Qualche segnale di solidarietà per i saharawi

A volte uno si chiede che fine abbia fatto quello che almeno fino agli anni settanta-ottanta del secolo scorso si chiamava “internazionalismo”. Sia per quanto riguarda le “classi subalterne” che per i popoli oppressi dalle molteplici e svariate forme di colonialismo.
Poi magari qualche segnale arriva, per quanto esile e rarefatto.
Da una recente intervista di Luciano Ardesi a Francesco Bastagli, ex rappresentante speciale per il Sahara Occidentale, il giudizio sul ruolo delle Nazioni Unite emerge lapidario e senza sconti: un autentico “fallimento” sostanzialmente.
Il piano che prevedeva un referendum per l’autodeterminazione risale ormai a 25 anni fa. Per la precisione al 30 ottobre 1988, quando Rabat e Fronte Polisario approvarono la proposta di un piano di pace. Nel 1991 veniva approvato dall’onu il piano definitivo mentre il 6 settembre entrava in vigore il cessate il fuoco con l’invio dei caschi blu.
Ma nel frattempo il Consiglio di Sicurezza “non ha mai voluto obbligare il Marocco a indirlo”. Aggiungendo che “ in seno al Consiglio ci sono membri come Francia e Usa che non vogliono premere su Rabat”. Avrei aggiunto anche la Spagna negli ultimi tempi.
Altro segnale, piccolo ma significativo, quello lanciato da Mandla Mandela (nipote di Nelson Mandela) che in Algeria ha rivolto un appello alle nazioni africane affinché sostengano il diritto del popolo saharawi all’autodeterminazione e all’indipendenza. Aiutandolo a “liberarsi dall’oppressione” in quella che ha definito “l’ultima colonia africana”.
Dichiarazione espressa proprio nello stadio dedicato a Madiba, in occasione dell’apertura del campionato d’Africa delle nazioni (chan). Una sortita che non poteva non riaccendere e alimentare l’annoso contenzioso tra Algeri e Rabat (che ha definito “manovra abietta” l’intervento del sudafricano).
A tal proposito era intervenuta anche la federazione calcistica marocchina la quale, oltre a non inviare la sua squadra in Algeria, ha chiesto alla Confédération Africaine de Football di “assumersi tutte le responsabilità per questa evidente trasgressione che non ha alcun rapporto con i princìpi e i valori del calcio”. E definendo in un comunicato come “razziste” (?!?) le critiche al Marocco.
Da parte sua la caf ha preso le distanze rispondendo che indagherà per stabilire “se e in quale misura” tali dichiarazioni siano in contraddizione con i regolamenti e con lo statuto della stessa caf e della fifa.
Oltre a esprimere sostegno al Fronte Polisario, nel suo intervento Mandla Mandela ha rivolto un appello anche in favore del popolo palestinese (con un’ulteriore critica implicita al Marocco che due anni fa ha regolarizzato le relazioni con Israele).
I buoni rapporti di Algeri con il leader dell’anc, poi presidente del Sudafrica, risalivano agli anni precedenti il cessate-il-fuoco del 1962. Come Nelson Mandela ricordava nel suo libro Conversazioni con me stesso, pubblicato nel 2010, la rivolta algerina contro il colonialismo francese ebbe un forte impatto sulla resistenza contro l’apartheid dei neri in Sudafrica. Determinante nella scelta della lotta armata (l’anc fino ad allora era stata sostanzialmente pacifista e nonviolenta) in quanto la situazione algerina era “quanto di più simile esistesse alla nostra, con i ribelli che dovevano affrontare una forte comunità di coloni bianchi che opprimevano la maggioranza indigena”.