Sono Elena Morgana C. e studio storia dell’arte all’università di Torino. Sto scrivendo la mia tesi sulla cristianizzazione dell’Inghilterra e leggendo l’articolo di Maurizio Karra L’affascinante stratigrafia della religiosità bretone ho trovato dei passaggi molto interessanti, ma sui quali avrei dei quesiti. Per esempio:

La funzione di tutti questi santi locali, e persino il loro nome, sono spesso noti in un territorio davvero circoscritto, come le divinità locali del paganesimo bretone che in tal modo secondo alcuni avrebbero continuato a essere venerate sotto forma di santi della nuova religione, generando di fatto una situazione per la quale il politeismo sarebbe riuscito a sopravvivere mutando solo formalmente d’aspetto.
Alcuni di essi, secondo le leggende trasmesse oralmente, erano certamente dei pagani cristianizzati; altri corrispondevano ai nobili della Britannia d’oltremanica costretti a fuggire dagli eserciti invasori di angli e sassoni, che come capi religiosi o civili avevano guidato le emigrazioni del popolo della Cornovaglia o del Galles verso il continente. C’è chi ha fatto una lista di queste figure, arrivando a contare quasi novecento santi bretoni, dei quali solo pochissimi hanno reale notorietà, laddove la maggioranza non è conosciuta neppure oltre il raggio di pochi chilometri dal villaggio di cui è magari il personaggio è protettore (o meglio, santo patrono).
Quanto alle notizie sulle loro vite, sono in ogni caso alquanto scarse, il più delle volte avvolte nella leggenda.

L’argomento che tratta il parallelismo tra santi e divinità pagane in Inghilterra mi interessa molto, per cui volevo chiedervi se conosceste delle fonti alle quali attingere.
Elena Morgana C.


Risponde Maurizio Karra.

Replico volentieri al quesito postoci dalla signora Elena Morgana, ringraziandola innanzi tutto per l’attenzione e l’interesse evidenziato nella lettura del mio articolo sul popolo e sulla religiosità bretone, anche se la risposta che qui di seguito proverò a formulare non può essere così semplice e sintetica, ma merita alcuni doverosi approfondimenti che spero risultino comunque utili alla laureanda per la redazione della sua tesi.
Innanzi tutto dobbiamo partire da un dato specifico, il processo di santificazione nell’àmbito del cristianesimo e della Chiesa delle origini, che ha avuto inizio alla fine del IV secolo, soprattutto sotto la spinta teologica di due figure estremamente importanti come sant’Ambrogio e sant’Agostino.
Ma l’estrema variabilità culturale e politica dei contesti dell’Europa e del Mediterraneo dove si andava sviluppando la prima evangelizzazione, emersa già nell’ultimo periodo dell’Impero Romano e dovuta già alle spinte centrifughe dei vari popoli che si trovavano all’interno dei confini della romanità, incise profondamente sulla dottrina locale e su quello che sarebbe pian piano diventato il “culto dei santi”, quanto meno nella sua dimensione e nella sua accezione ufficiale.
Se ciò già non bastasse dobbiamo evidenziare anche l’ulteriore aggravante di tutte le problematiche connesse ai tempi necessari per percorrere le distanze fra i vari territori del mondo via via cristianizzato e le conseguenze d’ordine dottrinale che tali distanze comportavano fra la centralità romana del Papato (e le scelte teologiche che da qui si diramavano verso le periferie) e le figure dei vescovi, dei presbìteri e soprattutto dei monaci che poi localmente rappresentavano lo stesso cristianesimo, interpretando anche in modo diverso le stesse direttive romane; tali figure rappresentavano davvero la Chiesa con ampi poteri localmente ed erano chiamate a loro volta a evangelizzare i popoli locali e quelli vicini al fine di allargare la sfera d’influenza del nuovo culto rispetto alla persistenza, talora anche violenta, dei rituali e delle figure sacerdotali (oltre che delle popolazioni) che rimanevano legate al paganesimo e ai culti ancestrali locali.
Una delle novità introdotte dal cristianesimo rispetto alla tradizione pagana (ma anche a quella ebraica del tempo, quando parliamo dei territori della vicina Africa e del vicino Oriente) fu quella dei miracoli, cioè dei prodigi che determinate persone erano in grado di compiere nell’interesse generale o di specifiche persone. I vangeli (non solo i quattro ufficiali scelti alla fine dalla Chiesa) sottolineavano tutti, infatti, il potere taumaturgico di Gesù: il miracolo per il cristianesimo delle origini e del primo periodo medievale doveva essere comunque sempre riconducibile a Dio, e chi lo compiva, in base alle testimonianze raccolte localmente, ne era solamente strumento perché il suo atto discendeva (e discende ancora, secondo la dottrina della Chiesa) dalla volontà di Dio e dalla forza attiva della provvidenza.
Per questo la santità cristiana (negli ultimi secoli quella del cattolicesimo e del mondo ortodosso)  ha un profondo legame con il miracolo come segno della potenza divina. Per questo fondamentale nel culto dei santi, e in particolare dei primi santi cristiani, dopo la loro morte, fu la venerazione delle loro reliquie e il pellegrinaggio alla loro tomba: ne sono esempio concreto le vie sacre aperte nel medioevo verso le loro destinazioni (la Via Francigena, il Camino de Santiago, eccetera), come cammini di fede devozionale al pari delle vie sacre che conducevano a Roma o in Terrasanta.
In verità, il processo di canonizzazione delle origini nulla aveva a che fare con il “burocratico” processo di beatificazione e santificazione che ebbe inizio con il papato di Innocenzo III, all’inizio del ‘200, e che successivamente si è evoluto per diventare quello che oggi sta alla base della dottrina della Chiesa romana. Ciò si deve anche al crollo delle istituzioni imperiali e successivamente, nel periodo feudale, di quelle statali, e l’accentuarsi in molti territori del potere surrogatorio della comunità ecclesiale o monacale, che portarono all’affermazione di figure di vescovi e monaci che estendevano il proprio nume tutelare su nazioni, città o gruppi di individui e che, dopo la morte, finivano col subire essi stessi il processo di santificazione, magari a fronte di testi agiografici che ne amplificavano le gesta materiali.

