islamobolscevismo

Il clou della marcia di domenica contro l’“islamofobia” a Parigi è stato quel grido familiare, scandito ben tre volte, da Place de la République: “Allahu akbar, Allahu akbar, Allahu akbar, perché siamo orgogliosi di essere musulmani e francesi”. A pronunciarlo, negli applausi, è stato Marwan Muhammad, già direttore del Collettivo contro l’islamofobia e animatore della marcia. “Queste sono le ultime parole ascoltate da Charlie Hebdo e dai bambini martirizzati della scuola Ozar Hatorah prima di essere uccisi a fucilate”, ha scritto sul Figaro Céline Pina. La marcia è stato un successo, 13.500 persone secondo gli organizzatori, non pochi considerando la fitta pioggia. “La presenza di funzionari eletti in una manifestazione organizzata dagli islamisti è un disonore”, ha denunciato il senatore dei Républicains Bruno Retailleau. Molti i parlamentari della France Insoumise al fianco di Jean-Luc Mélenchon e del fondatore di Mediapart, Edwy Plenel. Tante le madri con l’hijab e i figli. Molte le barbe salafite e il kamis, la tunica islamica sopra le caviglie. Slogan come “siamo in pericolo, non siamo pericolosi”, “Palestina” e poi “gli ebrei ieri, i musulmani oggi”.
Paragonando i musulmani di oggi agli ebrei sotto Vichy, anche i bambini musulmani indossavano la stella gialla alla marcia parigina contro l’“islamofobia”. “Se un giorno questa bambina dovesse finire in una camera a gas, sarò pronto a sacrificare la mia, ma oggi questa immagine fa vomitare”, ha commentato il presidente della Licra, Alain Jakubowicz, osservando le bambine con la stella gialla ebraica appuntata sul petto e al fianco della senatrice Esther Benbassa.
Una parte degli ecologisti non ha preso parte all’iniziativa, i socialisti non hanno aderito, parlando di personaggi “vicini ai Fratelli musulmani” fra gli organizzatori. La femminista Caroline de Haas si è defilata all’ultimo, dopo aver visto tra i firmatari dell’appello su Libération a favore della marcia il nome dell’imam Abou Anas, noto per avere posizioni a dir poco antifemministe: “Gli uomini hanno autorità sulle donne”, “le donne virtuose sono obbedienti ai mariti”, “la donna lascia la casa solo con il permesso del marito”, “gli angeli la maledicono tutta la notte se rifiuta il marito senza una valida ragione”…
Molti dalla piazza gli attacchi ai giornalisti critici dell’islam: “Se non ti piace Eric Zemmour batti le mani! Se non ti piace Zineb El Rhazoui batti le mani!”. E affondi contro il governo e il ministro dell’Istruzione: “Anche se Jean-Michel Blanquer non vuole, siamo qui!”. Amico di Tarik Ramadan ed estimatore di Rachid Abou Houdeyfa, il predicatore che pensa che i bambini si trasformino in cani o maiali se ascoltano la musica e che la donna che esce senza velo non dovrebbe lamentarsi se viene rapinata, Marwan Muhammad è un’icona dell’islamismo militante. Per il Monde, è il “portavoce combattente dei musulmani”.
E mentre a Parigi si manifestava contro l’“islamofobia”, le donne musulmane che sulla rivista Marianne avevano firmato l’appello contro “il velo islamico oscurantista” venivano minacciate di morte dagli islamisti: “Andrai all’inferno”, “ti violenteremo”, “puttana” e così via. Poi c’è Zineb El Rhazoui, l’ex redattrice di Charlie Hebdo violentemente insultata durante la marcia parigina. Nei giorni scorsi, il rapper Booba aveva invitato a far “marcire” Rhazoui, che vive sotto scorta. L’avvocato che difese Oriana Fallaci dalle accuse di “islamofobia” a Parigi, Gilles-William Goldnadel, per la marcia ha parlato di “islamobolscevismo”, evoluzione dell’islamogoscismo.
Da Place de la République al teatro Bataclan, al numero 55 di Boulevard Voltaire, sono appena 700 metri. Domani si ricorderà il massacro di novanta persone compiuto tre anni fa da un commando dell’ISIS. Anche allora al grido di “Allahu akbar”.

Giulio Meotti, “Il Foglio”.