La cultura isolana ha impresso un nuovo corso all’iniziativa libraria e periodica. Ne parliamo con alcuni tra i più intraprendenti esponenti delle giovani case editrici.

Artigianato con ambizioni industriali. Questa è l’editoria sarda sulla quale periodicamente altri operatori culturali dibattono. Ma qual è la vera situazione economica e culturale in cui opera? La maggior parte dei grossi editori ha infatti anche la tipografia e gli “editori puri” sono cosi pochi, piccoli e poco ascoltati che un tentativo di analisi del fenomeno viene proposto solo sulle pagine di qualche giornale specializzato o marginale e rimane quindi un problema misterioso per chi non se ne occupa specificamente.
Così, mentre nell’isola, sulla scia della grande ondata d’interesse per i fatti culturali sardi, si moltiplicano i titoli nuovi, ristampati, riproposti, le domande che il settore editoriale fa nascere in Sardegna rimangono oggetto di discussione da “addetti ai lavori” e non si sono ancora trasformate in termini di dibattito politico ed economico.
In questo servizio, attraverso tre diverse esperienze, cerchiamo di esaminare questi aspetti, parlandone con i rappresentanti di alcune iniziative editoriali “minori”: la “CUEC” e l’Editrice Altair di Cagliari, le Iniziative culturali di Sassari e le Editziones de sa Nae di Nuoro.

La CUEC di Cagliari

Mario Angiolas, presidente della cooperativa, ce ne illustra l’attività e i progetti:

«Nata come cooperativa libraria, in funzione dell’università (docenti e studenti), la CUEC si è trovata via via ad occupare uno spazio sempre più ampio, in relazione alle proprie possibilità economiche. È cosi cominciata un’attività editoriale che si è inserita nella vita culturale della città (per esempio la stampa di atti di convegni). Ora collaboriamo, con la cooperativa Iniziative culturali di Sassari, alla pubblicazione di Ossidiana e, in coedizione con la stessa cooperativa, di un mensile di informazione libraria, Ippografo.

Ossidiana è una rivista che vuole essere un laboratorio di ricerca su problemi di fondo della Sardegna.

Il prossimo numero vedrà la parte monografica sviluppare il tema “La città in Sardegna” e poi conterrà schede didattiche rivolte ai docenti delle scuole medie superiori. La prima parte delle schede conterrà i nuovi programmi ministeriali; la seconda indicazioni bibliografiche e materiali su varie materie. I prossimi temi che saranno trattati saranno il problema della lingua, lo sviluppo economico sardo, la ricerca scientifica, l’università e il territorio. Quanto a Ippografo, è l’unica rivista, insieme con Nuove Pagine, dell’Editrice Altair, a fare promozione e informazione libraria in Sardegna, compreso il settore delle pubblicazioni per ragazzi.

Per quest’anno, infine, contiamo di pubblicare un volume, in collaborazione con la sede regionale della RAI, dal titolo “Da Cenere a Padre Padrone”.

Il volume, curato da Gianni Olla e Giovanni Sanna conterrà, oltre alla ricostruzione dei film che hanno parlato della Sardegna, cosi come già proposto nella trasmissione televisiva di Sanna, anche alcuni saggi e schede filmografiche sul tema».

Domanda □ Dai vostri programmi emerge una particolare attenzione per la scuola. È una scelta fatta sulla base di quello che fanno o, meglio, non fanno altri editori?

Risposta □ La maggior parte degli editori sardi si rivolge verso un filone editoriale particolarmente sfruttato: ristampe anastatiche (è il caso, in particolare della 3 T di Trois), poesia, saggistica. Alcuni settori rimangono completamente inesplorati, quali la scuola, le problematiche del mondo giovanile, i libri per ragazzi, appunto, la narrativa, che solo ora, e parzialmente, sta trovando un suo sviluppo. Gli editori non sono inoltre disponibili a nuove sperimentazioni e mancano, cosi, nuovi titoli, nuove idee, valutazioni delle nuove realtà sarde. I testi didattici sono del tutto assenti e la produzione per le scuole è stampata fuori della Sardegna. Sono convinto della necessità che si instauri un rapporto più diretto tra didattica e ambiente attraverso il quale gli insegnanti possano meglio operare.

