L’emergenza coronavirus mette in ginocchio anche l’hirak, il “movimento rivoluzionario” in Algeria, che l’anno scorso ha costretto l’ex presidente Abdelaziz Bouteflika a rinunciare a un quinto mandato. La rivoluzione si è poi arenata contro il muro di gomma del “sistema”, la crisi economica, e adesso l’epidemia che ha costretto anche qui a chiudere moltissime attività.
Ma il governo guidato dal nuovo presidente Abdelmadjid Tebboune approfitta della scarsa mobilitazione di questi giorni per moltiplicare gli arresti di attivisti e reporter. L’ultimo è il corrispondente della tivù libanese Al-Mayadin, Sofiane Merakchi, condannato a otto mesi carceri per aver diffuso all’estero “senza autorizzazioni” immagini delle proteste lo scorso autunno. Il caso è stato denunciato dalla ong locale Artide 19. Marakchi, secondo l’accusa, ha fornito i filmati alla tv qatarina Al-Jazeera, critica nei confronti del regime, e ad altri media stranieri.

Processo politico

L’accusa aveva chiesto due anni di prigione. Ma è chiaro si tratti di una condanna politica, tesa a intimidire manifestanti e media critici. Merakchi è stato arrestato a settembre, fra i primi giornalisti a subire questa sorte, e dovrà restare in cella fino al 26 maggio. Il momento è pessimo per l’opposizione, che per oltre un anno è riuscita a portare in piazza centinaia di migliaia di persone ogni venerdì. L’hirak, il “movimento”, ha però deciso una “pausa” per evitare di favorire l’epidemia Covid-19. Finora nel Paese sono stati registrati solo 1320 casi, con 152 vittime, ma il lock-down è rigido, come in altri Paesi arabi. Le autorità giudiziarie hanno subito stretto le maglie. Il 24 marzo è tornato in carcere, dopo un processo lampo, l’attivista Karim Tabbou. Ha subito un condanna a un anno di carcere. Quattro giorni dopo il giornalista Khaled Drareni, corrispondente della rete francese TV5 Monde e attivista di Reporter senza frontiere, si è visto annullare la libertà vigilata e recapitare un mandato d’arresto. La ong ha chiesto il suo rilascio, assieme a Merakchi e al collega Belkacem Zeghmati, e ha accusato il governo di “approfittare” delle misure di confinamento anti-epidemia per “segnare punti” contro i giornalisti indipendenti considerati ostili. L’hirak, cominciato il 26 febbraio 2019, aveva ottenuto un grande vittoria quanto ad aprile, giusto un anno fa, Bouteflika aveva ceduto il potere al capo delle forze armate Ahmed Gaid Salali. Sembrava l’inizio di una transizione verso la democrazia e invece adesso tutto è bloccato. 

Giordano Stabile, “La Stampa”.