Nel panorama autonomistico sudtirolese, oltre alla SVP, che rappresenta oltre il 90% della popolazione di lingua tedesca e ladina e a cui va il merito storico, da tutti riconosciuto, di aver arrestato il processo di colonizzazione e di italianizzazione e di aver ridato unità, dignità e forza al popolo sudtirolese, opera da qualche tempo una piccola ma combattiva formazione politica, l’‘‘Heimatbund”, che intende rimettere totalmente in discussione la legittimità della sovranità italiana nella regione. Qui di seguito intervistiamo Eva Klotz, instancabile, determinata, affascinante animatrice di questo movimento.

Negli ultimi anni la questione sudtirolese è tornata alla ribalta, e non solo a livello di cronaca1, ma anche come oggetto di studi più approfonditi. Naturalmente rimane ancora molto da fare in un campo dove la disinformazione e la distorsione della realtà locale hanno provocato seri danni, primo fra tutti l’atteggiamento dell’uomo della strada, che tende a liquidare il problema con superficialità: “Ma insomma, cos’altro vogliono questi Altoatesini? Hanno già l’autonomia…”. La realtà, ovviamente, è molto più complessa. Per una conoscenza più completa, ci è sembrato opportuno incontrare la dottoressa Eva Klotz, la principale esponente del “Südtiroler Heimatbund”, il movimento che da vari anni si batte per l’autodeterminazione del popolo sudtirolese. Consigliere provinciale dal 1983, Eva Klotz è una donna cortese e dolcissima. Parla con voce bassa, ma molto chiara, in un italiano quasi perfetto, profondamente convinta di tutto quello che dice.

Dottoressa Klotz, come è nato il “Südtiroler Heimatbund”?

L’organizzazione è stata fondata nel 1974, per aiutare gli ex-detenuti politici sudtirolesi a reinserirsi nella società, cercando di sopperire alle loro difficoltà morali e materiali. Successivamente, si è trasformata in movimento politico, al quale hanno aderito molti Sudtirolesi delle più diverse tendenze 2.

La stampa italiana etichetta sempre il SHB come movimento “di destra”. Ciò corrisponde alla realtà?

Rifiutiamo di essere catalogati a “destra” o a “sinistra”, perché le categorie politiche tradizionali non ci interessano3; in ogni caso, ogni richiesta di autodeterminazione di un popolo è di sua natura una posizione avanzata e progressista.

Quali sono, allora, le vostre idee ed i vostri obiettivi?

Il nostro obiettivo è innanzitutto l’autodeterminazione, che già due volte4 è stata negata al popolo del Sudtirolo. Si tratta di un diritto che spetta ad ogni popolo, sancito peraltro dall’ONU, dalla Conferenza di Helsinki ed anche dallo Stato italiano (con la legge 881 del 1977). Noi basiamo, quindi, le nostre richieste su questi fondamenti legali.

Come pensa di realizzare questo ambizioso obiettivo?

Siamo dei convinti democratici, ed il diritto di autodeterminazione è prima di tutto un diritto democratico. Lo strumento di cui vogliamo servirci è il referendum. Si tratterebbe di scegliere fra tre possibilità: restare con l’Italia, riunirsi all’Austria o formare un Freistaat Südtirol (Stato libero sudtirolese). Ma la riunione con l’Austria è assai difficile, perché questo paese è vincolato dai confini fissati nel 1955 (Oesterreichischer Staatsvertrag). La nostra proposta, il Freistaat Südtirol, prevede la creazione di uno Stato libero e neutrale sul tipo del Lussemburgo e del Liechtenstein.

Pensa che uno Stato sudtirolese potrebbe vivere da solo?

Sicuramente. Abbiamo studiato il problema in ogni suo aspetto, e siamo giunti alla conclusione che un Sudtirolo libero e neutrale potrebbe essere del tutto autosufficiente.

Tornando per un attimo al referendum, come crede che sia possibile arrivarci?

È chiaro che non potremo arrivarci senza aver prima convinto la maggioranza dei Sudtirolesi. Ma io sono ottimista, e credo che, se ci organizzeremo adeguatamente, riusciremo a trovare le firme e il consenso necessario. Vede, oltretutto il referendum è importante perché già tanti giovani sudtirolesi soffrono una crisi d’identità, e noi dobbiamo reagire a questo fenomeno negativo.

A proposito della SVP, quali sono i punti di disaccordo con essa?