D. □ Ma quali ragioni adducono gli editori per motivare le loro scelte?

R. □ La maggior parte degli editori sostiene che il mercato consente tirature molto limitate (1.500-2.000 copie) che non consentono possibilità di eccessivi rischi. A questa riluttanza di tipo economico-culturale, si assommano anche difficoltà obiettive quali costi altissimi per la stampa, una cattiva distribuzione dei prodotti editoriali sul territorio, un mercato che riesce a superare il mare solo in rarissimi casi. Per esemplificare su uno di questi problemi, basta dire che per stampare 1.000 copie di un volume di 150 pagine occorre disporre di circa 4 milioni di lire.

D. □ Quali potrebbero essere le soluzioni?

R. □ Le piccole case editrici, cosi come noi abbiamo già cominciato a fare, potrebbero ipotizzare consorzi, convenzioni, coedizioni, in modo che, ad esempio, argomenti specialistici (per esempio saggi antropologici, sociologici, storici) possano essere adoperati anche al di fuori del territorio sardo. Quanto agli enti pubblici, il loro ruolo potrebbe essere quello di costituire una rete di servizi per la distribuzione, la promozione, l’ampliamento del mercato. Lo slogan del settore dovrebbe diventare, per tutti: «Il libro sardo può attraversare il mare».

L’Editrice Altair di Cagliari

Parliamo adesso con Mauro Zonza, comproprietario, con il fratello Marco, di una piccola casa editrice di Cagliari che ha suscitato un notevolissimo interesse proponendo una Storia di Sardegna a fumetti in 13 volumi, della quale sono stati già stampati il 9° e 10°. Si considera uno dei pochissimi, se non l’unico “editore puro” (ma vedremo più avanti che anche le Editziones de sa Nae di Nuoro presentano un caso analogo) sardo e come tale attacca a fondo le leggi regionali che dovrebbero regolare il settore. «Dovrebbero regolare» afferma Zonza «ma non consentono alcuna regolamentazione che non sia il rapporto amichevole e diretto con chi regge di volta in volta l’assessorato alla cultura e alla pubblica istruzione. Ci si basa ancora su due leggi degli anni ’50, quindi assolutamente inadeguate. Una prevede un contributo alle case editrici sotto forma di acquisto di libri già stampati; l’altra, sotto forma di “concorso alle spese”, mette a disposizione degli editori un contributo per le spese di stampa dei volumi.

Al di là di queste due forme di contribuzione non esiste alcuna forma di intervento per agevolare l’editoria che non è quindi presa in considerazione come altre attività imprenditoriali o artigianali che usufruiscono invece di interventi specifici. In questo modo l’attività non viene tutelata e consente, a chi gode di sufficienti patrocini politici, di ricavarne i maggiori vantaggi. Contemporaneamente, questo determina il fatto che in Sardegna può fare l’editore solo chi ha molti soldi o chi, facendo anche lo stampatore, usufruisce delle provvidenze specifiche previste per l’altra attività».

D. □ Ma come avviene la concessione dei due tipi di finanziamento?

R. □ Anche se si ipotizzasse una distribuzione equanime dei contributi (ma cosi non è, e poi lo dimostrerò) bisogna dire che non risponderebbe, comunque, a nessun criterio di organica politica culturale. Con queste forme di intervento non si agevolano nuovi autori o gruppi di studio che propongono ricerche valide e costose; in questo modo si riempiono ulteriormente di libri solo i magazzini dell’assessorato che peraltro sono già stracolmi. Qualcuno di quei libri dal magazzino si sposterà nell’abitazione di qualche amico dell’assessore, ma da questo a una seria politica culturale per l’editoria ce ne corre. Ho già accennato al fatto che in questo criterio non vi è neppure equanimità, e cerco di dimostrarlo fornendo un dato. Nel 1981, su 50 milioni di lire a disposizione dell’assessorato per acquisto di libri, ne sono stati spesi 42 milioni e 600 mila. Più della metà di questi, ben 21 milioni e 900 mila sono andati, a vario titolo, all’editore Trois. Tutti gli altri si sono divisi le briciole.

