Circola nell’Unione Europea il timore che alcuni Stati stiano tenendo sotto controllo i telefoni cellulari con il famigerato Pegasus, un software che consente di intercettare le comunicazioni scritte e vocali, ma anche di accedere a tutti i contenuti memorizzati sul cellulare (immagini, audio, dati), di modificare password e testi, di attivare telecamere e microfoni. Oltre all’ovvia violazione del diritto alla privacy, si tratta di una grave minaccia alla democrazia in quanto, grazie alle informazioni rubate, è possibile ricattare gli esponenti politici.
Dopo che la prestigiosa organizzazione canadese Citizen Lab ha rivelato che 65 politici, attivisti e avvocati catalani favorevoli all’indipendenza erano stati spiati con Pegasus, la Spagna ha dovuto riconoscere che almeno 18 di questi interventi erano stati autorizzati da un magistrato.
Il parlamento europeo ha quindi istituito una commissione per indagare sul cyber-spionaggio di Pegasus nei Paesi dell’Unione. Ma le continue pressioni – al limite della molestia – degli eurodeputati spagnoli di tutti i partiti nei confronti dei membri della commissione, hanno fatto sì che inizialmente venissero indagate soltanto l’Ungheria e la Polonia, dove i presunti casi di spionaggio sono assai meno numerosi che in Spagna.
Finalmente, considerata la gravità del caso, è stata organizzata una missione speciale nel Paese iberico il 20-21 marzo, guidata dagli eurodeputati olandesi Jeroen Lenaers e Sophie In’t Veld, e accompagnata (in modo anomalo) da tre eurodeputati del Paese oggetto dell’indagine, oltre che da un austriaco, un polacco, uno slovacco e un eurodeputato indipendentista catalano.
La missione era stata annunciata con un mese di anticipo e prevedeva che i suoi componenti incontrassero il primo ministro spagnolo, i ministri e i parlamentari; ma il governo spagnolo, appena una settimana prima, li ha informati che non sarebbero stati ricevuti il 20 marzo perché a Madrid era un giorno di festa, e che per il 21 era in programma al congresso dei deputati una mozione di sfiducia di Vox contro il governo (scelta della data probabilmente non casuale).
Con tali pretesti, il premier e i ministri coinvolti hanno rifiutato di incontrare gli investigatori europei, i quali sono stati dirottati verso la commissione difesa del congresso. Neanche questo incontro è stato possibile: gli inviati hanno aspettato per due ore in una sala del parlamento, ma la commissione non è mai arrivata. Il gruppo è stato ricevuto solo dal segretario di Stato per gli Affari Europei.
Dopo questo incidente surreale, si è tentato di riconvocare la riunione una settimana dopo, il 28, in teleconferenza. Nuovo fallimento: gli organizzatori non sono riusciti a trovare dei traduttori, mentre i deputati spagnoli si rifiutavano di sostenere la discussione in inglese poiché si trovavano a Madrid.
La Spagna, insomma, dimostra di non volere che si scopra la verità, ciò che la indica chiaramente come colpevole di questa violazione dei diritti.
Se la Spagna osa trattare gli eurodeputati con tale disprezzo, possiamo immaginare in quale conto tenga il rispetto dei diritti dei cittadini catalani. L’Europa deve opporsi alle pratiche criminali di un suo Stato membro, se non vuole esserne considerata complice.