“Esiste una ‘grande sostituzione’? I demografi dicono ‘sì’. È molto semplice, hai uomini, hai donne, hanno figli, hai un tasso di natalità, lo calcoli, fai una proiezione, hai una curva e ti viene detto ‘beh sì, tra 30 anni, tra 50 anni…’ Non abbiamo il diritto di fare statistiche etniche, non abbiamo il diritto di fare statistiche religiose… Questi divieti sono fatti per impedire ai demografi di dire cosa sta succedendo”. È quello che ha appena detto il filosofo francese Michel Onfray, mentre il neosegretario del Partito Democratico, Enrico Letta, rilancia l’idea dello ius soli anche in Italia.
Anche senza considerare la minaccia alla sicurezza nazionale rappresentata dai tanti, tantissimi terroristi made in France, il caso francese è emblematico di una evidente disintegrazione sociale causata dallo ius soli e dall’accesso facile alla cittadinanza.
Ha appena rivelato la rivista “Front Populaire” che nel dipartimento della Seine-Saint-Denis il 36,4% delle donne che hanno fatto figli tra il 2016 e il 2018 sono nate all’estero. Più di un terzo. Il dato è stato pubblicato dall’Istituto nazionale di statistica il 9 febbraio. Gli immigrati nel 2009 erano 415.593 e rappresentavano il 27% della popolazione. Una percentuale che nella Seine-Saint-Denis è costantemente aumentata fino a raggiungere, nel 2019, il 30%. Nel 2015, Philippe Galli, allora prefetto del dipartimento noto come il “93”, ha stimato il numero di musulmani in questo territorio a 700.000, ovvero il 45% della popolazione totale.
La Francia è una realtà ormai fatta di “città perdute all’islamizzazione”, come il professor Didier Lemaire ha definito la sua città, Trappes, per questo finendo sotto scorta. Il settimanale “Valeurs Actuelles” ha descritto così la città: “Trappes ha 32.000 abitanti, il 70% dei quali musulmani, 40-50 diverse nazionalità. Molto spesso nati qui, i residenti indossano hijab, qami, sarouel, abiti tradizionali tipici del Medio Oriente. La sottomissione è compiuta. La chiesa non può competere con le cinque moschee”.
Anche l’arcivescovo di Strasburgo Luc Ravel, nominato da papa Francesco, ha dichiarato che “i fedeli musulmani sono ben consapevoli del fatto che la loro fertilità è tale che oggi lo chiamano Grand Remplacement. Essi dicono in maniera molto pacata e positiva: ‘Un giorno tutto questo sarà nostro’”.
In quaranta anni, in base alle tendenze demografiche attuali, la popolazione in Francia potrebbe avere una maggioranza musulmana. È la conclusione dell’economista francese Charles Gave, che l’ha pubblicata sul sito del think tank Libertes. Gave ha tratto le sue conclusioni comparando il tasso di nascita per donna delle francesi – 1,4 – con il tasso di 3,4 delle donne musulmane. Secon¬do Gave dei 67 milioni di francesi, il 10 per cento – cioè 6,7 milioni – sono musulmani. Il tasso di natalità europeo si colloca intorno all’1,6 per donna. “La grande, immensa notizia dei prossimi trenta o quaranta anni sarà così la sparizione delle popolazioni europee, i cui antenati hanno creato il mondo moderno. E con queste popolazioni spariranno le diverse e complementari nazioni europee che hanno permesso l’immenso successo del vecchio continente per almeno cinque secoli”.
L’immigrazione sta diventando decisiva per la demografia francese, rivela una inchiesta del settimanale “L’Express”. “Dal 1960 al 2011, l’immigrazione ha aumentato la popolazione residente nella Francia metropolitana di 9,7 milioni di persone (15,4 per cento del totale). Il numero di nascite è aumentato del 27 per cento”. Le cifre sono state calcolate dalla demografa Michèle Tribalat. “Secondo i miei calcoli, metà della nostra crescita della popolazione in cinquanta anni è dovuta al declino della mortalità, ma l’altra metà è rappresentata dall’immigrazione”, conferma Hervé Le Bras, uno dei colleghi con cui Tribalat spesso si è diviso sulla scena francese.
In vent’anni, la po¬polazione musulmana francese si suppone sia aumentata del 25 per cento secondo le stime più basse, del 50 per cento per le stime mediane, del 100 per cento se si confrontano le cifre Ined e del governo dal 1997 al 2014, passando da tre a sei milioni. È due, tre, sei volte la crescita media della popolazione francese.
Secondo un rapporto dall’Institut Montaigne, le “minoranze visibili” (Asia, Maghreb, Africa) rappresentavano nel 1999 “più di 8 milioni di persone”. Nel 2015, secondo lo storico Pascal Blanchard, ricercatore presso il CNRS, sono salite fra 12 e 14 milioni, ovvero tra il 18 e il 22 per cento della popolazione, con almeno uno dei loro nonni nato in territorio extraeuropeo.
È evidente che l’immigrazione massiccia dai paesi islamici ha beneficiato largamente dello ius soli e delle campagne di naturalizzazione e di ricongiungimenti familiari degli anni Settanta e Ottanta. È dunque giusta e importante una discussione su come gestire e integrazione l’immigrazione. Ma il caso francese dimostra che lo ius soli, in una Europa sottoposta a una massiccia immigrazione e che non crede neanche più in se stessa, conduce alla disintegrazione sociale e culturale.