Newt Gingrich: perché non voglio riconoscere la vittoria di Biden

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Newt Gingrich, repubblicano, è stato presidente della Camera dal 1995 al 1999, e candidato alle presidenziali nel 2012. Luterano in origine, è stato battezzato cattolico nel 2009.

Un mio intelligente amico, progressista moderato, mi ha chiesto perché io non riconosca la vittoria di Joe Biden. Egli mi fa notare che Biden ha preso più voti, e storicamente noi tutti riconosciamo il candidato con il maggior numero di preferenze. È normale che si accetti il risultato delle elezioni così come si accettano i risultati delle competizioni sportive. E dunque, ha chiesto il mio amico, in cosa si differenzierebbe questo 2020?
Avendo trascorso oltre quattro anni a osservare la sinistra “resistere” a Donald Trump e dedicarsi anima e corpo a delegittimare e demolire le elezioni del 2016, mi ci sono voluti parecchi giorni per comprendere la profondità dei miei sentimenti.
Più ci pensavo, più mi rendevo conto che la mia rabbia e la mia paura non erano strettamente legate al numero dei voti; provavo piuttosto un livello tale di indignazione per quanto stava accadendo che mai avevo sperimentato in più di 60 anni di attività istituzionale.
La questione è che io – come altri conservatori – non siamo in disaccordo con la sinistra all’interno di un mondo comune. Noi viviamo proprio in mondi diversi.
Quello della sinistra è fondamentalmente il mondo messo in piedi delle forze che sono state dominanti per la maggior parte della mia vita.
Il mio mondo è la ribellione populista che crede che stiamo per essere distrutti, che le nostre libertà vengano cancellate e le nostre religioni siano sotto attacco. (Si noti la nuova Campagna per i Diritti Umani volta a delegittimare qualsiasi scuola religiosa non accetti i valori sessuali laici, o il fatto che molti governatori democrat abbiano tenuto aperti i casinò e chiuse le chiese nonostante la pandemia Covid-19.)  Crediamo anche che le altre politiche pandemiche guidate dai dem abbiano arricchito i ricchi e massacrato i piccoli imprenditori della classe media (circa 160.000 ristoranti rischiano di chiudere).
A questo proposito, cominciamo con il parlare del passato recente e della presidenza.
Nel 2016 ho sostenuto un candidato outsider, spigoloso e violento nelle sue discusse aggressioni al vecchio ordine, sullo stile di Andrew Jackson. Quando il mio candidato ha vinto, la colpa è stata dei russi. Ora sappiamo (quattro anni dopo) che fu la squadra stessa di Hillary Clinton a finanziare le colossali falsità che hanno alimentato questa accusa.
Membri dell’FBI furono impegnati in due occasioni in atti criminosi per confermarla: una volta per evitare l’incriminazione di qualcuna che aveva cancellato 33.000 email e aveva spinto un dipendente a distruggere fisicamente i dischi rigidi con un martello; e una seconda volta mentendo ai giudici FISA per demolire il generale Michael Flynn e spiare l’allora candidato Donald Trump e la sua squadra. I media nazionali liberal hanno accompagnato e favorito ogni singolo passo del percorso. Tutto ciò non era altro che un tentativo di paralizzare il nuovo presidente e portare alla nomina di un consigliere speciale, che alla fine non approdò a nulla.
Ora, alle persone del mio mondo viene detto che è ora di smettere di resistere, e cooperare con il nuovo presidente. Ma ricordiamo che i democratici volevano così tanto collaborare con Trump che hanno iniziato a parlare del suo impeachment prima ancora che entrasse in carica. Il “Washington Post” ha pubblicato un articolo sui complotti di impeachment dei dem il giorno dell’insediamento.
Di fatto, quasi 70 legislatori democratici hanno boicottato la cerimonia. Il giorno dopo a Washington è stata organizzata una massiccia manifestazione di sinistra, in cui Madonna ha annunciato tra gli applausi il suo sogno di far saltare in aria la Casa Bianca. Queste stesse forze pretendono che io collabori con il loro nuovo presidente. Mi trovo ad adottare il modello di resistenza costante di Nancy Pelosi. Nulla di quanto ho visto del signor Biden fin dalle elezioni mi offre alcuna speranza che egli tenderà la mano agli oltre 74 milioni di americani che hanno votato per il presidente Trump.
Quindi non sto reagendo tanto ai voti quanto all’intera scenografia elettorale.
Quando Twitter e Facebook hanno censurato il giornale più antico e quarto per dimensioni (il “New York Post, fondato da Alexander Hamilton) perché riportava accuratamente notizie che potevano minare le opportunità del signor Biden, dove erano il “New York Times” e il “Washington Post”?
La verità sulla storia di Hunter Biden sta diventando impossibile da evitare o da nascondere. La famiglia del candidato democratico alla presidenza ha ricevuto almeno 5 milioni di dollari da un’entità controllata dal nostro maggiore avversario. È stata una clamorosa “busta”, ma la maggior parte degli americani che hanno votato per Biden non ne hanno mai sentito parlare, o gli è stato detto prima delle elezioni che era disinformazione russa. Una volta saputo del fatto, il 17% ha dichiarato che avrebbe cambiato il proprio voto, secondo un sondaggio del Media Research Center. Vale a dire che sarebbe cambiato il risultato elettorale. La censura ha funzionato esattamente come previsto.