Diversa, ma simile nei risultati, la prassi per la richiesta di finanziamento di concorso nelle spese per una pubblicazione.

Piuttosto che restare sulle generali preferisco, anche in questo caso, fare un esempio. Il 12 ottobre di due anni fa presentai in assessorato una copia del manoscritto Guida al Museo Archeologico, scritto per noi dal professor Ferruccio Barreca unito alla previsione di spesa, e chiesi il contributo previsto dalla leggi regionali. L’iniziativa, sul piano culturale, era particolarmente importante perché non esiste ancora un’opera del genere. La risposta, positiva, mi è giunta dopo 17 mesi, quando ormai i costi erano eccessivamente aumentati e il contributo previsto risultava insufficiente. In questo modo non è stata danneggiata solo la nostra iniziativa editoriale, ma ne è derivato un danno notevole anche sul piano culturale sociale perché quell’opera era della massima importanza.

D. □ Ma in attesa che ci sia questo nuovo ordinamento regionale specifico per l’editoria, cosa potrebbe fare la regione per modificare la situazione di distribuzione e stampa esistente nell’isola?

R. □ Per la distribuzione dico subito che sono contrario a quanti sostengono che la regione finanzi o favorisca i distributori che già operano in Sardegna. Questo concorrerebbe ad accentuare la situazione monopolistica già esistente. La regione dovrebbe, a mio avviso, promuovere e stimolare la ricerca, pubblicizzare fuori dall’isola i prodotti editoriali sardi in modo che sia il libro stesso, cresciuto qualitativamente, a crearsi il suo mercato. La regione dovrebbe peraltro farsi carico della gravità della situazione della distribuzione in Sardegna vigilando su quello che avviene. Quanto agli editori si potrebbe creare un consorzio finalizzato alla distribuzione, ma questo progetto si scontra con la tradizionale, reciproca diffidenza che esiste tra gli operatori sardi di questo settore.

Anche per i problemi dati dagli alti costi di stampa, una soluzione potrebbe essere offerta dalla costituzione di un “centro stampa” regionale che servirebbe a calmierare i prezzi e a non lasciare gli stampatori sardi nella particolarmente privilegiata condizione di chi pratica i prezzi che vuole perché non ha concorrenza. Ma tutte queste sarebbero soluzioni di ripiego rispetto alla risoluzione del problema centrale che è quello di razionalizzare l’editoria senza consentire a chiunque di potervi accedere, senza un minimo di verifica degli obiettivi culturali che intende perseguire.

Iniziative culturali di Sassari

Intervistiamo Alberto Merler, uno dei soci fondatori della cooperativa, che è presieduta da Alberto Puscedda: «Noi stiamo tentando di fare editoria in modo diverso, ma nei limiti consentitici dalle limitatissime risorse economiche, dalla mancanza di un progetto manageriale e di agganci politici assolutamente necessari nella realtà sarda. Interveniamo comunque nel mercato editoriale isolano con cinque collane: “Tempo, spazio, società” (saggistica su scienze sociali); “L’altra parola” (letteraria e grafica), nella quale si cerca un modo alternativo di dire le cose; “Testi e ricerche” (saggistica varia); “Quaderni bolotanesi” nella quale sono compresi altri volumi, oltre alla omonima rivista annuale. “Nexun” in coedizione con la ETS di Pisa (saggistica sulla filosofia della conoscenza).

Oltre a questo rapporto stabile con la casa editrice toscana, abbiamo rapporti di coedizione con la CUEC di Cagliari e con la UNICOPLI di Milano (ricerche sul terzo mondo).