Soprattutto l’avere per ora accantonato la richiesta dell’autodeterminazione5, oggi diventata un diritto riconosciuto dall’ONU.

Dottoressa Klotz, che cosa pensa della “Lista Alternativa”, che vi accusa di alimentare lo scontro etnico fra Italiani e Tedeschi?

Fra noi e gli “Alternativi”6 esiste una profonda differenza. Mentre loro vogliono la convivenza pacifica a tutti i costi, nel senso di “mescolanza”, noi siamo anzitutto Tirolesi, e non abbiamo niente contro gli Italiani finché non vogliono rubarci la nostra patria. Anche noi, come loro, vogliamo un altro Sudtirolo, ma dopo il referendum e non prima come gli “Alternativi”. Volerlo prima porta, magari involontariamente, ma inevitabilmente, allo stesso obiettivo del MSI: l’assimilazione.

Il SHB ha dei contatti con altre forze politiche?

Certo. Anzitutto con gruppi federalisti come “Europa-Union Tirol”, che insieme noi e ad altri ha appoggiato la lista Wahlverband der Südtiroler per le elezioni politiche del 19847. Siamo poi in ottimi rapporti con la Liga Veneta e con altri movimenti regionalisti (valdostani, lombardi, piemontesi, triestini, sardi). Ma, soprattutto, ci preme mantenere contatti con studiosi come Guy Héraud, Theodor Veiter, Otto Kimminich8 e altri esperti di diritti dei popoli, che si sono dimostrati sensibili alle nostre rivendicazioni.

Avete dei rapporti con i Ladini?

Certo, siamo in buoni rapporti con loro. Penso che il referendum dovrebbe permettere loro di scegliere dove stare, magari riuniti e non divisi fra Sudtirolo, Trentino e Veneto come sono ora.

Che cosa pensa dei Palestinesi e degli Irlandesi?

Si tratta senz’altro di cause giuste, ma che purtroppo vengono portate avanti con metodi sbagliati che nascono dalla disperazione. Ma spesso la colpa è di quegli Stati che parlano tanto di diritti umani, senza poi agire di conseguenza. Colgo l’occasione per sottolineare che noi dell’Heimatbund intendiamo servirci soltanto di mezzi legali; non importa se dovremo attendere un poco più a lungo per realizzare la nostra aspirazione primaria, che è quella di uscire dalla sovranità italiana.

E del provvedimento di Craxi che impone l’esposizione del “tricolore” anche durante le sedute dei consigli comunali?

Costringere a ciò popoli non italiani, come il nostro, è una provocazione che serve solo ad umiliarci ulteriormente, soffocando la nostra identità. Tutto questo dimostra che lo Stato italiano non solo non riesce a capire la nostra situazione, ma vuole deliberatamente aggravare la tensione. Cos’altro ci possiamo aspettare in futuro, se prosegue in questa linea di continue offese? Altro che “pacifica convivenza”…! Forse, a questo proposito sarebbe proprio giusta e opportuna la disobbedienza civile. Vorrei sapere che cosa avverrebbe se non osservassimo questa rozza disposizione…

Qual è la situazione attuale della toponomastica in Sudtirolo?

Le prospettive non sono molto buone: il governo italiano non sembra intenzionato neanche a limitare l’eredità dell’opera fascista di Ettore Tolomei, eredità incredibilmente fatta propria anche dai settori dichiaratamente antifascisti della partitocrazia italiana. La stessa incertezza vale anche per il problema dell’uso del tedesco nei tribunali.

Quasi tutta la stampa italiana negli ultimi mesi si è scagliata con incredibile violenza contro le rivendicazioni sudtirolesi. Qual è la sua valutazione di questo comportamento?

Si tratta di una vera e propria campagna di denigrazione e di razzismo antitedesco. È una battaglia ben precisa con obiettivi predeterminati: vogliono metterci nella posizione di doverci difendere continuamente, in modo da arretrare sempre di più il nostro livello di richieste, per costringerci a una battaglia di mera sopravvivenza.

Il suo nome non può non richiamare alla memoria di tutti la figura di suo padre, Georg Klotz, dal suo popolo considerato un patriota, dalla cultura italianista liquidato sbrigativamente come “terrorista”. Quali erano i suoi ideali e i suoi obiettivi?

