Già un’analisi geopolitica delle autorità cinesi – apparsa sul web e subito ritirata – aveva descritto un possibile smembramento della Russia tra territori divenuti indipendenti e altri annessi agli Stati limitrofi. Ora lo storico Alexandre Etkind prende in seria considerazione questa ipotesi di disgregazione. Che può essere pericolosa.


Che fine ha fatto l’impero russo? Si è disintegrato alla fine di una guerra imperialista. Che fine ha fatto l’Unione Sovietica? Si è disintegrata alla fine della guerra fredda. Che fine farà la Federazione Russa?
La risposta è ovvia, anche se molti ne saranno dispiaciuti. Il patriottismo russo è tale che anche coloro i quali non appoggiano il regime del Cremlino non sono pronti a riconoscere la natura imperiale del Paese attuale. Anche i cittadini che considerano il loro governo ingiusto, incompetente o addirittura pericoloso, credono nella sopravvivenza della Federazione Russa con i suoi attuali confini. Persino persone come il sottoscritto, che augurano all’Ucraina una vittoria militare e ai governanti di Mosca un processo internazionale, non sono pronte ad ammettere che questo porterà come conseguenza alla fine del Paese.
Perdendo territori e parte della sua popolazione, la Russia ha già attraversato diverse fasi di “reincarnazione”: l’Impero Russo, l’Unione Sovietica e la Federazione Russa. Ciò testimonia la sua storica instabilità e l’inevitabilità di ulteriori metamorfosi nel futuro.
A lungo il crollo è stato temuto e previsto. È stata fatta una promessa per evitarlo. Lo si sarebbe potuto rallentare sfruttando la favorevole congiuntura economica, affidandosi a un governo competente, a un abile gioco diplomatico, o semplicemente contando sulla fortuna. Il partito al governo, sebbene considerato una nullità, era comunque riuscito a scegliere un nome che riflettesse la sua profonda paura della disgregazione così come la sua mancanza di altri valori: “Russia Unita”.

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Chi, a lungo termine, avrà più da perdere in questo conflitto tra criminali?

Sulla scena internazionale, i partner della Russia, di gran lunga più potenti di essa, non hanno voluto questa disintegrazione. Alcuni erano grati alla Federazione per aver posto fine a una pericolosa e costosa guerra fredda. Altri non gradivano i cambiamenti, qualunque essi potessero essere, temendoli più della guerra stessa. Il crollo che minaccia la Federazione non avverrà a causa di popoli o governi stranieri, ma contro la loro volontà e in contrasto con le loro stesse previsioni. È probabile che si verifichi anche contro la volontà della popolazione russa: non sono problemi che in genere si possano risolvere con il voto…
Per molto tempo, un paio di decenni, in Russia non è accaduto nulla di veramente significativo. Come si diceva nell’800, la vita politica era stata congelata con successo. Tutto è cambiato con la seconda guerra russo-ucraina, un conflitto che i sostenitori di una Russia unita non avrebbero mai dovuto iniziare. Per chi è preoccupato per la sopravvivenza della Federazione sta arrivando il momento della verità.
L’èra degli imperi è ormai lontana. Quelli del passato crollarono dopo guerre e rivolte, dando vita a una moltitudine di Stati nazionali che risorsero dalle rovine delle ex colonie. Secondo lo scrittore polacco-britannico Joseph Conrad, non esisteva un solo pezzo di terra al mondo che non fosse stato colonizzato. L’Inghilterra, ex colonia romana, divenne la capitale di un nuovo impero. La Polonia, centro di gravità dell’Europa orientale, fu divisa da tre Stati ostili. La Prussia orientale, antico centro nevralgico e sede delle incoronazioni reali, divenne una colonia. In precedenza, più o meno la stessa cosa era accaduta nella terra dei tartari.
La storia si sviluppa senza alcuna regola. Gli imperi sorgono e cadono, come onde su un mare in tempesta.
Ciò detto, quasi tutti gli imperi sono scomparsi nel XX secolo, con un processo che è stato chiamato “decolonizzazione”. In competizione con altre forme di vita politica, gli imperi furono sconfitti da altri tipi di Stato: nazionali e federali. La Russia contemporanea, uno Stato nazionale, si autodefinisce una federazione – come la Germania o la Svizzera – quando in realtà si comporta come un impero al tramonto.

