Il Parlamento dell’Ontario si è portato avanti con il lavoro, senza aspettare l’approvazione della mozione a livello nazionale. La politica liberal Nathalie Des Rosiers ha introdotto la mozione che condanna la “islamofobia”. A favore il procuratore generale, Yasir Naqvi, musulmano, e la premier Kathleen Wynne. che “come lesbica sono stata dissuasa dal presentarmi dove c’era una grande popolazione islamica. ma ce l’ho fatta”. Il Parlamento canadese approverà la M-103, la prima legge di un Parlamento occidentale che mette l’islam al riparo dalle critiche.
Un mese fa un estremista di destra era entrato in una moschea della città di Québec e aveva ucciso diversi fedeli musulmani in preghiera. Da allora, i liberal di Justin Trudeau hanno promesso nuovi strumenti per perseguire i crimini d’odio legati alla comunità musulmana. Anche a costo di cestinare la libertà di espressione e di parola. Una deputata liberal di religione musulmana e origini pakistane, Iqra Khalid, ha così depositato una proposta di legge che sta facendo molto discutere e approvata in prima seduta il 16 febbraio. Obiettivo della mozione di Khalid è combattere “il razzismo e la discriminazione religiosa sistematica” e in particolare “l’islamofobia”. E come lo si fa? Mettendo un bel bavaglio a chiunque intenda esprimere opinioni critiche sull’islam.
Ezra Levant, giornalista canadese molto esposto nella critica all’islam, ha già fatto sapere che lui non si piegherà a questa “intimidazione”, assieme a parlamentari conservatori come Pierre Lemieux, Chris Alexander, Kellie Leitch e Brad Trost. I liberal hanno votato contro la mozione presentata dai conservatori che condannava “ogni forma di discriminazione religiosa”, senza estendere una protezione privilegiata all’islam. “Il Canada è sul punto di approvare una mozione contro la libertà di parola che porterà il nostro paese a un passo dal sancire leggi sulla blasfemia islamica”, ha detto Levant. “La M103 chiede al governo non solo di condannare l’islamofobia, ma anche di sviluppare un approccio per ridurla o eliminarla. Il governo canadese si prepara a far tacere chi critica l’islam”.
Nel 2005 l’Ontario consentì l’applicazione della legge islamica (sharia) negli arbitrati famigliari in casi come divorzi e custodia dei minori. Pierre Lemieux, che è in corsa per la guida dei Conservatori, ha detto che “la mozione impone una speciale protezione per una religione”, l’islam, escludendo le altre. Liberi di attaccare il giudeo-cristianesimo, ma per l’islam si devono indossare guanti bianchi. Barbara Kay è intervenuta con un’editoriale sul National Post, descrivendo il rischio di una supremazia della sharia che “considera blasfemia qualsiasi critica a Maometto”. Il rischio è quello di introdurre il reato di opinione e di colpire chiunque dissenta. Sul Toronto Sun, Anthony Furey ha scritto che “l’islamofobia si trasformerà presto in un’espressione onnicomprensiva per silenziare chiunque critichi la religione. Perciò sarà applicata anche se questi denunceranno gli estremismi come la sharia e i gruppi come i Fratelli musulmani”. Durissimo anche Chris Alexander, ex ministro dell’Immigrazione, che ha definito la mozione il “ground zero” della libertà di espressione, “non solo per il Canada ma per il mondo intero”. Il rischio è una proliferazione di casi come quello di Mark Steyn. L’Economist parlò di “polizia del pensiero” e di uno dei processi più inquietanti nella storia della libertà d’espressione. Autore del best seller “America alone”, all’epoca numero uno delle classifiche canadesi. Steyn finì sotto processo a seguito dell’accusa di “islamofobia” rivoltagli dalle principali organizzazioni di musulmani canadesi sostenute da progressisti pro bono. Il testo incriminato di Steyn, “The future belongs to islam”, era apparso sulla prestigiosa rivista Maclean’s. per la quale scriveva Mordecai Richler, l’autore de “La versione di Bamey” (Steyn gli è subentrato alla rivista). L’Ottawa Citizen chiese la chiusura di questi tribunali dei diritti umani “neo-maoisti”. La scrittrice Natalie Solent si lamentò che “il Canada non è più un paese libero”, mentre Steyn si difendeva dal vicino New Hampshire, dove si era trasferito. Attirato dal motto dello stato: “Vivi libero o muori”.

Giulio Meotti, “Libero”.