La colonizzazione urbanocentrica colpisce duro, e lo fa stavolta in val Maira, una delle zone montane dove sopravvive con difficoltà la cultura provenzale alpina e sono sempre meno i suoi parlanti.
Mi riferisco a iniziative culturali calate da fuori, come la clamorosa decisione ministeriale di impegnare un mucchio di soldi nel paese di Elva, non per promuovere l’autentica cultura del posto ma, accanto a poche buone cose, udite udite, creare tra i monti un estemporaneo museo dedicato a un pittore fiammingo, un buen retiro studentesco e, nientemeno, un osservatorio astronomico.
Lo ha deciso il cervellottico progetto ministeriale che ha foraggiato 21 paesi privilegiati tra i tanti che stanno morendo in tutt’Italia, non per valorizzare le caratteristiche locali ma per calare da fuori quelli che vengono definiti “progetti ambiziosi che daranno nuove vocazioni a luoghi meravigliosi”; lasciando peraltro a bocca asciutta i comuni vicini, rimasti come sempre senza un soldo.
Il caso di Elva è particolarmente grave, poiché conferma ancora una volta il totale disprezzo del potere politico per la vera cultura dei ceti subalterni, considerata merce di seconda scelta, surclassata dalle spesso cervellottiche e sempre elitarie mode intellettualoidi.
Così in un borgo di poche anime che tenacemente resistono alla tentazione di mollare tutto e calare in città, in terre alte dove ci vorrebbero servizi funzionanti e scuole per insegnare a “parlé a nostro modo”, sorgono avamposti di alienazione dello spirito comunitario imposti a suon di milioni di euro.

I comuni delle valli provenzali e piemontesi esclusi dal bando lamentano la gerarchizzazione del territorio, diviso tra un borgo di prima classe trasformato in luna park e il resto della valle che sta a guardare.
Mentre la civiltà alpina perde un altro pezzo.

 

Ilustrazione del titolo: Luna park di Antonio Ferragina.