A queste figure si aggiungono ovviamente figure di persone che avevano fatto del bene e che avevano mostrato segni fuori dal comune dei loro poteri taumaturgici (guarigioni “miracolose”, vittorie in battaglie su popoli o tribù di pagani, sradicamento di culti pregressi, cristianizzazione di nazioni come santo Stefano d’Ungheria, eccetera).
Ma è bene chiarire, per l’appunto, che all’origine la santificazione si concretizzava attraverso  qualcosa di molto più semplice di un processo formale di beatificazione, essendo frutto spesso di una devozione popolare locale che nasceva dal basso e che ovviamente i vescovi locali cercavano di controllare e di indirizzare incoraggiando e patrocinando il culto anche a livello locale. Da qui, nello specifico, anche la proliferazione dei tanti santi bretoni di cui si parla nell’articolo, fenomeno che interessò all’atto del passaggio dal paganesimo alla cristianità il culto di molte popolazioni e che le Chiese locali incoraggiavano proprio per ottenere il risultato finale della conversione dei pagani. Spesso, come ho scritto proprio in quell’articolo (che è desunto dal libro I bretoni e i confini di sale della loro terra), la “creazione” di un santo locale si legava proprio alla necessità di “assorbire” il culto di una divinità pagana che fino a quel momento era stata adorata dalla popolazione perché in possesso degli… stessi poteri.
Questo processo riguardò in tutto il periodo medievale gran parte dell’Europa e delle terre al di là del Mediterraneo verso cui l’evangelizzazione procedeva; né si fermò, anzi trovò nuova linfa vitale, nei secoli successivi fra i culti dei popoli con cui gli evangelizzatori cristiani entravano in contatto nelle nuove terre scoperte al di là degli oceani. Inoltre, nel periodo rinascimentale e nei secoli successivi furono le famiglie nobiliari e i signori dei vari stati e staterelli europei a “gradire” la santificazione di qualche loro antenato nel frattempo avviato alla “professione religiosa” perché maschio non primogenito  o perché di sesso femminile, proprio per dare lustro e potere al casato. Il resto è storia o cronaca. Tutto questo mentre perfino regine e sovrani che avevano favorito con le loro fondazioni la cristianizzazione del territorio aspiravano, sollecitavano e talora ottenevano la loro stessa santificazione in cambio dell’appoggio in conclave di un candidato al soglio di Pietro.
Lo scisma della Chiesa orientale del 1054 finì con il determinare, da quel momento, anche una diversa linea dei processi di santificazione: da un lato i santi del cristianesimo romano, dall’altro quelli del cristianesimo bizantino e slavo-ortodosso, con l’ovvio disconoscimento della predetta santificazione da parte della Chiesa “antagonista”.
In un’altra parte dell’Europa, pochi secoli dopo, com’è noto la situazione si complicò con la predicazione di Lutero, Calvino e altri teologi che si opposero al potere e alla dottrina del cristianesimo romano e soprattutto della figura istituzionalizzata del papa come sovrano. La situazione mutò quindi radicalmente nell’Europa riformata, anche con lo scoppio delle guerre di religione che coinvolsero per tanti anni vari Paesi: oltre a riformulare alcune delle stesse basi teologiche della cristianità precedente, le varie Chiese riformate locali non riconobbero più nemmeno il culto dei santi cattolici (né ovviamente di quelli bizantini).
