Risaliva a una settimana fa il ricovero in ospedale per l’aggravarsi delle loro condizioni di salute di quattro prigionieri politici mapuche, in huelga de hambre nel carcere di Angol. Andavano così a raggiungere gli altri due huelguistas già ricoverati qualche giorno prima. Tutti ormai al centesimo giorno di sciopero della fame a cui il 5 agosto – ma solo per otto dei prigionieri in lotta – si era aggiunto anche quello della sete. Un nono prigioniero, Celestino Cordova, già ricoverato in gravi condizioni da circa quindici giorni all’ospedale di Nueva Imperial, pur proseguendo lo sciopero della fame non aveva intrapreso quello della sete.
La radicalizzazione estrema della loro protesta era conseguenza dell’ambiguo atteggiamento assunto dal governo nel corso delle trattative con i prigionieri (definito “tortuosa accion de dilatacion en la conversaciones”). Allo scopo evidente di non fornire risposte – e tantomeno soluzioni dignitose – alle richieste sia dei prigionieri sia dei loro familiari. Lo aveva spiegato in conferenza stampa un portavoce della comunità, Rodrigo Coripan. Ricordando poi che oltre ai nove del carcere di Angol, partecipano alla protesta altri undici prigionieri mapuche rinchiusi in quello di Lebu (l’inizio della loro protesta risale a circa 50 giorni fa) e sette in quello di Temuco (sciopero iniziato da circa un mese).
Tutti richiedono che lo Stato applichi il Convenio (accordo, convenzione) 169 della OIT (Organizzazione Internazionale del Lavoro) adottando misure alternative alla reclusione.
Ossia: avere la possibilità di scontare una parte della pena all’interno delle rispettive comunità.

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Il leader della comunità mapuche, Celestino Cordova.

Nel frattempo  le condizioni di Celestino Cordova si sono ulteriormente aggravate. Il leader tradizionale mapuche era stato condannato nel 2014 a diciotto anni di carcere per omicidio con un processo perlomeno discutibile, assai controverso  e denso di irregolarità.
Quattro giorni fa Cordova ha inviato pubblicamente un messaggio che in molti – consapevoli della gravità delle sue condizioni – hanno interpretato come l’estremo saluto, un addio.
In sostegno ai prigionieri si sono registrate diverse manifestazioni, soprattutto nel sud del Paese. A Canete, regione di Bio Bio, dove una marcia di protesta veniva attaccata dalla polizia con lacrimogeni e cannoni ad acqua, si sono registrati scontri e alcune persone sono state arrestate.