Papa Francesco ha nominato monsignore Victor Manuel Fernández (già bibliotecario, archivista e capo dicastero per la Cultura e l’Educazione) come prefetto del dicastero della Dottrina della Fede succedendo al cardinal Luis Francisco Ladaria Ferrer. Il prelato assumerà il nuovo ruolo dell’organo dottrinale a metà settembre e diventerà inoltre presidente della Pontificia Commissione Teologica Internazionale e Biblica.
Nel messaggio di benvenuto al nuovo prefetto, il papa ha detto che “lo scopo del dicastero è quello di custodire l’insegnamento che scaturisce dalla fede per dare una ragione alla speranza, ma non come nemici che additano e condannano”. Aggiungendo: “In altri tempi l’istituzione, perseguitando gli errori dottrinali, ha usato metodi immorali anziché promuovere la conoscenza teologica”. Parole che hanno dato un giudizio complessivamente negativo del dicastero già noto come Sant’Uffizio, poi Congregazione per la Dottrina della Fede, guidato tra gli altri dal cardinale Josep Ratzinger (1981-2005) futuro papa Benedetto XVI.
Bergoglio vuole che il nuovo prefetto non si concentri su “una teologia dalla logica fredda che cerca di dominare tutto”. Egli pensa che sia inadeguata una teologia che metta in dubbio la misericordia divina, ma debba rappresentare invece un Dio che essenzialmente ami, perdoni, salvi e liberi. Poi, in contraddizione con quanto detto precedentemente (e non è la prima volta), aggiunge che “non ci può essere un unico modo di esprimere la dottrina, in quanto diverse linee di pensiero teologico e pastorale possono far crescere la Chiesa e conservare la dottrina cristiana in modo più efficace di qualsiasi rigido controllo”.

Con Bergoglio dall’Argentina a Roma

Tra il papa ed “el Tucho” – soprannome di Fernandez – vi è sempre stato uno stretto legame grazie al quale monsignore è stato promosso a ruoli di rilievo, fino alla nomina ad arcivescovo di La Plata nel giugno 2018. Nominato rettore dell’università cattolica e ordinario a La Plata, per insediarlo si diede il benservito senza tanti complimenti all’arcivescovo Héctor Aguer, in dissenso con Bergoglio sulla Esortazione Apostolica Amoris laetitia pubblicata nel 2016.
Monsignor Fernández, conosciuto spesso come il “teologo del papa”, nel 2007 partecipò alla V conferenza dei vescovi latinoamericani di Aparecida rappresentando l’Argentina anche nella redazione del testo finale.
Dal 2008 al 2009 venne nominato presidente della Società Teologica e rettore della Pontificia Università Cattolica Argentina, incarico confermato soltanto nel 2011. La designazione richiedeva infatti la ratifica della Congregazione per la Dottrina della Fede e arrivò 17 mesi dopo, poiché alcuni prelati presentarono riserve circa le sue posizioni dottrinali. All’epoca Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires, lo sostenne dicendogli: “Alza la testa e non lasciare che ti tolgano la dignità”. Grazie all’intervento del cardinale, già influente anche a Roma, venne superato lo scoglio dottrinale.
Il 13 maggio 2013 Fernández fu nominato arcivescovo a due mesi dall’inizio del papato di Bergoglio e partecipò alla III Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi il 18 ottobre 2014 e alla XIV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo sulla famiglia del 24 ottobre e del 2015. Consessi che espressero l’Esortazione Apostolica post-sinodale Amoris laetitia.
A proposito, molti ritengono che monsignor Fernández sia stato il principale estensore del discusso capitolo 8 che, di fatto, aprì la porta alla Comunione per i divorziati “risposati”. L’esperto vaticanista Sandro Magister, leggendo il testo, ravvisò che i passaggi controversi rispecchiassero i suoi scritti.
A chi sostenne che il Magistero non potesse contraddire sé stesso sulle questioni sacramentali, Fernández rispose: “È lecito chiedersi se gli atti [i rapporti sessuali] di convivenza more uxorio debbano rientrare nel precetto negativo di fornicazione […] non si può sostenere che quegli atti siano in ogni caso gravemente corrotti […] per questo non può escludersi un cammino di discernimento aperto alla possibilità di ricevere il cibo dell’Eucaristia”. Parole che hanno fatto ipotizzare al vaticanista Aldo Maria Valli una rottura del neo prefetto con la tradizione del dicastero che certo non si pretende sia stato immune da errori. Valli ha precisato: “Non si può parlare di cambio di rotta, perché Fernández una rotta non ce l’ha, a meno che non si voglia considerare come progetto la destrutturazione del pensiero cattolico!”.
C’è da chiedersi, allorquando assumerà una delle più alte cariche della Chiesa cattolica, se egli smentirà San Giovanni Paolo II e la sua Esortazione Apostolica Familiaris Consortio del 1981, e l’insegnamento della Chiesa secondo cui i divorziati e civilmente risposati, le cui precedenti unioni non sono state dichiarate nulle dalla Chiesa, non possono ricevere l’Eucaristia. Secondo San Giovanni Paolo II, “la Chiesa ribadisce la sua prassi, fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla comunione eucaristica i divorziati civilmente risposati. Se si ammettessero queste persone alla Santa Comunione, i fedeli rimarrebbero indotti in errore e confusione circa la dottrina della Chiesa sull’indissolubilità del matrimonio.

Victor Manuel Fernández
Il palazzo del Sant’Uffizio, ora Dicastero per la Dottrina della Fede.

