha provveduto a interrompere il rifornimento di gas. Difficoltoso, in netto calo, anche quelli di energia elettrica e di acqua. A rischio le riserve idriche con tutte le prevedibili conseguenze.
Quanto all’alimentazione ormai siamo ridotti alle ultime scorte di pane e angurie. Il peggioramento si è andato accentuando da quando viene impedito con posti di blocco installati illegalmente dall’Azerbaigian l’accesso anche alla Croce Rossa e alle truppe russe di interposizione, che comunque finora avevano rifornito di cibo, oltre che di medicinali, la popolazione armena. Bloccato da circa un mese alla frontiera anche un convoglio di aiuti umanitari (oltre una ventina di camion) inviato da Erevan.
In pratica, un grande campo di concentramento.
Siamo al punto che circa venti giorni fa un cittadino armeno gravemente ammalato, mentre veniva trasportato dalla Croce Rossa in un ospedale dell’Armenia (e quindi sotto protezione umanitaria internazionale), veniva sequestrato, privato del passaporto, sottoposto a interrogatorio e spedito a Baku dove – pare – verrà anche processato per eventi risalenti al primo conflitto scoppiato in Nagorno-Karabakh (anni novanta) a causa dell’invasione azera.
Finora ogni appello rivolto alle autorità e organizzazioni internazionali (Unione Europea, Consiglio di Sicurezza dell’onu, Russia, Gruppo di Minsk…) è rimasto di fatto inascoltato.
Con un preciso riferimento al blocco del Corridoio di Lachin operato dall’Azerbaigian, un ex esponente della Corte Penale Internazionale, l’avvocato argentino Luis Moreno Ocampo, ha espressamente evocato un possibile genocidio. Ma la sua, almeno finora, sembra essere la classica “voce che grida nel deserto”. Quello dell’informazione almeno.