L’ultimo impero della storia

Qual è la differenza tra una federazione e un impero? La federazione è caratterizzata dal libero ingresso e dal libero distacco dei suoi membri. Gli imperi sono mantenuti con la forza, mentre le federazioni non si oppongono al loro autoscioglimento. All’inizio del XX secolo, questo veniva chiamato “diritto all’autodeterminazione, inclusa la secessione”. Un principio sancito dalla Dichiarazione dei Diritti dei Popoli della Russia, adottata dai bolscevichi nel novembre 1917. Successivamente esso scomparve dai testi costituzionali.
Alcune federazioni “composite” si sono sciolte senza l’uso della forza. È il caso dell’Unione Sovietica e della Cecoslovacchia. Ma altri episodi di disgregazione hanno causato guerre civili con coinvolgimenti internazionali. È successo tempo fa negli Stati Uniti, o anche sotto i nostri occhi in Jugoslavia: le forze erano diseguali e una parte ha imposto la propria volontà all’altra. In altre situazioni ancora il divorzio è stato pacifico, ma l’orgoglio ferito e le ambizioni frustrate hanno portato a successive violenze. In questo caso si parla di revanscismo, che apre la strada a nuovi conflitti.
Non mi sto augurando il crollo della Federazione Russa: lo sto prevedendo, e questo fa la differenza. Anche qui la disintegrazione si sarebbe potuta evitare, sarebbe bastato non iniziare una guerra con l’Ucraina. Ma il revanscismo era più forte della cautela. Il tracollo di questa Federazione – una comunità artificiale, eterogenea, fortemente diseguale e sempre più improduttiva – avverrà a causa dei suoi leader moscoviti, e solo a causa loro. Chi ama la Federazione; chi è convinto che i suoi popoli starebbero peggio se scomparisse; chi vede in una Russia unita il principale se non l’unico valore politico… costoro dovrebbero, tutti quanti, incolpare solo e soltanto gli iniziatori di questa guerra.

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Gli scenari

In quante parti si dividerà la Federazione? E tali parti corrisponderanno alle attuali delimitazioni delle repubbliche e delle province che la compongono? In ogni caso, saranno le persone a decidere. A livello locale, le istituzioni, i dirigenti e i confini attuali svolgeranno un ruolo nell’attuazione del “diritto all’autodeterminazione, compresa la secessione”.
Ma ci sono molti altri fattori decisivi, economici e culturali, nazionali e internazionali. I nuovi Stati saranno diversi: alcuni saranno democratici, altri autoritari. Tutti saranno legati più ai loro vicini, ai loro partner commerciali e difensivi, che ai vecchi, logori e ripugnanti “parenti”.
I territori che appartenevano ad altre entità nazionali prima di essere annessi alla Russia dopo la seconda guerra mondiale (Prussia orientale, parti della Carelia, Isole Curili) abbandoneranno la Federazione con palese soddisfazione: sapranno bene con chi stringere legami. Le tensioni etniche e religiose in regioni particolarmente complesse come il Caucaso possono invece portare a nuove guerre.
Con il crollo della Federazione, le disuguaglianze sociali, segno distintivo della Russia negli ultimi decenni, aumenteranno ulteriormente. Le province produttrici di materie prime saranno più ricche e le altre regioni più povere. Godendo della libertà, le loro genti mostreranno nuova creatività. Inizieranno a commerciare in ciò che solo le società libere possono creare. Inventeranno nuovi e peculiari stili di vita e di economia.
La storia continuerà. Prima o poi la comunità internazionale, che non ama gli sconvolgimenti, prenderà atto dei cambiamenti e si sforzerà di evitare spargimenti di sangue. A questo punto si terrà una conferenza di pace, sul modello della conferenza di Parigi del 1918-1919 organizzata dai vincitori della prima guerra mondiale. La Russia, che aveva firmato un accordo di pace separato a Brest-Litovsk, non fu invitata. La guerra civile in Russia continuò, si consolidò un regime tirannico e la conferenza di pace di Parigi lasciò tutto intatto.
Nel nuovo trattato di pace saranno gli ex vicini a negoziare: Ucraina, Cina, Norvegia, Polonia, Finlandia, Kazakistan, eccetera. Altre “federazioni” come l’Unione Europea e gli Stati Uniti faranno la loro parte. Un nuovo Trattato Eurasiatico completerà il lavoro iniziato a Versailles un secolo fa.

Originale su “Desk Russie”, traduzione di Etnie