Le convinzioni del nuovo prefetto

Nel 2014 Fernández dichiarò pubblicamente: “Non serve opporsi al matrimonio omosessuale perché la gente tende a vederci come un gruppo di individui risentiti, crudeli, insensibili, persino esagerati. Tutt’altra cosa è parlare della bellezza del matrimonio e dell’armonia delle differenze che fanno parte dell’alleanza tra un uomo e una donna. Questo contesto positivo parla da solo quando si tratta di dimostrare che l’uso dello stesso termine ‘matrimonio’ per descrivere le unioni omosessuali non è adatto. Le verità di fede cattolica non devono essere presentate in maniera assertiva, e conforme al Magistero precedente”.
Nel 2015, monsignor Victor Manuel Fernández elogiò il pontificato di papa Francesco sostenendo che “no, non si torna indietro dal suo corso di azioni. Il papa è convinto che le cose che ha già scritto o detto non possono essere condannate come un errore. Pertanto, in futuro chiunque potrà ripetere quelle cose senza temere di essere sanzionato”.
Poi, approfittando del periodo del Covid-19, egli affermò: “Ci sono cose che a volte crediamo immutabili e in realtà non lo sono. Il precetto domenicale, ad esempio, non è indispensabile ed è qualcosa che può venire meno”.
Nell’omelia del 5 marzo di quest’anno nella cattedrale di La Plata – di fatto prendendo le distanze dalla Chiesa Cattolica – disse: “Voi sapete che, per molti secoli, la Chiesa è andata in un’altra direzione [quale?]. Senza rendersene conto, ha sviluppato un’intera filosofia e morale piena di classificazioni, per classificare le persone, per mettere loro delle etichette. Questo è così, questo è cosà. Questo può ricevere la comunione, questo non può riceverla. Questo può essere perdonato, questo no. È terribile che questo sia accaduto a noi nella Chiesa. Grazie a Dio, papa Francesco ci sta aiutando a liberarci da questi schemi”. Per quanto riguarda i cattolici che si troveranno questo “custode della fede” a capo di un fondamentale dicastero della Chiesa, non sappiamo se la suddetta uscita di monsignor Victor Manuel Fernández li debba fare ridere o piangere! La Sala Stampa della Santa Sede nel giorno della presentazione del neo prefetto ha elencato i suoi libri omettendo (non si sa se innocentemente) un’opera del 1995 non più in stampa: Guariscimi con la tua bocca – L’arte del bacio. Circa la quale Fernández aveva spiegato: “In queste pagine voglio sintetizzare il sentimento popolare, ciò che la gente prova quando pensa a un bacio, ciò che sperimenta quando bacia […]. Spero che queste pagine vi aiutino a baciare meglio, che vi motivino a liberare il meglio di voi stessi in un bacio”. Tuttavia, come riportato da LifeSiteNews, anche se Fernández pretendeva che fosse un’opera spirituale e teologica, il testo al contrario esprimeva un erotismo allusivo a relazioni sessuali ambigue.
A parte il fatto che nel suo curriculum compaia un testo di tal fatta, che con la spiritualità c’entra come i cavoli a merenda, c’è da chiedersi: perché l’incarico è stato affidato a un simile eterodosso difensore della fede, se non per utilizzarlo come devoto e acritico esecutore del gesuitismo “innovatore” di Bergoglio?

Victor Manuel Fernández
Il cardinale Bergoglio e Fernández in Argentina.

Confusione dottrinale

A questo punto, in base alle impressioni che abbiamo ricavato a proposito del nuovo prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, possiamo aspettarci gli atti di un custode dell’ortodossia cattolica come minimo inadeguato.
Tuttavia Fernández, così come il pontefice che l’ha nominato, non sono che parte di una nidiata di prelati nati a partire dal post Concilio Vaticano II. Sembra che nei seminari, dalla metà degli anni ‘60, Gesù, Figlio di Dio Padre, non sia sceso sulla terra per salvare gli uomini che confidano pienamente nel Suo sacrificio sulla Croce, ma abbia fatto una semplice comparsata storica. Negli anni il sacrificio è venuto meno, con la nuova liturgia di Paolo VI, e se oggi abbiamo questo prefetto non è soltanto colpa di Francesco, ma del trauma che venne inflitto (con qualche eccezione) al cattolicesimo fin nelle sue fondamenta a partire dal post concilio.
A causa della liturgia “creativa” si sono introdotti nella Chiesa protestanti e massoni, i quali con il Vaticano II non sono più stati formalmente condannati; così come l’ideologia comunista, grazie ad Angelo Roncalli che liquidò la scomunica anti pci di papa Pio XII.
Di fronte alla confusione dottrinale regnante negli ultimi sessant’anni, che in luogo di tendere alla salvezza all’uomo ha sdoganato il buonismo con prelati “innovativi” in posizioni fondamentali, e a una Chiesa retrocessa a una ong, il cattolico come si deve comportare? Se Dio perdona tutti perché si dovrebbe pentire? L’inferno, fatto affinché al rifiuto di Dio corrisponda la massima pena, non dovrebbe più esistere perché ciò implicherebbe che alcuni non possono essere perdonati?
San Paolo era all’oscuro del fatto che tutti potevano ricevere la Comunione quando disse: “Ciascuno, pertanto, esamini sé stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il Corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna”? Egli non sapeva che l’umanità avrebbe prodotto esseri, né uomo, né donna o entrambi nello stesso corpo quando disse: “Non illudetevi, né immorali […], né adùlteri, né effeminati, né sodomiti […] erediteranno il regno di Dio”?
È solo un’impressione, ma forse ne sapeva assai più San Paolo di monsignor Victor Manuel Fernández!