Arnaldo-Otegi
Arnaldo Otegi.

Diciamolo francamente: dalla liberazione di Arnaldo Otegi era lecito aspettarsi di più, un consistente rilancio della via basca all’indipendenza e al socialismo (secondo il motto dell’ETA “bietan jarrai”, perseguire entrambi). Invece sembra che al momento la ruota della Storia in Euskal Herria stia girando a vuoto.
Ricapitoliamo.
Negli ultimi mesi (oltre alla liberazione del noto esponente abertzale dopo sei anni e mezzo di carcere) 1) altri eventi significativi sembravano preludere a una ripresa delle iniziative per l’autodeterminazione. Era giunta a conclusione l’esperienza di Abian (un processo per “accumulare forze per conquistare una Repubblica Basca libera”). Ricordo che Abian era partita nel novembre 2015 per proseguire nel percorso avviato, ancora nel febbraio 2010, con Zutik Euskal Herria (“in piedi Paese Basco”). Esperienza quest’ultima sicuramente importante (in quanto costituiva un autentico “cambio di strategia” rispetto alla fase resistenziale), ma che non sembra aver poi realizzato quanto la sinistra abertzale si proponeva.
Sicuramente importanti le numerose iniziative a favore dei diritti delle prigioniere e dei prigionieri politici baschi. Tra le altre, la presentazione di un documento ai parlamentari europei in visita nel Paese Basco (febbraio 2016) e la carovana di 400 furgonetas per far conoscere le attività di Mirentxin Gidariak, un’associazione di autisti volontari che aiutano i familiari dei prigionieri a visitare i loro parenti in carcere (“Azken bidaia izan dadila”).
La caravana solidaria era composta da veicoli dello stesso numero dei familiari che ogni fine settimana coprono migliaia di chilometri per visitare i loro congiunti in carcere. Nei propositi del collettivo promotore dell’iniziativa, Mirentxin Gidariak, coinvolgere la società basca affinché “questa ingiusta realtà venga consegnata alla storia”.
Le lotte del popolo basco contro la politica carceraria di Madrid (in particolare contro la dispersione, una ulteriore sofferenza imposta anche ai familiari) sono di vecchia data e in questa circostanza gli organizzatori dell’iniziativa non hanno nascosto la loro soddisfazione per la positiva risposta riscontrata nelle città e nei villaggi percorsi dalla carovana, spesso tra gli applausi dei residenti. Alcuni dati sui tragitti settimanalmente percorsi dai parenti dei prigionieri per raggiungere le varie carceri disseminate sia in territorio spagnolo che francese: Villena 720 km; Murcia 830 km; Foncalent 760 km; A Lama 730; Poitiers 550 km; Saint Maur 680; Almeria e Huelva 1.000 km; Granada 780 km; Valencia 540 km; Herrera 620 km. Senza dimenticare le 16 persone che hanno perso la vita mentre tornavano da una di queste prigioni, dopo un viaggio estenuante.
Tra i momenti più toccanti, il transito della carovana davanti al carcere di Basauri dove era rinchiuso Aitzol Gogorza, un prigioniero gravemente ammalato.
La liberazione di Aitzol Gogorza era stata richiesta anche durante la manifestazione di Basurto dove i lavoratori dell’ospedale, su convocazione del sindacato LAB e di ESK, si sono riuniti all’esterno della struttura ospedaliera. Tra le loro rivendicazioni, oltre alla liberazione dei prigionieri gravemente ammalati (come in teoria sarebbe stabilito dalla legislazione), la richiesta di protocolli particolari per questi pazienti. Da segnalare poi le opere realizzate da vittime della repressione esposte nella mostra di Anguleri (Aldharrikatuz).
Nel frattempo, nonostante il regno di Spagna sia stato condannato in ben otto occasioni per non aver voluto investigare in merito alle denunce per tortura, in un solo mese tra aprile e maggio oltre una quindicina di persone sono state arrestate per aver denunciato la pratica della tortura. Una conferma di quale sia l’atteggiamento prevalente nella magistratura spagnola: evitare che queste denunce diventino un’occasione per rimettere in discussione la situazione di “colonia interna” in cui versa Hego Euskal Herria (Hegoalde, il Paese Basco sotto amministrazione spagnola).

Accusati di pittura aggravata…

Sotto certi aspetti siamo di fronte a una storia incredibile, surreale. Nell’ottobre 2009 Txelui Moreno venne arrestato nel corso della retata contro, tra gli altri, Arnaldo Otegi e Rafa Diez. Nel gennaio 2011 toccò a suo figlio Iker, accusato (e arrestato insieme a una dozzina di altri giovani militanti) di far parte di EKIN, organizzazione socialista basca molto attiva in campo sociale. Le torture vennero alla luce quando uno dei giovani arrestati, Patxi Arratibel, costretto dalla polizia a firmare una dichiarazione, aggiunse al suo nome la parola “Aztnugal” (a rovescio “aiuto” in euskera). La maggior parte degli arrestati era stata torturata e il caso di Iker Moreno venne inserito nel documento del CPT 2011. Il Tribunale Europeo dei Diritti Umani condannò il Regno di Spagna per mancanza di accertamenti sulla denuncia di torture subite da Patxi Arratibel. Nell’aprile 2016 Iker e altri quattro sono stati trascinati in giudizio.
Quasi contemporaneamente, nella città natale di Iker, Burlata, veniva realizzato un grande mural di solidarietà con le vittime della tortura (in assoluta legalità: il mural era stato autorizzato sia dall’amministrazione che dal proprietario della parete). Dopo aver trascorso un anno e mezzo in carcere, gli accusati sono venuti a un accordo con il tribunale riconoscendo (obtorto collo, si presume) che “la loro attività politica aveva violato la legge spagnola”. Ma, a sorpresa, cinque giorni dopo questo accordo, il 19 aprile, la polizia spagnola arrestava otto persone (tra cui il fratello, il padre e la madre di Iker, oltre ai pittori che avevano realizzato il mural) accusandoli di “ingiurie e diffamazione contro la Guardia Civil” e sorvolando sul fatto che la GC non appariva nemmeno sul murale di Burlata. Particolare non secondario: nessun giudice aveva ordinato l’arresto dei pittori. Alla fine di maggio, poi, altri otto giovani sono stati arrestati nella località navarrese di Atarrabia per aver realizzato un altro mural contro la tortura (sempre con l’autorizzazione municipale).
Qualche buona notizia invece da Iparralde (il Paese Basco sotto amministrazione francese). Sembra non aver subìto battute d’arresto il processo per creare un raggruppamento unico dei municipi in Ipar Euskal Herria. Un evento che, se si dovesse realizzare, rappresenterebbe un salto qualitativo non indifferente nel futuro riconoscimento della Nazione basca.

N O T E

1) Il tour europeo di Otegi (e in particolare la sua visita in Catalunya) erano stati seguiti con attenzione dai media europei. Ma, nonostante nei suoi interventi avesse saputo trasmettere con energia la sensazione di un nuovo corso, la società civile e l’opinione pubblica internazionale non sembrano ancora pronte per comprenderlo e praticarlo.