Per la vicenda dell’Aquarius la ministra della giustizia spagnola, Delgado, ha accusato l’Italia di aver violato i trattati internazionali. Il presidente Macron ha definito il comportamento del nostro governo “cinico e irresponsabile”. Il primo è un giudizio giuridico, il secondo è politico. Provo a commentarli.
Il diritto internazionale, come tutto il diritto, non è una scienza esatta, e su ogni questione esistono opinioni diverse, e addirittura opposte. L’ultimo esempio lo abbiamo avuto poche settimane fa, quando illustri costituzionalisti, anche appartenenti alla stessa area culturale, si sono divisi sulla legittimità del veto posto dal presidente Mattarella alla nomina del professor Paolo Savona. Nel diritto internazionale, tuttavia, esistono alcuni punti fermi, che risalgono ai tempi di Ugo Grozio, cioè alle prime teorizzazioni di questa disciplina. Sono i seguenti: 1) pacta sunt servanda; 2) rebus sic stantibus; 3) bona fides. Li ho scritti in originale proprio perché sono vecchi, accettati da tutti, e comprensibili anche a chi è digiuno di “latinorum”.
La loro consacrazione formale si trova nella Convenzione di Ginevra del 23 Maggio 1969. Gli art. 26 e 31 dispongono che “Ogni trattato in vigore vincola le parti e deve essere eseguito, e interpretato, in buona fede”.
L’art 62 prevede che un cambiamento fondamentale delle circostanze non può essere invocato quale motivo di recesso a meno che “non abbia per effetto di trasformare radicalmente la portata degli obblighi da adempiere”. In sintesi, i trattati vanno rispettati senza furberie, ma valgono finché non cambiano le circostanze esistenti al momento della stipula. Valgono, appunto, rebus sic stantibus.
Sulla vicenda attuale sorgono dunque le seguenti questioni.
1) Quali sono i trattati?
2) I nostri interlocutori agiscono in buona fede?
3) Sono cambiate le situazioni di fatto?
Risposta.
1) I trattati sono molti, e ambigui. I più citati sono quelli del ‘74, del ‘79 e dell’89. Ma ce ne sono anche altri. Tutti comunque concordano nell’imporre l’obbligo, in caso di soccorso in mare, di trasferire i naufraghi in un porto sicuro. Quello di Dublino ha un oggetto diverso: prevede i doveri dello Stato di prima accoglienza. Ma restiamo al salvataggio dei naufraghi. La nave olandese (o tedesca, non si è capito) ha tratto in salvo i migranti al largo delle coste libiche: i porti più sicuri e (vicini) erano in Tunisia e a Malta, Paesi pacifici che garantiscono il rispetto dei diritti umani. Perché allora portarli in Italia? Perché, si dice, l’Italia avrebbe coordinato le operazioni di salvataggio. Ma questo non è previsto dalla legge del mare, che parla, appunto, solo del porto più sicuro.
2) Ammettiamo, per assurdo, che questo nostro obbligo esista. Orbene, la disciplina dei naufraghi si applica a coloro che, in circostanze occasionali e impreviste si trovano in pericolo di vita. Ora è indubbio che i poveretti soccorsi in questi giorni versassero in pericolo. Alcuni, temiamo, saranno anche annegati. Ma è possibile affermare che queste navi tedesche battenti bandiere olandesi (o viceversa), che incrociano a poche miglia dalla Libia e spesso sono in contatto con gli scafisti, è possibile, dicevo, sostenere che raccolgano “naufraghi”, o non piuttosto disgraziati cacciati in quella carrette secondo programmi elaborati da organizzazioni criminali? Ed è possibile che gli Stati di partenza, e anche quelli di bandiera delle navi, siano davvero ignari di questo traffico sciagurato? E allora da che parte sta la buona fede, che dovrebbe presiedere all’interpretazione e all’esecuzione dei trattati?
3) Sono cambiate le circostanze? Si, sono cambiate radicalmente in questi ultimi anni, quando l’emigrazione, da fenomeno relativamente modesto e controllabile, è diventata un’invasione, gestita da criminali, con milioni di africani che premono per approdare in Europa. E questo ci porta all’aspetto politico.
Il presidente Macron non ha nessun titolo per impartire lezioni di morale. Le vergogne di Calais e di Ventimiglia, dove i francesi hanno tenuto ammassati migliaia di migranti, fanno il paio con la macroscopica violazione della nostra sovranità con l’arrogante sconfinamento dei “gendarmes” a Bardonecchia. Ma la Francia non è l’unica. I primi a chiudere le frontiere sono stati i “progressisti” Stati baltici, la Svezia e la Danimarca. Poi la Gran Bretagna ha chiuso Dover, quindi tutta l’Europa dell’est ha sbarrato i confini, e l’Austria ha minacciato i carri armati al Brennero. L’Italia, ormai è quasi banale dirlo, è stata lasciata a sbrigarsela da sé.
Concludo.
Il nostro nuovo governo avrà molti difetti, ma in questo momento si sta comportando con coerenza e dignità. I migranti raccolti dall’Aquarius sono, e sarebbero stati comunque, assistiti: il ministro Salvini aveva anche proposto lo sbarco delle donne incinte e dei bambini. È comprensibile che l’Europa si rammarichi di aver perso il nostro universale centro di raccolta che la esonerava da tanti impegni umani e finanziari, ma deve farsene una ragione. E in effetti qualcosa si sta muovendo. Dopo una politica di remissività passiva, occasionalmente corretta dal ministro Minniti , alzare un po’ la voce non fa male. Per l’immigrazione massiccia e irregolare non sarà l’inizio della fine, ma almeno è la fine dell’inizio.

Carlo Nordio, “Il Messaggero”.