Chiunque lotti disinteressatamente per la propria patria deve essere considerato un patriota. Riguardo alle accuse di terrorismo, è doveroso ricordare che le azioni di mio padre furono dirette sempre e solo contro le cose, mai contro le persone: ben differenti, quindi, dall’odierno terrorismo in Italia e nel mondo. Dopo la seconda guerra mondiale, mio padre si impegnò per una soluzione pacifica, che restituisse al Sud-tirolo la sua libertà. Si adoperò attivamente anche per la ricostituzione e la riorganizzazione degli Schützen, il leggendario corpo dei nostri “difensori della patria”, che ebbero il loro battesimo storico al tempo di Andreas Hofer, opponendosi all’occupazione napoleonica. Negli anni ’60, prese parte alla battaglia per la liberazione del Tirolo, insieme con Amplatz, Kerschbaumer, Jörg Pircher. Dopo il drammatico agguato di Unterberg, nello Stubaital, del 7 settembre ’64, per non farsi catturare, gravemente ferito, si rifugiò in Austria, dove morì il 24 gennaio 1976 di embolia polmonare, in conseguenza delle lesioni riportate nell’imboscata. Da lì si era adoperato per aiutare i compagni catturati e aveva lottato fino alla fine, sacrificando la vita familiare e i suoi beni, senza più poter rivedere la sua terra, non risparmiando nessuna energia per il suo ideale: la riunificazione del Sudtirolo all’Austria. Era nato il giorno del trattato di Saint-Germain, l’11 settembre 1919, a Walten Passeier.

Dottoressa Klotz, vorrei concludere con un accenno al corteo organizzato ad Innsbruck due anni fa9. La stampa “tricolore” lo ha definito “anacronistico”; lei cosa ne pensa?

C’ero anch’io ad Innsbruck, e devo dire che fu una manifestazione bellissima, tutt’altro che anacronistica. Vorrei dire anche una cosa a proposito della famosa corona di spine portata dagli Schützen: io le spine le sento dentro, ogni giorno, quando vado in un ufficio pubblico e mi sento dire in tono altezzoso: “Se non parla italiano, non le rispondiamo”. In fondo, come lei avrà certamente capito, il nostro destino è questo: batterci tutta la vita per dei diritti che altrove sono ovvi.

Note

1Si vedano, ad esempio, gli articoli di Toni Visentini, Alto Adige anni Sessanta, in “La Repubblica” del 14.9.84; Mario Picchi, Fra due patrie, in “L’Espresso” del 3.2.85; Franco Giustolisi, 2001, Odissea in Alto Adige, in “L’Espresso” del 2.6.85; le interviste rilasciate dalla Dr. Klotz alle riviste tedesche “Neue Zeit”, n. 4/85, intitolata Da sieht man eine selbstzerstörung, e “Nation Europa”, che dedicava quel numero al tema Europas Volksgruppen und Minderheiten, parlando anche di Sloveni, Alsaziani, Irlandesi e altri; l’acrimonioso articolo di Antonio Padalino, Plastico, dolce plastico, in “Panorama” del 27.4.86.

2 Il “Südtiroler Heimatbund” ha attualmente circa 4000 iscritti, ma anche molti simpatizzanti.

3 La Dr. Klotz stessa si è espressa a proposito di questo nell’articolo Was heisst da konservativ?, in “Heimatbote” n. 12, dicembre 1985.

4 Dopo i due conflitti mondiali.

5 I1 programma della SVP, fondata l’8 maggio 1945 da Erich Amonn, prevede il ricorso al diritto di autodeterminazione, che venne negato dalle potenze vincitrici della Seconda Guerra Mondiale.

6 Si tratta della “Lista Alternativa per un altro Sudtirolo”, ideologicamente vicina ai “Verdi” tedeschi. Fra i suoi principali esponenti, Alexander Langer e, fino a due anni fa, l’alpinista Messner. 7 Questa lista comprendeva il Südtiroler Heimatbund, il PDU (Partito degli Indipendenti),

i federalisti di Europa-Union Tirol ed appartenenti allo Schützenbewegung. Ha ottenuto circa 12.000 voti, mancando di poco il cinque per cento.

81I professor Otto Kimminich, dell’Università di Regensburg, ha tenuto una conferenza a Bozen,

il 21 marzo scorso, sul tema Selbstbestimmung der Völker (L’autodeterminazione dei popoli).

9 I1 9 settembre 1984, ad Innsbruck, si è tenuta una grande manifestazione pan-tirolese per celebrare il 175° anniversario della vittoria di Andreas Hofer contro l’esercito napoleonico. In quell’occasione, la compagnia degli Schützen di Lana ha portato a braccia una grande corona di spine, a simboleggiare il dolore del Tirolo diviso.