Sono in Europa ma non del tutto, fanno parte integrante del regno di Danimarca ma in realtà sono abbastanza autonomi da farsi i fatti loro in lungo e in largo. Quello che sembra un indovinello da gioco di società in realtà sono un gruppo di isolette remote al nord della Scozia, tra la Norvegia e l’Islanda, chiamate Fær Øer, le quali oltre a essere famose per essere tutte verdi ma senza l’ombra di una pianta, sono conosciute anche per il bizzarro status politico che permette loro di essere europee ma non abbastanza da sottostare alla politica di Bruxelles né a quella di Copenaghen nel cui parlamento sono rappresentate.
Il piede in due se non tre scarpe insomma del quale l’arcipelago sta giustamente approfittando. D’altronde per un Paese la cui principale attività economica è la pesca, tanto da rappresentare il 40% del Pil, non poteva offrirsi migliore opportunità dell’embargo alla Russia per aumentare le proprie esportazioni sfruttando proprio l’equivoco status. Tanto più che nessuno si è preoccupato che le insignificanti Fær Øer si allineassero mansuete alla linea politica dettata da Bruxelles e alla quale si è accodata anche la madre patria Danimarca. “Nessuno ci ha invitato ai negoziati”, ha detto il ministro della pesca Hogni Hoydal alla radio svedese di Stato che si è premurata di contattarlo sull’argomento inquestione, “e noi”, ha sottolineato, “non abbiamo cambiato nulla”.
Ovvero hanno continuato a fare quello che facevano in passato, pescare e vendere il pesce. Il risultato è che al remoto arcipelago si è improvvisamente aperto un immenso mercato, quello russo, che prima delle sanzioni era affollato di concorrenti.

Fær Øer sanzioni russia

Export di salmone

Non è che le Fær Øer abbiano fatto completamente le gnorri, “abbiamo raggiunto un consenso politico sulle sanzioni contro Mosca”, dice Hoydal, ma nulla di più, l’allineamento si è fermato lì. E il controembargo applicato dalla Russia su specifiche importazioni alimentari dall’Unione non ha ha colpito le isolette che dell’Unione Europea non fanno nominalmente parte. Anzi, come ha recentemente rivelato il ministro del Commercio e degli affari esteri Poul Michelsen, è stata la Russia a farsi viva, “a venire in soccorso”. Risultato, dal 2013 le esportazioni di pesce dalle Fær Øer è passata da 700 milioni a 2,5 miliardi di corone danesi, pari più o meno a 330 milioni di euro, su una popolazione totale che non arriva a 50mila abitanti, mentre il pil annuo è cresciuto a ritmi cinesi (7% nel 2016). In particolare è stato il salmone a determinare gran parte del boom, proprio perché le controsanzioni di Mosca hanno vietato l’importazione del pregiato pesce dalla Norvegia che era fino a quel momento il principale esportatore verso la Russia. Come biasimarli d’altronde, “le sanzioni avevano creato notevoli difficoltà per la nostra economia”, ha rincarato Michelsen che ha anche annunciato che le Fær Øer non vogliono restarsene con le mani in mano e aspettare che un eventuale cambio della politica europea le rimetta in difficoltà. E allora, ecco la misura che se non arrivasse da un gruppo di isolette sperdute avrebbe del clamoroso: l’annuncio della firma entro la fine del 2019 di un accordo di libero scambio con l’Unione economica euroasiatica, uno dei fiori all’occhiello di Putin, quell’accordo che integra e semplifica cooperazione e interazioni commerciali tra Bielorussia, Kazakistan, Russia, Armenia e Kirghizistan. Di fatto un pezzo seppur minuscolo e marginale di Europa se ne scappa a gambe levate dall’abbraccio mortale di Bruxelles e si getta tra altre promettenti ma nemiche braccia, quelle della controEuropa di Putin.
“Abbiamo sbagliato a fidarci della UE”, ha rincarato il ministro con parole umilianti per i grigi burocrati europei, “così ora stiamo perseguendo una strategia per non mettere tutte le nostre uova in un paniere e diventare meno vulnerabili distribuendo le esportazioni verso Paesi diversi”.

Imbarazzo

La qual cosa ovviamente non è piaciuta prima di tutto al governo danese che si trova nell’imbarazzante posizione di dover da una parte giustificare i cugini autonomi, dall’altra di farli ritornare sulla retta via: “Noi occidentali stiamo cercando di opporci all’aggressione russa con un fronte unito”, hanno fatto sapere da Copenaghen, “che le Fær Øer ignorino le sanzioni è un problema: legalmente non ci sono ragioni per criticarle, ma c’è anche un aspetto morale e, a questo proposito, stanno sbagliando”.

 

 

Carlo Nicolato, “Libero”.