In genere, giornali e mezzi di comunicazione fanno squadra quando la libertà di stampa è minacciata dalla censura. Dov’era il motto ipocrita del “Washington Post” la democrazia muore nelle tenebre? Tragicamente, è quel giornale ora a far parte delle tenebre.
Ma questo è solo l’inizio. Quando Twitter censura quattro dei cinque tweet di Rush Limbaugh in un solo giorno, temo per il Paese.
Quando questi giganti monolitici di internet censurano il presidente degli Stati Uniti, temo per il Paese.
Quando vedo miliardari d’élite come Mark Zuckerburg in grado di spendere 400 milioni di dollari per oliare giunte comunali affinché massimizzino l’affluenza alle urne in distretti notoriamente democratici – senza alcun riguardo per le leggi sui finanziamenti elettorali o gli standard di buon governo – temo per il Paese.
Quando leggo che alla Apple vige la regola ferrea di non irritare mai la Cina e vedo l’NBA genuflettersi a Pechino, temo per il nostro Paese.
Quando vedo saltar fuori una testimonianza dopo l’altra sulle frodi elettorali – senza la minima reazione di interesse giornalistico o curiosità – so che c’è qualcosa che non va.
Lo stesso procedimento elettorale è stato il colpo di grazia che ha accelerato e aggravato la crisi di fiducia di molti milioni di americani. A parte la valanga inarrestabile di accuse di frode, troviamo alcune particolari violazioni, ciascuna delle quali in grado di mettere in forse l’intera elezione.
Funzionari praticamente in ogni swing state hanno infranto le leggi locali per inviare milioni di schede o tessere elettorali a ogni elettore registrato. Era tutto chiaramente documentato nella causa in Texas, che è stata rifiutata dalla Corte Suprema degli Stati Uniti sulla base della posizione procedurale del Texas, non nel merito del caso. Queste sono state le elezioni.
Inoltre, è chiaro che praticamente ogni swing state ha sospeso i normali requisiti per la verifica delle schede per corrispondenza. I tassi di annullamento sono stati inferiori di un ordine di grandezza rispetto a un anno normale. In Georgia, i tassi di annullamento sono scesi dal 6,5% del 2016 allo 0,2% nel 2020. In Pennsylvania, sono passati dall’1% nel 2016 allo 0,003% nel 2020. Il Nevada è sceso dall’1,6% allo 0,75%. Non c’è altra spiegazione plausibile se non che stavano convalidando un numero enorme di schede – sproporzionatamente a favore di Biden – che di norma non sarebbero state accettate. Queste sono state le elezioni.
L’intera élite dei media progressisti ha mentito sulla sequenza temporale del vaccino Covid-19. Hanno incolpato il presidente Trump per la pandemia globale anche se ha eseguito alla lettera le istruzioni dei migliori scienziati. In infiniti dibattiti, i moderatori lo hanno apertamente accusato di mentire sul fatto che gli USA avrebbero avuto un vaccino prima della fine dell’anno (notare che il vicepresidente Mike Pence lo ha ricevuto questa settimana). Se gli americani avessero saputo che la pandemia stava per terminare, probabilmente in molti avrebbero votato diversamente.
Questo è solo l’inizio. Ma ognuna di queste cose presa singolarmente è sufficiente ai sostenitori di Trump per pensare che siamo stati derubati da un’establishment spietato, il quale probabilmente diventerà più corrotto e aggressivo se riuscirà a farla franca per queste clamorose malefatte.
Per più di quattro anni, l’intero establishment si è mobilitato contro il presidente eletto degli Stati Uniti come se fosse un sistema immunitario che cerca di uccidere un virus. Ora costoro ci accusano di minare la democrazia.
Ci sono oltre 74 milioni di elettori che hanno sostenuto il presidente Trump nonostante tutto, e considerato il caos elettorale il numero potrebbe facilmente essere assai più alto. La verità è che decine di milioni di americani sono profondamente offesi e arrabbiati.
Se Biden governa con la barra a sinistra – e quasi certamente sarà costretto a farlo – quel numero crescerà rapidamente e nel 2022 vinceremo le elezioni a man bassa.
Considerato quell’ambiente, non ho alcun interesse a legittimare il padre di un figlio che i membri del Partito Comunista Cinese si vantano di essersi comprati. Né ho alcun interesse a fingere che il risultato attuale sia legittimo o corretto. È semplicemente il colpo finale di una corsa quadriennale al potere della coppia establishment-media. È stato perpetrato da persone che hanno infranto la legge, falsificato l’informazione e diffamato quelli di noi che credono nell’America e non nella Cina, nella storia e non nel revisionismo, nell’ideale liberale della libertà di parola e non nella distruzione della cultura.
Scrivo tutto ciò con sincero dispiacere, poiché penso che l’America stia andando verso una contrapposizione seria e dolorosa. Questa insolita quanto minuziosamente pianificata presa del potere minaccia il tessuto del nostro Paese e la libertà di ogni americano.

Newt Gingrich