D. □ Qual è la situazione nella quale si trova a operare la vostra cooperativa?

R. □ Prima della nostra nascita, a Sassari vi erano solo vecchie imprese di editori-stampatori, quali Chiarella, Gallizzi, Poddighe (che ora ha chiuso). I primi due, che insieme con la STEF di Cagliari hanno sempre realizzato dei prodotti di alta qualità, hanno comunque sempre praticato prezzi altissimi. Altre case editrici, di dimensioni minori, quali la Delfino, la Dessi-Pulina e la E.D.S., hanno fatto scelte diverse. La Delfino, che opera più all’estemo che all’interno dell’isola, privilegia argomenti archeologici e naturalistici. Dessi-Pulina aveva fatto una precisa scelta d’intervento culturale, trattando argomenti sociologici, ma dopo che quella collana si è interrotta trova ora difficoltà a definire una propria linea d’intervento. L’E.D.S., infine, così come altre piccole iniziative di Ozieri, Tempio, Olbia, non hanno particolari pretese.

Per completare il quadro a livello regionale non si possono non ricordare il maggiore editore sardo e la libreria più interessante di Sassari perché meritano un discorso a parte. Il primo è sicuramente Fozzi, che con le Edizioni della Torre si assicura una fetta importante del mercato editoriale sardo. Fozzi ha inoltre, in pratica, il monopolio della distribuzione dei libri in Sardegna e questo dà anche l’idea delle difficoltà che le altre case editrici possono incontrare a essere massicciamente presenti nei punti vendita quando si trovano a fare i conti con un distributore che è anche editore. Quanto alla più interessante libreria di Sassari, si tratta sicuramente delle Messaggerie sarde fondata da un ingegnere, ex direttore degli impianti SIR di Porto Torres. Nella libreria ci sono varie sale specializzate: per l’esame delle stampe, per la filatelia, per i dischi. Una, infine, la sala “Asfodelo” è stata destinata alla promozione e alla diffusione del libro. Autori e editori possono organizzarvi dibattiti, usufruendo cosi di una forma di promozione che è quasi assente nell’isola.

Editziones de sa Nae

Le “Edizioni della Nave” nascono poco più di un anno fa e debuttano con Sardigna Ruja, romanzo socio-politico del giornalista Gianfranco Pintore. Ci parla dell’iniziativa Eligio Fronteddu, redattore per undici anni alla Rizzoli di Milano, e adesso responsabile della Casa editrice nuorese. «L’idea è quella di operare in Sardegna per riqualificare la cultura sarda, ma di cercare, nello stesso tempo e fin dall’inizio, di traversare il mare. Quindi vorremmo affiancare a titoli prettamente isolani, altri che sardi non sono, in modo da essere presenti anche sul mercato italiano e riuscire così a esportare meglio la nostra cultura. L’operazione non è facile. Lo stesso mercato sardo presenta difficoltà notevoli, soprattutto a causa del problema distributivo, o monopolizzato o disorganizzato. Pensiamo di riuscire presto a distribuire in proprio: è l’unica via d’uscita.

Per quanto riguarda il continente — parlo sia di libri sardi che di diverso argomento — anche alla Regione dovrebbero capire che è un problema di vitale importanza per la cultura sarda e per la sopravvivenza di iniziative editoriali in Sardegna.

Le nostre prime due pubblicazioni hanno comunque a vuto un discreto successo: Sardigna Ruja di Pintore, ha raggiunto, malgrado certi misteriosi silenzi stampa, le 3.000 copie; pensiamo di rilanciarlo in Sardegna quest’estate e in Italia non appena verrà distribuito (si prevede per la fine di maggio) un altro titolo di molto prestigio; Sardigna, di Franco Pinna, il famoso fotografo scomparso alcuni anni fa. Il libro, curato da Uliano Lucas e con testo di Arturo Carlo Quintavalle, è un viaggio fotografico essenziale nella vita della Sardegna degli anni ’50.

A dicembre abbiamo pubblicato l’Agenda de Sardigna, completamente in sardo, curata da Diego Corraine.

Non siamo ancora a conoscenza di tutti i dati delle vendite, mai primi risultati ci sembrano confortanti. Usciremo presto con un altro romanzo, S’àrvore de sos tzinesos, l’Albero dei cinesi, di Larentu Pusceddu, anche questo tutto in sardo».