Continua il calvario di Zeynab Jalalian

Malata, la prigioniera politica curda Zeynab Jalalian viene periodicamente sottoposta a maltrattamenti e angherie. Da ultimo, minacce e ricatti per poter accedere alle indispensabili cure mediche (sempre rifiutate o comunque non adeguate alla gravità delle sue condizioni di salute).
Recentemente un gruppo di funzionari dei servizi iraniani si sarebbe recato nel carcere di Yazd dove avrebbe sottoposto Zeynab Jalalian a pressioni per estorcerle una confessione e un imprecisato “pentimento” in cambio dell’accesso alle cure mediche. 1)
Stando a quanto denunciava la Rete dei Diritti Umani del Kurdistan, la prigioniera si sarebbe rifiutata di accettare il baratto, sostenendo che “la sua detenzione è illegale in quanto in contrasto con il nuovo Codice Penale Islamico, approvato nel 2013”, in base al quale, data la sua situazione sanitaria, dovrebbe essere posta in libertà.
Ella soffre di asma, pterigio (malattia dell’occhio con conseguenti problemi alla vista), febbre da aftosi, infezioni dentali, problemi renali e di digestione…
Colpita una prima volta dal Covid-19 mentre si trovava in isolamento nel carcere di Kerman, era entrata in sciopero della fame per essere riportata a Khoy.
Arrestata a Kermanshah nel febbraio del 2008, Jalalian in prigione ha trascorso molti mesi in isolamento ed è stata sottoposta a torture.
In un primo momento la giovane curda venne condannata a morte dal tribunale “rivoluzionario” islamico per ”inimicizia contro Dio “(moharebeh) in quanto appartenente al pjak (partito per una vita libera in Kurdistan). Ma poi, nel 2011, la sua pena venne commutata in ergastolo.
Trasferita senza motivo (e senza giustificazione legale) da un carcere all’altro in varie occasioni (Khoy, Qarchak, Kerman, Kermanshah, Yazd), quando era stata portata a Kermanshah nel settembre 2022 le autorità carcerarie si erano addirittura rifiutate di ammetterla, a causa delle evidenti ferite ai polsi e alle caviglie (inferte presumibilmente mentre veniva trascinata al suolo, ammanettata e in catene).
Nel novembre 2020 era giunta a Yazd, qui portata dal carcere di Khoy, situato più vicino alla sua famiglia che abita a Maku.
A Yazd si era nuovamente ammalata di Covid-19, ma invece di venir curata adeguatamente era stata portata in una cella per detenuti tossicodipendenti, pessima dal punto di vista igienico. Di conseguenze le sue condizioni fisiche generali si erano ulteriormente deteriorate e i suoi problemi polmonari aggravati (in particolare l’asma).
Negli ultimi due anni non ha potuto ricevere visite e le è stata consentita soltanto una breve telefonata settimanale ai genitori.
A lei e ai familiari in varie occasioni venne intimato di non segnalare nulla ai media o alle ong in merito alla sua situazione. Altrimenti sarebbe stata nuovamente trasferita e posta in isolamento.
Nel marzo 2022 le forze di sicurezza avevano arrestato genitori e fratelli di Jalalian dopo che la madre, Gozal Hajizadeh, era apparsa in un video denunciando le gravi condizioni di detenzione a cui la figlia veniva sottoposta. Ma venivano rimessi in libertà nel giro di 24 ore, dopo ulteriori avvertimenti e minacce, in quanto la madre era caduta in stato di incoscienza dopo l’arresto.
Le autorità avevano anche cercato di estorcere ai familiari di Jalalian una pubblica condanna dei partiti curdi. Una vergognosa richiesta ricattatoria che era stata subito rispedita al mittente.
La detenzione di Jalalian è stata definita “arbitraria e contraria alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e al patto Internazionale dei Diritti Civili e Politici” dal Gruppo di Lavoro dell’onu sulla Detenzione Arbitraria.
Riporto anche la notizia di una, per quanto minore, ennesima ingiustizia.
Il mese scorso le altre detenute del padiglione femminile l’avevano festeggiata in occasione del compleanno (è nata a Dim Qeshlaq nel 1982 e compiva 41 anni, di cui oltre sedici in prigione). Venivano però immediatamente convocate e minacciate di un aggravamento della pena da parte della direzione del carcere.

N O T E

1)

CARA LEYLA, TI SCRIVO…-Gianni Sartori

PEGGIORANO LE CONDIZIONI DELLA PRIGIONIERA CURDA (iraniana) ZEYNAB JALALIAN

Niente cure: il trattamento di Zeynab Jalalian equivale alla tortura

Per Amnesty international il trattamento a cui viene sottoposta Zeynab Jalalian equivale alla tortura

LIBERTA’ PER LA PRIGIONIERA POLITICA CURDA ZEYNAB JALALIAN

Libertà per la prigioniera politica curda Zeynab Jalalian