Gonzalo Boye è l’avvocato del presidente della Catalogna, Carles Puigdemont, e dei membri del suo governo che nel 2017 lo accompagnarono in Belgio dopo il referendum sull’indipendenza. I politici scelsero l’esilio ben sapendo che la giustizia di Madrid li avrebbe condannati, sebbene organizzare referendum non rappresenti un crimine per il codice penale spagnolo. E così fu: la giustizia centralista inflisse dai 9 ai 13 anni di prigione ai membri del governo Puigdemont che erano rimasti in Catalogna.
Grazie al lavoro dell’avvocato Gonzalo Boye e del team internazionale di avvocati con cui collabora, Puigdemont e gli altri esuli catalani rimangono liberi nonostante gli sforzi della giustizia spagnola per estradarli e imprigionarli. Ma da quando ha assunto la difesa degli indipendentisti, gliene sono successe di tutti i colori: i suoi conti bancari sono stati chiusi, ha subìto quattro ispezioni fiscali e tre del lavoro, i ladri sono penetrati due volte di notte nel suo ufficio senza che le telecamere di sicurezza registrassero nulla, ed è stato aperto un procedimento penale contro di lui per presunti reati di riciclaggio di denaro e falsificazione di documenti.
Il processo penale contro Gonzalo Boye si basa sulle dichiarazioni volontarie di due suoi ex clienti, entrambi in prigione. Boye afferma che i due uomini stanno mentendo e che lui ne ha le prove. Uno di loro, Puentes Saavedra, è dentro per traffico di droga, ed esistono robuste evidenze che abbia anche commesso un omicidio in Colombia. Nonostante la gravità dei crimini, Puentes Saavedra è stato rilasciato dopo aver testimoniato contro il suo ex avvocato. Due mesi dopo la dichiarazione del trafficante di droga e presunto assassino, la polizia ha perquisito l’ufficio dell’avvocato e ha confiscato il suo telefono cellulare per fare una copia del contenuto.
Malgrado le angherie cui è sottoposto, egli non si è arreso: Boye e quattro associazioni di avvocati catalani hanno presentato una denuncia contro il giudice, il procuratore e un magistrato per presunta copertura dell’omicidio e abuso di potere. Sfidando il giudice, Boye ha chiesto alla Corte Costituzionale di vietare a chicchessia di accedere al suo telefono, in quanto contiene informazioni riservate sulla sua attività di avvocato difensore.
In un’intervista al giornale “Vilaweb”, Boye si dice certo che i suoi clienti pro indipendenza finiranno per vincere davanti alla Spagna, ma che la propria difesa – di sé stesso come avvocato – sarà più ardua. Egli è convinto che la persecuzione cui è sottoposto sia opera di gruppi con molto potere, annidati all’interno dello Stato spagnolo, che vogliono fargliela pagare per la sua difesa degli indipendentisti.

Un uomo in prima linea

A parte questi ultimi fatti, l’avvocato Gonzalo Boye ha avuto una vita molto intensa. Non solo ha partecipato a casi di grande impatto mediatico, come la difesa di Edward Snowden, ma lui stesso è stato imprigionato per più di sei anni con l’accusa di aver collaborato con l’ETA in un rapimento nel 1988, nonostante il fatto che all’epoca si trovasse in Cile e che sia il rapitore sia la vittima avessero negato il suo coinvolgimento.
In un’intervista del giornalista Ramon Barnils, realizzata in catalano il 7 luglio 2018, Boye racconta di avere studiato diritto in prigione proprio per capire perché l’avessero condannato…
Pur non essendo a favore dell’indipendenza, Boye crede che difendendo i politici catalani si difendano anche le libertà fondamentali, come il diritto di espressione e di autodeterminazione per tutti.

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