Questa è la situazione nelle isole britanniche dove, per motivi non dottrinali ma “personali”, Enrico VIII com’è noto decretò di farsi egli stesso capo della Chiesa Anglicana (ancora oggi re Carlo è il capo della Chiesa Anglicana, come lo è stata la regina Elisabetta) staccando gli episcopati locali (a quel tempo Canterbury e York) dalla gerarchia legata al pontefice romano. La violenta persecuzione dei cattolici nel territorio anglosassone voluta da Enrico VIII dopo lo scisma e proseguita poi dai suoi successori è testimoniata anche dalle tante chiese, dai tanti monasteri e dai tanti oratori rasi al suolo dalle sue truppe e da quelle di Cromwell e degli altri sovrani negli anni successivi in ogni parte delle isole britanniche, in particolare fra Galles, Irlanda e Scozia dove si era rifugiata la parte preponderante della popolazione che non voleva rinunziare al cattolicesimo.
E così il 4 maggio la Chiesa romana celebra il ricordo dei monaci morti tra il 1535 e il 1537, martirizzati durante una di queste incursioni a sfondo religioso. Ma fino al 1681 furono migliaia i cattolici sterminati un po’ ovunque. I primi santi martiri furono tre monaci certosini (John Houghton, Robert Lawrence e Augustin Webster) e due sacerdoti (Richard Reynolds e John Hailes), che morirono il 4 maggio 1535, mentre l’ultima vittima di questo feroce sterminio fu l’arcivescovo di Armagh (che era anche il primate d’Irlanda) Olivier Plunkett, giustiziato a Londra l’11 luglio 1681. Decisivo fu l’intervento di Cromwell al fianco del re che da questi fu autorizzato ad arrestare i cattolici con l’accusa di ribellione alla corona e tradimento (e quindi non – quanto meno formalmente – per motivi religiosi), dato che il re d’Inghilterra si era sostituito al papa come capo della Chiesa d’Inghilterra (che allora comprendeva anche Galles, Irlanda e Scozia).
Le cronache dell’epoca affermano che, non avendo giurato fedeltà al re, questi primi santi martiri cattolici furono costretti a sdraiarsi su delle griglie alle quali furono legati per poi essere trascinati per il tragitto che da Londra conduceva a Tyburn, il luogo dove poi vennero giustiziati pubblicamente, come tutti i condannati di tradimento nei confronti della corona, tramite impiccagione; dopo la morte i loro corpi furono quindi oggetto di scempio.
Per un’informazione più ampia sulle vite dei santi e soprattutto dei protosanti d’origine inglese può essere utile consultare questa pagina di Wikipedia, nella quale vi sono poi i rimandi alle biografie dei singoli nominativi attraverso  le seguenti sottovoci:

Santi britannici del V secolo‎ (8 santi)
Santi britannici del VI secolo‎ (28 santi)
Santi britannici del VII secolo‎ (42 santi)
Santi britannici dell’VIII secolo‎ (36 santi)
Santi britannici del IX secolo‎ (6 santi)
Santi britannici del X secolo‎ (10 santi)
Santi britannici dell’XI secolo‎ (11 santi)
Santi britannici del XII secolo‎ (20 santi)
Santi britannici del XIII secolo‎ (9 santi)
Santi britannici del XIV secolo‎ (2 santi)
Santi britannici del XVII secolo‎ (20 santi)
Santi britannici del XIX secolo‎ (1 santo)
Santi britannici del XVI secolo‎ (26 santi)

Sperando di essere stato utile alla nostra lettrice, le faccio un grande augurio per il suo lavoro.