Christine Tasin
15 ottobre 2013: Christine Tasin mentre si rende colpevole di “suscitare il rifiuto dei musulmani”.

La Francia è attualmente un Paese in cui le osservazioni critiche sull’Islam sono sistematicamente bandite dai media più importanti e dove ogni frase negativa sulla religione musulmana comporta multe, risarcimenti di danni e censura.
È anche un paese dove le cosiddette organizzazioni “antirazziste”, fortemente sovvenzionate dal governo, lottano prevalentemente contro un solo “razzismo”: l’islamofobia. Vocaboli come “islamismo” o “Islam radicale” sono scomparsi dal vocabolario dei giornalisti e dei politici per essere rimpiazzati da termini vaghi come “radicalismo” ed “estremismo”.
Le uniche persone a cui è apparentemente permesso di parlare liberamente di Islam al grande pubblico lo descrivono come fosse una religione di pace e di amore infinito.
Prendiamo a esempio il recente caso di Christine Tasin, uno dei membri fondatori dell’organizzazione Riposte Laïque.
Il 15 ottobre 2013, la Tasin si recò a Belfort per un video-reportage su un macello installato appositamente per la festa musulmana di Eid el-Ahda che commemora l’obbedienza di Abramo ad Allah nell’offrire in sacrificio il suo unico figlio. Al suo arrivo al macello, il responsabile del sito le chiese di andarsene. L’uomo le disse che era una “razzista islamofoba”. E lei gli rispose che in effetti lo era. Islamofoba ma non razzista, e aggiunse che “l’Islam è spazzatura”. Lo scambio di battute fu filmato e le associazioni musulmane sporsero denuncia contro di lei. Il 9 agosto 2014, un tribunale dichiarò la Tasin colpevole di aver fatto “dichiarazioni tali da suscitare il rifiuto degli islamici” condannandola alla pesante sanzione pecuniaria di 3000 euro. La reporter reagì accusando la corte di aver agito come “un tribunale islamico” e di aver mostrato “sottomissione alla Sharia”, dopodiché impugnò la sentenza. Il giudizio di appello, celebrato il 18 dicembre scorso, ha annullato la sentenza di primo grado e tutte le accuse contro Christine Tasin sono cadute. Lo stesso giorno è stata archiviata una causa contro Marine Le Pen, presidente del Front National, finita sotto processo per le dichiarazioni da lei rilasciate nel 2010 in merito alla “occupazione” delle strade francesi con raduni illegali di preghiere musulmane.
Qualcuno potrebbe pensare che queste due decisioni rappresentino segnali incoraggianti, a dimostrazione che la giustizia francese non è del tutto imbavagliata e che alcuni magistrati mantengono ancora un minimo di indipendenza.

