turchia s-400
La Turchia avrebbe lanciato un missile dalla costa del Mar Nero il 16 ottobre scorso in un’area dove i militari dovevano testare il sistema missilistico russo S-400.

L’ipotesi che i test missilistici del 16 ottobre avessero anche la funzione di “ricattare” gli Stati Uniti non appare del tutto campata in aria. Il messaggio di Ankara potrebbe essere questo: “Se non ci permettete di invadere ulteriormente i territori curdi della Siria e del Nord Iraq (e magari anche il Nagorno-Karabakh a spese degli armeni), il sistema S-400 potrebbe diventare operativo in breve tempo”.
Ipotesi, naturalmente. Ma qualcosa vorrà pur dire il fatto che ormai da quattro giorni l’esercito turco sta attaccando sia i villaggi controllati  dalle Forze Democratiche Siriane (FDS) sia le postazioni del regime di Damasco (AAS). Bombardando sistematicamente Tel Abyad, Ain Issa e Tel Rifat. Con una particolare attenzione per le zone a est di Kobane. Lo scopo dell’operazione – che ha tutta l’aria di essere propedeutica a una nuova invasione – sarebbe isolare ulteriormente la regione del Rojava rispetto alle altre regioni curde della Siria e anche dal Kurdistan iracheno (Basur).
Una invasione da concretizzare a breve, magari entro la prossima settimana e comunque prima delle elezioni statunitensi. L’eventualità di una sconfitta per Trump (sostanzialmente non ostile a Erdogan) e della vittoria per Biden potrebbe rimescolare le carte e… ma non contiamoci troppo… portare a un maggiore sostegno ai curdi da parte di Washington. Per questo l’intensità di questi nuovi attacchi è rivolta, ça va sans dire, soprattutto contro i curdi.
Obiettivo immediato di Erdogan sarebbe quello di allargare il più possibile i confini della sua riedizione di un “sultanato ottomano”; a spese sia del Rojava sia del Kurdistan del Sud (Basur, Nord Iraq) occupando anche le terre abitate dai curdi yazidi nella regione di Sinjar (Singal in curdo). Mettendo il nuovo presidente statunitense – chiunque esso sia – di fronte al fatto compiuto.
D’altra parte perché dovrebbe preoccuparsi? È fuori discussione che tutti o quasi (USA, Russia, UE, NATO e anche l’ONU) sostanzialmente lo hanno lasciato fare, impunemente. Almeno finora, per Ankara non è stata delineata alcuna “linea rossa”: usque tandem?