Repressione fascista

Ma uno sguardo più ampio invita alla prudenza. Nei mesi precedenti, molti francesi che hanno criticato pubblicamente l’Islam e le sue conseguenze sono stati severamente condannati dal sistema giudiziario.
Il 5 giugno 2014, Pierre Cassen e Pascal Hillout, altri due membri di Riposte Laïque, sono stati condannati al pagamento di una multa molto salata di 21.200 euro per aver scritto che “le preghiere in strada, il velo islamico e le moschee” sono “simboli dell’occupazione e della conquista”.
Il 10 aprile, lo scrittore Renaud Camus ha dovuto pagare un’ammenda di 4000 euro per aver affermato nel 2010 che la cultura musulmana sta lentamente “rimpiazzando” la cultura francese.
Tre anni prima, nel febbraio 2011, lo scrittore e giornalista politico Eric Zemmour era stato condannato al pagamento di una multa di 1000 euro e al versamento di 10.000 euro a varie associazioni e gruppi: aveva dichiarato in un talk show che “la maggioranza degli spacciatori di droga in Francia sono neri e arabi”. I magistrati considerarono queste parole “un’istigazione alla discriminazione razziale”.
Zemmour sta attualmente affrontando una tempesta mediatica a causa di un’intervista rilasciata al “Corriere della Sera”, in cui notava che “i musulmani hanno un loro codice civile che è il Corano” e vivono “in quartieri che i francesi stanno gradualmente abbandonando”. Zemmour ha aggiunto che la Francia rischia “il caos e la guerra civile” e che i maomettani potrebbero doversene andare. Nel suo articolo, il giornalista italiano ha usato il termine “deportati”. Zemmour in realtà non lo ha utilizzato, ma è stato accusato di averlo fatto.
Sono state innumerevoli le denunce fioccate contro di lui. Le principali organizzazioni “antirazziste” francesi hanno invitato i suoi datori di lavoro a licenziarlo. Uno di questi, la I-Télé (canale televisivo di informazione non stop) non se l’è fatto ripetere due volte.
Il ministro degli Interni, Bernard Cazeneuve, ha invitato a organizzare manifestazioni di protesta contro Zemmour: è la prima volta nella storia della Francia moderna che un titolare del dicastero degli Interni invoca pubblicamente proteste di piazza contro un giornalista.
Di fronte a continue denunce e attacchi, nel marzo 2013 Riposte Laïque decise di trasferire le sue operazioni e il sito web in Svizzera, dove le leggi sono meno severe e i magistrati meno politicizzati rispetto alla Francia.
La Francia resta comunque il Paese in cui sono nati e cresciuti due autori dei peggiori attacchi terroristici antisemiti commessi in nome dell’Islam radicale sul suolo europeo. Stiamo parlando di Mohamed Merah, che nel marzo 2012 uccise tre bambini ebrei e un rabbino in una scuola di Tolosa, e di Mehdi Nemmouche, che nel maggio 2014 assassinò quattro persone nel Jewish Museum di Bruxelles.
La Francia è anche il principale fornitore europeo di reclute jihadiste per lo Stato Islamico. Oltre un migliaio di cittadini francesi stanno combattendo in Siria e in Iraq. Due di loro compaiono nel video della decapitazione di Peter Kassig.
I sondaggi mostrano che sempre più cittadini francesi si preoccupano per la crescente percentuale di islamici non integrati presenti nel paese, per l’espansione illimitata di zone off limits, per il crescente numero di convertiti all’Islam e per la “sostituzione” del popolo francese.
Christine Tasin, Pierre Cassen, Pascal Hillout, Renaud Camus e Eric Zemmour dichiarano ad alta voce ciò che migliaia di persone pensano ma non osano dire.
L’accanimento giudiziario sta aggravando la frustrazione e inducendo molti a credere che i media più importanti e i leader dei maggiori partiti tradizionali mentano sui fatti e nascondano la verità.
Il Front National è ora il primo partito politico della Francia. Marine Le Pen è attualmente in testa nei sondaggi per le elezioni presidenziali del 2017. La sua vittoria è improbabile, ma non è più impossibile. Il “rischio di caos e guerra civile”, evocato da Eric Zemmour, è in costante crescita.

L’ideologia diventa disturbo mentale

Il 20 dicembre, Bertrand “Bilal” Nzohabonayo è entrato in una stazione di polizia a Joué-les-Tours, nella Valle della Loira, e, al grido di “Allahu Akbar” (Allah è grande), ha ferito a coltellate tre poliziotti. Poi è stato ucciso. La polizia e i media hanno subito dichiarato che non si trattava di un islamista bensì di uno “squilibrato”, anche se in seguito hanno ammesso che l’uomo sembrava essere un sostenitore dello Stato islamico.
Il 21 dicembre, un altro soggetto (ancora non identificato), anch’egli al grido di “Allahu Akbar”, si è lanciato con la sua auto su una folla di persone per poi essere catturato dalle forze dell’ordine. Pure in questo caso, la polizia e i media hanno detto che si trattava di uno “squilibrato”, ma poi hanno ammesso che aveva legami familiari in Nord Africa.
Il 22 dicembre, un terzo uomo, sempre strillando “Allahu Akbar”, alla guida di un furgone è piombato su un mercatino natalizio a Nantes. Poi si è accoltellato e ora è in ospedale. La polizia e i media hanno confermato che l’uomo “soffre di disturbi mentali”. Sarà ricoverato in un manicomio.
Nessuno sa quanti “squilibrati” siano pronti ad agire in Francia urlando che Allah è grande. Secondo i sindacati di polizia, se troppi “malati di mente” decidessero di agire, le forze dell’ordine non sarebbero in grado di proteggere la popolazione. E hanno anche aggiunto che non ci sarebbero abbastanza poliziotti per proteggere i colleghi dagli attacchi.
Il premier francese Manuel Valls ha dichiarato: “Non abbiamo mai dovuto affrontare un pericolo del genere”. Ma non ha specificato il pericolo. Egli ha deciso di inviare un migliaio di soldati a pattugliare le strade. Non ha però detto se essi dovranno combattere i disturbi mentali.
Il 23 dicembre, un quarto uomo, ancora al grido di “Allahu Akbar”, è stato arrestato per “comportamento violento” nella città di Le Mans. Ovviamente è stato mandato direttamente da uno psichiatra. Si tratta di uno “squilibrato”. E stranamente le autorità hanno detto che l’uomo potrebbe essere “contagioso”.

NOTA

Qui si parla di islam e disturbi psichiatrici.

 

traduzione di Angelita La Spada